domenica 27 gennaio 2013

Capitolo 19


“ Devo vedere la dottoressa Sala.”
Si era rivolta all’infermiera bionda seduta all’accettazione del pronto soccorso, intenta a lavorare al computer. La giovane donna la guardò con un po’ di diffidenza. Devo avere un aspetto inquietante, pensò Giulia, lisciandosi lo spolverino con le mani umide di sudore. Dopo averla osservata in silenzio per qualche istante, l’infermiera rispose: “ Mi dispiace, non è possibile.”
“ Non ho preso un appuntamento, ma sono disposta ad aspettare tutto il tempo necessario. Vorrei solo che mi annunciasse.”
“ Non dipende dal fatto che non ha un appuntamento.”
“ Sia gentile, potrebbe almeno avvisarla ? Le dica che c’è Giulia Marini.”
“ Non mi sono spiegata. La dottoressa Sala non c’è.”
“ Non c’è ?” Giulia guardò l’orologio rotondo sulla parete della sala d’aspetto. Erano le due del pomeriggio. Forse non era ancora rientrata dal pranzo o stava bevendo un caffè.
“ Rientrerà tra qualche settimana. Sta usufruendo di un periodo di congedo. Credo che si trovi all’estero. Vuole essere contattata al suo ritorno ? ”
“ Non posso aspettare. E’ molto urgente.”
“ Allora posso chiamarle uno dei medici di turno, il dottor Troilo o la dottoressa Salin, oppure il dottor Alberici …”
“ No, ho proprio bisogno della dottoressa Sala.”
L’infermiera cominciò a dare segni di nervosismo.
“ Allora non posso fare niente per lei. Posso solo farla contattare quando ritornerà.”
“ Non posso aspettare così a lungo.” Giulia si rese conto che la sua voce aveva un tono molto ansioso e che lo sguardo dell’infermiera era diventato diffidente. Doveva fermarsi un momento a pensare, a riflettere sulle alternative possibili  prima di fare qualcosa di sbagliato. “ Le dispiace se mi siedo un attimo in sala d’attesa ? ”
“ Prego,” rispose l’infermiera indicandole la fila di sedie vuote.
Giulia si sedette su una sedia di plastica verde e respirò profondamente per rallentare il battito del cuore, sentendosi agitata per l’espressione sospettosa della donna. Chissà cosa sta pensando di me e del mio aspetto. Forse non ha ancora deciso come comportarsi. Magari è titubante perché non sa se sono un’amica personale di Emanuela o una sua paziente. Magari pensa che io sia una donna disturbata con cattive intenzioni. Forse sotto lo spolverino sono armata. D’altra parte, è comprensibile… mi tremano le mani e sono tutta sudata.
“ La dottoressa Sala è il suo medico curante ?” chiese l’infermiera.
“ Sono una sua ex-paziente,” mentì Giulia,  “ mi ha detto che rientrerà tra qualche settimana ?”
“ Sì, ma non so precisamente quando. Posso informarmi.”
“ Oggi che giorno è ? ”
“ E’ venerdi. 29 giugno. 2007 ”
“ Grazie.”
“ E’ sicura di non voler vedere un altro medico ? Il dottor Troilo dovrebbe essere disponibile.”
“ No ! ”
La reazione esagerata di Giulia fece sussultare l’infermiera, che si affrettò ad appoggiare la mano sul telefono.
“ Non è necessario chiamare il dottor Troilo.” Era un perfetto sconosciuto, cosa avrebbe potuto raccontargli ?
La giovane donna sembrò tranquillizzarsi e riprese a lavorare al computer.
Allora, adesso cosa faccio ? si chiese Giulia cercando di calmarsi.
Aveva puntato tutte le sue speranze sull’incontro con Emanuela, preparato il racconto che le avrebbe fatto, pronta ad ogni domanda dell’amica, sapendo che forse all’inizio avrebbe dubitato di lei, ma certa che in ogni caso l’avrebbe aiutata. Aveva già immaginato i momenti più critici della conversazione.
“So che farai fatica a credermi, e forse esiste una spiegazione ma io non riesco a trovarla. Credo che solo tu possa aiutarmi.
Giulia, qual è il problema ?
Beh, il neurologo aveva detto che probabilmente avrei ritrovato la memoria in breve tempo ….
Sono d’accordo, ma la mente ha i suoi tempi, non si può programmare.
Sì, questo lo capisco, ma da quando sono tornata a casa sono stata sempre peggio …
Cosa vuoi dire ?
Sono sempre stanca e depressa, e a volte non ho la forza di alzarmi dal letto …
Questo però non è insolito.
Non è solo questo. Vedi, io sono sicura che Cesare non mi stia dando le pastiglie prescritte dal neurologo, ma qualcos’altro….
Che cosa te lo fa pensare ?
Quando ho telefonato al dottor Zannini, lui disse di avermi prescritto lo Xanax. Io ho portato queste pastiglie al farmacista di Stresa, e lui ha detto che non sono compresse di Xanax. Ha detto che questo farmaco si chiama Paxil.
