martedì 8 gennaio 2013

Primo Capitolo


martedì, 13 maggio 2007

Era una luminosa mattina di maggio. Giulia Marini uscì di casa per andare in farmacia e dimenticò chi era.
Se ne rese conto improvvisamente, all’angolo tra la piazza e la libreria Leone, riconoscendo il centro di Stresa. Quindi, sapeva con precisione dove si trovava. Ma assolutamente non aveva la minima idea di chi fosse. Stava andando in farmacia, questo era sicuro. Ma a comprare cosa, per quale motivo o per chi , proprio non lo sapeva.  Guardò la vetrina della libreria e si rese conto di non ricordare il proprio nome. Era sposata ? Divorziata ? Aveva figli o viveva  da sola ? E quand’era il suo compleanno ? Di che colore erano i suoi occhi ? Riconosceva le porcellane esposte nel negozio di casalinghi dall’altra parte della strada, ma lei era bionda o bruna ? E quanti anni aveva ? Stava andando in farmacia, ma da dove veniva ? Cosa diavolo stava succedendo ?
Un gruppo di turisti chiassosi le passò di fianco ed entrò nella pasticceria Jolly. Lei rimase immobile, quasi incapace di muoversi, pensare, respirare. Molto lentamente, con cautela, lanciò un’occhiata alle sue spalle. In giro c’erano poche persone che camminavano sicure, come se non avessero il minimo dubbio sulla loro destinazione o sul loro essere nel posto giusto. Soltanto lei era immobile, terrorizzata all’idea di muovere un passo. Una bambina biondissima, un po’ barcollante sulle gambette, le inciampò sui piedi. Subito una giovane donna corse a prenderla in braccio e le sorrise con un’espressione di scusa. Quindi, non era invisibile. Ma nessuno la stava guardando come se la conoscesse. Era sola e  spaventata.
“  Stai calma ” , sussurrò, “stai tranquilla, respira, non avere paura, tra poco andrà tutto bene”.  Chissà se parlava spesso da sola. “ Ora rifletti con calma e ricomincia da capo ”. Ma da capo di  cosa ? Si guardò ancora intorno cercando di cogliere qualche parola della conversazione di due donne sedute ad un tavolino del caffè.  Dopo qualche minuto, la più anziana si accorse del suo interesse e abbassò la voce bisbigliando qualcosa all’amica. Quindi, continuava a non essere invisibile ma evidentemente la sua persona non significava qualcosa per nessuno.
Con cautela, come se stesse attraversando un torrente camminando su pietre scivolose, cominciò a scendere verso il lungolago, senza guardarsi intorno ma concentrandosi solo sui suoi piedi. Percorse il sottoportico che portava alla piazzetta del Comune passando accanto al negozio di oggetti etnici, ma nulla di quello che vide le ricordò qualcosa di sè. Con molta attenzione attraversò la strada verso l’imbarcadero. Era sicura di aver percorso lo stesso itinerario moltissime volte in passato. Quindi, non era in un luogo sconosciuto, e solo se stessa le era totalmente estranea. 
Si sentì improvvisamente molto debole, la testa le girava, e si sedette sulla panchina accanto alla statua della sirenetta in pietra. Ripetè ancora : “ Stai calma, non perdere il controllo, respira e pensa ” .
Si concentrò su fatti conosciuti. Poche settimane prima il governo Prodi aveva dato le dimissioni ma il problema era rientrato in poche ore. Bush era stato in America Latina e l’avevano violentemente contestato per le sue posizioni in merito all’Afghanistan. Cinque per cinque faceva venticinque. Un litro di benzina costava…no, era sicura di non averlo mai saputo quindi andava bene così.
“ Stai calma, calma” , ripetè ancora a se stessa mentre strofinava i palmi umidi delle mani sui pantaloni. Ricordare questi eventi l’aveva un po’ rassicurata, perché se sapeva queste cose avrebbe dovuto per forza, prima o poi, ricordare chi era. Sicuramente il suo nome le sarebbe apparso in testa all’improvviso e si sarebbe fatta una risata ripensando a questa strana ora della sua vita. Doveva avere solo un po’ di pazienza. Si osservò le mani. All’anulare della mano sinistra portava una fede in oro bianco e un solitario. Quindi certamente era sposata, o almeno lo era stata. Le unghie erano perfettamente curate, sicuramente il lavoro di un’estetista. Se era solita farsi fare la manicure, probabilmente non era una cameriera ai piani in qualche albergo di stagione. Si osservò i piedi. Portava mocassini neri di pelle chiaramente costosi e piccoli. Se aveva i piedi piccoli, non doveva essere troppo alta. Le sembrava anche di essere abbastanza snella, sicuramente non grassa, e il taglio classico dei pantaloni le diceva anche che non era una ragazzina. Più probabilmente, una giovane donna. Forse di mezza età. Un uomo in tenuta da jogging le passò davanti correndo, ansimante e sudato, il marsupio legato alla vita. Il marsupio ! Doveva avere con sé qualcosa !  Una borsa, uno zainetto, una ventiquattrore ! Ora sì avrebbe scoperto tutto ! Chi diavolo era, dov’era la sua casa, a quale biblioteca era iscritta. Avrebbe ritrovato un documento d’identità, le carte di credito, la patente, e forse anche foto …. Avrebbe ritrovato tutto ciò che non ricordava della sua vita.  Sì, ma dov’era la  sua borsa ? Sentì le lacrime salirle agli occhi. Non c’era nessuna borsa, nessuna stramaledetta borsa, niente di niente. Si alzò di scatto dalla panchina e cominciò a cercare, inginocchiandosi per vedere se per caso fosse caduta a terra. Una coppia anziana che lanciava briciole di pane secco alle anatre del lago la guardò e poi decise di allontanarsi di qualche decina di metri. Devo proprio sembrare una pazza, pensò lei rimettendosi seduta  sulla panchina. Si toccò il viso. Era abbastanza rotondo ma con gli zigomi pronunciati, il naso era dritto e la bocca le sembrava piena, con le labbra morbide. Si passò le dita sotto gli occhi e le osservò. Erano sporche di nero, impiastricciate di matita e mascara. Aveva pianto o soffriva di allergia da polline ?  Era maggio ma sembrava quasi estate. Era sicura che fosse maggio.
Si alzò e guardò dall’altra parte della strada. Tra un bar e un negozio di abbigliamento c’era una banca. Banca Intesa. Stresa le sembrava una piccola cittadina, forse lei era correntista di quella filiale. Attraversò rapidamente la strada ed entrò nella banca. C’erano solo tre sportelli. Uno era chiuso, nel secondo una donna discuteva animatamente con un assegno in mano, nel terzo l’impiegato era solo e contava una mazzetta di banconote. Si diresse verso l’impiegato solo.
“ Buongiorno, ”  la salutò con tono cordiale, “ se deve fare un versamento o un prelevamento di cassa dovrei pregarla di rivolgersi al mio collega. Il mio computer sta facendo le chiusure contabili del mattino ”.
“  Lei mi conosce ? ”  chiese lei con una voce che le sembrò troppo alta e ansiosa.
Il cassiere la guardò con espressione infastidita.
“ La prego di avere pazienza, signora, in questo momento non posso davvero aiutarla. Ma il mio collega sarà a sua disposizione tra pochi  minuti. ”
“ Ma lei mi conosce ? Mi ha già vista ? Vengo spesso in questa banca ? ”  ripetè lei con un tono ancora più disperato.
“ Forse dovrei chiamare il direttore , ” rispose l’uomo, ora più stranito che scocciato.
“ Non…. non importa. Mi scusi. Devo essermi confusa.”