Paxil ? No, si sbaglia sicuramente. Hai queste pastiglie ?
Sì, eccole.
Beh, di certo non è Xanax. Sei sicura che Cesare ti abbia dato queste ?
Sì. E mi fanno stare male. Mi gira la testa, ho le vertigini e la nausea, dolori muscolari …...
Ne sono sicura. Queste pastiglie sono molto pericolose. Ma perché Cesare dovrebbe darti una medicina sbagliata ? Un farmaco che tra l’altro, senza prescrizione, si può ottenere solo tramite Internet in modo quasi illegale ? Non capisco.
Non ti ho ancora raccontato tutto.
Che cos’altro è successo ?
Quando mi sono resa conto che non ricordavo più chi ero, ho preso il treno e sono andata a Milano. E ho scoperto delle cose che non ho detto a nessuno, neanche al neurologo.
A nessuno ? Neanche ai carabinieri ?
No, avevo paura di parlarne. Mi sono trovata trentamila euro in tasca.
Trentamila euro ?
Sì. E la mia camicia era tutta sporca di sangue.
Sangue ?
E non è tutto. Quando mi sono spogliata, mi sono accorta che il mio corpo era ricoperto di lividi.
E non l’hai detto neanche a Cesare ?
No, a nessuno.
Il sangue era il tuo ?
Sono sicura di no. E sono sicura che Cesare abbia mentito sulla sua ferita.
Quale ferita ?
Ha una lunga cicatrice recente sul petto.
Capisco.
Cosa ?
Tu pensi che il sangue sulla tua camicia fosse di Cesare ?
Sì. Sono convinta che sia successo qualcosa che non vuole dirmi, e penso di essere stata io ad aggredirlo. Ha parlato anche di un bambino.
Un bambino ? Quale bambino ?
Non lo so.
E quindi lui ti somministrerebbe il Paxil per impedirti di ritrovare la memoria e ricordare cos’è successo ?
Ha parlato di interdizione legale. Sarebbe il modo migliore per liberarsi di me.
E i soldi ?
I soldi ?
Si, i trentamila euro che avevi in tasca. Dove li hai presi ?
Non ne ho idea.
Giulia, le tue accuse sono molto gravi, e Cesare è un professionista stimato e conosciuto.
Lo so, per questo mi sto rivolgendo a te. Sei l’unica persona che mi può aiutare. Nessuno crederebbe a me, tu invece sei mia amica e sei un medico. Se tu venissi con me alla polizia, ho qualche possibilità che mi ascoltino.
Certo che verrò con te. Non devi più preoccuparti di nulla. Capiremo insieme cos’è successo e ti aiuterò a guarire.”

“ Allora, ha deciso cosa vuole fare ? ” la voce dell’infermiera interruppe il corso dei pensieri di Giulia.
Scosse la testa. Sapeva però che se fosse rimasta ancora lì la donna avrebbe chiamato qualcuno, ma non riusciva a decidere cosa fare. Se fosse andata alla polizia senza Emanuela si sarebbe messa nei guai e Cesare l’avrebbe ritrovata subito. E anche se avesse raccontato tutto, e li avesse accompagnati al deposito bagagli di Cadorna a recuperare i soldi e la camicia, si sarebbero comunque insospettiti per il fatto che non aveva detto subito tutta la verità. Quindi, a chi avrebbero creduto ? A una donna visibilmente malata che aveva già mentito o all’avvocato che aveva fatto carriera con l’arte della persuasione ? A quel punto, sarebbe stato ancora peggio, perché Cesare avrebbe avuto tutti gli strumenti per farla interdire serviti su un piatto d’argento. No, la polizia era da escludere. Almeno per il momento. La cosa migliore sarebbe stata sparire fino a quando Emanuela non fosse tornata. Ma questo non era possibile, perché non aveva i soldi per fare nulla. La chiave del deposito bagagli era nascosta in un reggiseno che aveva lasciato alla villa, dove certamente non era il caso di tornare. E senza documenti e chiave, non aveva nessuna possibilità di accedere a quella cassetta di sicurezza. Quindi, non aveva posti in cui nascondersi. Doveva pensare a qualcos’altro. Ma cos’altro restava ? Le alternative erano ugualmente terribili: tornare a casa ad affrontare Cesare o andare alla polizia sperando che l’affrontassero loro.
Se almeno avesse potuto ricordare !
A meno che … se fosse riuscita a spingere in qualche modo la sua mente a tornare indietro, al momento in cui aveva deciso di evadere dalla realtà…. allora lei avrebbe saputo e, conoscendo la verità, forse avrebbe potuto spiegare e dimostrare tutto quello che era successo dopo. Avrebbe avuto una via d’uscita.
“ Mi scusi, ci sono dei testi di medicina che si possono consultare ? ” chiese.
“ Scusi ? ” Evidentemente l’infermiera era rimasta un po’ sconcertata dalla richiesta.
“ Avrei bisogno di controllare qualcosa su un dizionario medico.”
“ Un momento, vado a vedere.” La donna si alzò dalla sedia e sparì nel corridoio.
Giulia rimase ad aspettare in preda all’inquietudine. E se l’infermiera fosse andata a chiamare   qualcuno ? Se non fosse tornata entro pochi minuti, se la sarebbe data a gambe.
L’infermiera tornò quasi subito con un libro enorme tra le braccia.
“ Ecco, qui dovrebbe esserci tutto. Lo appoggi pure sul quel tavolo. ”
“ Grazie,” rispose Giulia combattendo contro una vertigine improvvisa.
Aprì il volume all’indice alfabetico. Sbrigati, si ordinò, cercando di concentrarsi sulle parole che si confondevano una sull’altra. Trovò la pagina relativa alla voce Amnesia e cominciò a scorrerla velocemente.
“……disturbi dissociativi…fuga isterica … stati di incoscienza di durata protratta …perdita dell’identità per dimenticanza …percentuali di disturbi della memoria connessi a infanticidi …”
Infanticidi ? Cesare aveva parlato di un bambino.
“ … fuga patologica  ….. motivi seri e drammatici ….  che portavano a tentare inutili fughe da situazioni di estrema violenza …”
I sogni. Quei sogni terribili che forse erano ricordi reali.
“ … il soggetto si trova in una situazione fortemente conflittuale  …che non ha nessuna possibilità di risolvere …la fuga dissociativa ha sempre un esordio improvviso e inaspettato … Non ha una causa fisica o medica diretta, è piuttosto il precipitato di uno stato emotivamente traumatico …in certe circostanze la fuga dissociativa costituisce un’inconsapevole protezione da impulsi suicidi …”
Impulsi suicidi ?
“ …. momentanea caduta dei controlli alle reazioni impulsive …. tale da portare ad atti di violenza con intento omicida ai danni di una persona amata ….
Oh Dio. Cosa voleva dire ? Aveva cercato di uccidere Cesare ?
Ma perché ? Forse perché lui aveva scoperto la sua relazione con il marito di Cristina ?
E adesso lui stava cercando di trasformarla in uno zombie per vendicarsi ?
“ Ciao, Giulia.”
Alzò la testa di scatto e fissò lo sconosciuto in camice bianco accanto all’infermiera.  
“ Come stai ? Caterina mi ha detto che stai cercando la dottoressa Sala. Posso esserti utile ? ”
Giulia non aveva la minima idea di chi fosse quel medico, ma se aveva fatto la volontaria al pronto soccorso lo conosceva sicuramente.
“ Sì… ”
“ Ti senti bene ? ”
“ Non proprio.”
“ Vuoi un bicchiere d’acqua ? ”
“ Mi farebbe piacere.”
“ Forza, vieni nel mio ufficio.”
Giulia chiuse il dizionario e si alzò con fatica. Le girava la testa, aveva la nausea ed era sconvolta dalle implicazioni di quello che aveva appena letto. Seguì l’uomo in una piccola stanza che conteneva un lettino, alcuni apparecchi, un diafanoscopio e una scrivania. Evidentemente veniva utilizzato per le visite.
“ Sei stata ammalata ? Sei molto pallida.”
“ Non sono stata bene.”
“ Hai spaventato l’infermiera. Perché non mi hai fatto chiamare ?”
Perché non ho la più pallida idea di chi tu sia, pensò lei. “ Scusa, non sapevo che fossi qui,” rispose.
“ Cosa stavi cercando sul dizionario ?”
“ Alcune informazioni che mi servivano.”
“ Caterina mi ha detto che ti comportavi in modo strano… posso fare qualcosa per te ? ”
Giulia sospirò. Va bene, allora avrebbe giocato il tutto per tutto.
“ Stanno succedendo delle cose strane.”
“ Hai voglia di parlarne ? ”
“ Credo che ieri sera mio marito abbia messo qualcosa nel mio aperitivo, qualcosa che mi ha fatto stare male. Stamattina sono scappata e sono venuta qui. Indosso ancora l’abito che portavo a cena.”
“ Perché tuo marito dovrebbe farti stare male ? E perché hai pensato che l’unica soluzione fosse scappare ? ”
Giulia ebbe la sensazione fortissima che qualcosa non andasse. Il medico le parlava con distacco, senza alcuna partecipazione, come se lei fosse un’estranea.
“ Tu pensi che io sia fuori di testa, vero ? ”
“ Io non l’ho detto.”
Si rese conto che si era infilata nella trappola come un’idiota. Sicuramente avevano già chiamato Cesare.
“ E’ meglio se me ne vado.”
“ E dove pensi di andare nello stato in cui sei ? ”
Era chiaro che stava solo cercando di trattenerla. Giulia si alzò dalla sedia nel momento in cui la porta dello stanzino si apriva. Un altro medico in camice bianco e l’infermiera entrarono insieme ad un uomo, mentre lei metteva a fuoco il viso di Cesare e capiva che la fuga verso la salvezza finiva lì.

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