Uscì velocemente dalla banca e si fermò sul marciapiede. Dove vado adesso ? si chiese ansiosamente. Cosa posso fare ? Cosa mi sta succedendo ? Forse ho avuto un incidente e ho perso la memoria. Sospirò profondamente e tornò verso la piazza del Comune, ripassò sotto il portico e si diresse nuovamente verso la libreria, dove poco tempo prima  - ma quanto tempo era    passato ? – si era scoperta un’estranea senza nome. Osservò i caffè all’aperto, le aiuole fiorite, gli alberi e le vetrine dei negozi, sperando che qualcosa le regalasse un’illuminazione. Si sentiva sfinita, stranamente dolorante e cominciava ad avere freddo. Le facevano male i piedi e aveva fame. Quella mattina aveva fatto colazione ? E dove ? E con chi ? Che cosa le piaceva mangiare a colazione ?  Forse si limitava ad un caffè prima di andare a lavorare ? Ma poi, lei lavorava ? Forse aveva bevuto qualcosa che le aveva fatto male, forse qualcuno l’aveva drogata ?
“ Oh Dio ,”  mormorò, “ qualcuno mi aiuti.”
A metà della strada che saliva in direzione opposta al lago c’era un supermercato della catena GS.  Entrò e sorrise timidamente alla cassiera. La ragazza rispose al sorriso in modo chiaramente automatico. Non diede alcun segnale di averla riconosciuta. Avrebbe voluto scuoterla violentemente per le spalle e supplicarla di darle qualche risposta. E se poi la ragazza o il direttore del supermercato avessero chiamato la polizia ? La polizia ! Era lì che doveva andare ! Loro avrebbero potuto aiutarla. Se non l’avessero fatto, sarebbe impazzita prima di sera. E se fosse stata una ricercata ? Si sarebbe cacciata da sola nella tana del lupo. Ma almeno avrebbe riavuto la sua identità. Doveva pensare, pensare…. Continuò a camminare lentamente per la strada in salita. Alla sua destra, sotto alberi di camelie in fiore, un gruppo di donne dal viso stanco chiacchierava e rideva in una lingua sconosciuta. Sembrano badanti nel loro giorno di riposo, pensò lei, ucraine forse, libere per qualche ora da stanze soffocanti in cui vivono prigioniere di anziani insopportabili da pulire e nutrire.  Per un momento le invidiò. Probabilmente la loro vita era faticosa e forse anche umiliante, ma almeno loro ne avevano coscienza. Sapevano chi erano. Erano libere di prendere il sole ridendo sotto le camelie nel loro giorno di libertà.
Si fermò davanti a un’edicola con più vetrine piene di riviste e cartoline illustrate, aprì la porta ed entrò. Una ragazza dal trucco vistoso e dai capelli incredibilmente corti stava servendo una donna con un bambino piagnucolante. Forse il ragazzino voleva un giocattolo. Osservò la commessa, sperando che le sorridesse e le rivolgesse un saluto, per esempio un: “ Buongiorno signora Rossi, è appena arrivato il dvd che aveva prenotato”. Invece sentì solo la voce irritata della donna che sgridava il ragazzino. Esaminò le riviste sull’espositore. Il volto bellissimo di Michelle Hunziker la fissava. Accanto a lei, un sorridente Pippo Baudo. Il festival di Sanremo, pensò, è finito da settimane e c’è ancora polemica sui compensi dei conduttori. Prese la rivista e cominciò a sfogliarla. La donna e il ragazzino erano usciti dal negozio. La commessa le rivolse la parola scortesemente : “ Signora, la compra ? Perché le riviste non si possono solo guardare. Se no si rovinano. La vuole ? ”.
Si sentì mortificata e strinse con forza la rivista tra le mani.
“ Quindi ? La compra ? ” insistè la ragazza.
Si diresse verso di lei stringendo spasmodicamente il volto della Hunziker tra le mani. Cercando di non lasciare trapelare il panico guardò intensamente la commessa.
“ Lei sa chi sono ? Mi ha già vista qui nel suo negozio ? ” 
La ragazza la scrutò per un attimo con perplessa attenzione:        “ Mah…sa, qui ci sono un sacco di turisti…forse sì, mi sembra di averla già vista …. ma non sono proprio sicura ...  può essere.”
“ Sa come mi chiamo ? Sa se abito qui ? ” insistè lei.
“ Beh… questa è una domanda un po’ strana … è sicura di sentirsi bene ? Mi sembra molto pallida … non è che si mette a vomitare qui, eh ? ”.
“ No, la prego, è molto importante… si ricorda di me ? ” . La sua voce cominciava ad essere un po’ troppo stridula.
“ Senta, non lo so. E comunque non ho tempo per gli indovinelli strani. Allora, la rivista la compra o no ? ” Ora la commessa sembrava aggressiva e un po’ spaventata. “ Sono tre euro e cinquanta.”
“ Non credo di avere abbastanza moneta….”
“ Allora rimetta a posto la rivista e se ne vada. Oppure chiamo qualcuno.”
Tenendo la rivista con una mano,  lei si frugò nella tasca della giacca con l’altra. E si trovò tra le dita una quantità incredibile di banconote da cinquecento euro.
Le osservò incredula. Ma cosa stava succedendo ? Fissava le banconote con aria terrorizzata. Anche la ragazza guardava i soldi con espressione stupefatta.
“ Beh… per essere una che non ha moneta …. io farei volentieri a cambio con lei… comunque, non ho il resto. Non può pagare una rivista da tre euro e cinquanta con un biglietto da cinquecento euro.” Lei era sempre immobile, lo sguardo fissò sul denaro.
“ Non ho il resto,”  ripetè la commessa. 
Lei rimise in tasca i soldi, lasciò la rivista sul banco e si girò senza dire altro.
Mentre usciva dal negozio, sentì la ragazza dire: “ Ce ne sono di fulminati in giro,” ma preferì andarsene in fretta. Anche perché, chi poteva darle torto ? Questo è un maledetto incubo, si disse mentalmente, una maledetto, fottutissimo incubo.
Ricominciò a camminare. Si sentiva scoppiare la testa e cominciava ad avvertire un forte senso di nausea. Da dove venivano tutti quei soldi ? Aveva rapinato qualcuno ? Aveva rubato in un negozio ? Non poteva andare alla polizia, ora. Doveva continuare a pensare, a riflettere in fretta, anche se le sembrava di avere un martello pneumatico nel cervello. All’angolo della strada c’era un negozio di elettrodomestici. Sinergy. Aspirapolveri e robot da cucina in esposizione. Osservò l’interno dalla vetrina. Dietro la cassa una signora dall’aria cordiale teneva in mano una calcolatrice e scriveva qualcosa. Entrò. Il campanello della porta suonò segnalando la sua presenza alla donna.
“ Mi scusi, posso usare il bagno ? ” chiese lei, sentendosi sul punto di vomitare.
“ Mah, guardi, questo è un negozio. Il bagno non è per i  passanti, ” rispose la donna con un’espressione un po’ stupita.
“ La prego, è un’emergenza. Sia gentile, ho proprio bisogno di andare in bagno,” insistè lei con voce implorante.
La donna la guardò ancora un istante e senza dire nulla le indicò con la mano una porta in fondo al negozio, tra monitor al plasma e lavatrici. “ Però se si sente male avvisi, per favore, ” aggiunse poi.
Lei raggiunse rapidamente la porta con la scritta “ privato”, entrò e chiuse a chiave. Il bagno era piccolo, vecchio, nell’angolo c’erano scatoloni accatastati e appoggiato al muro uno scaffale con bottiglie di candeggina e sapone per le mani. Si precipitò al lavandino, aprì il rubinetto e si bagnò il viso con l’acqua fredda cercando di ricacciare indietro la nausea. Le girava forte la testa, aveva paura di svenire. “ Cosa succede, oh Dio, cosa sta succedendo ? ” disse a voce alta.
Molto lentamente, alzò il viso e si guardò nello specchio. E non riconobbe la donna che la fissava con uno sguardo sconvolto. Quella donna riflessa nello specchio era una sconosciuta. Non l’aveva mai vista, non sapeva chi fosse. In quel volto non c’era niente di familiare. Viso abbronzato, ma sicuramente di carnagione chiara. Gli occhi erano grandi, verdi, un po’ a mandorla, belli. Il naso dritto, le sopracciglia castano chiaro ben curate, sulla bocca un rossetto color corallo.
I capelli erano  biondo cenere, lunghi oltre le spalle e molto lisci. Un bel viso. Una bella donna, assolutamente mai conosciuta. Dimostrava circa trentacinque anni. Intorno agli occhi c’erano minuscole rughe, non molto evidenti.
 “ Ma chi sei ? ”  sussurrò piano al volto nello specchio. “ Chi  sei ? ”. Nessuna risposta. La sconosciuta la fissava, muta. Sentì che stava per vomitare. Si piegò sul lavandino e ricominciò a bagnarsi il viso con l’acqua fredda.  La testa le girava come un frullatore impazzito. “ Non svenire, non svenire, respira profondamente, piano, respira, stai tranquilla,” mormorò a se stessa. Le tremavano le gambe. Si sedette sul water. Era tutta sudata, si sentiva come se dal suo stomaco un vulcano stesse eruttando lava e cenere infuocata. Si slacciò la giacca, se la strappò di dosso. L’indumento cadde per terra e lei si chinò per afferrarlo.
E lo vide.
Il sangue.
Il suo cervello si paralizzò per un istante. Sangue sulla camicetta, sulle maniche, sul davanti dei pantaloni. Gemette piano. Ma il lamento diventò un urlo. E lei urlò, completamente senza controllo, ormai incapace di ragionare.
Fuori dal bagno si sentirono i passi di qualcuno che correva e voci concitate. Non c’era più solo la donna con la calcolatrice, si sentiva anche la voce di un uomo.
“ Cosa succede ? Apra subito la porta! ” urlò l’uomo.
“Si sente male ? Signora, cosa succede ? Ha bisogno di aiuto? ”  La voce della donna era più preoccupata che arrabbiata.
“ Se non apre subito la porta la butto giù a calci e chiamo i carabinieri ! ” urlò ancora l’uomo.
Poi cominciò a battere i pugni con violenza. Probabilmente avrebbe davvero sfondato la porta.
Facendosi violenza e con quel poco di lucidità che le era rimasto, lei si alzò dal water e si rimise la giacca, nascondendo quell’incubo di sangue che la ricopriva.
Aprì la porta del bagno e per un soffio l’uomo non le precipitò addosso.
Le afferrò violentemente la manica della giacca e la trascinò fuori. “ Se ne vada, se ne vada immediatamente ! Non vogliamo averci niente a che fare ! Non so cosa stia succedendo e non lo voglio sapere ! O se ne va all’istante o chiamo i carabinieri e la faccio arrestare. Mi ha capito ? Mi ha capito ? Se ne vada, subito! ”.
Praticamente la spinse fuori dal negozio. Sentì lo scatto del chiavistello alle sue spalle. E anche senza vederli, sentiva i loro sguardi su di sè. Aveva paura, tanta paura. E non sapeva più cosa fare. Dove poteva andare ? Chi poteva aiutarla ? Perché tutto quel sangue ? Le gambe rispondevano ancora. Continuò a camminare. Davanti a lei vedeva i binari della ferrovia. Poco più avanti, sulla destra, c’era la stazione. La riconobbe, quindi la conosceva. Prendeva spesso il treno ? Per andare dove ?
Adesso entrerò nella stazione, pensò, mi siederò sulla panchina e prenderò una decisione. Era sfinita, le sembrava di avere camminato per centinaia di chilometri, ma senza sapere dove andare e, soprattutto, senza sapere da dove veniva. 

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