venerdì 25 gennaio 2013

Capitolo 17


Giulia cercò di schivare la mano di Cesare che stava per colpirla in viso.
Nel tentativo, cadde urtando contro la porta aperta della camera da letto. In ginocchio sul pavimento, intontita dal dolore, si portò la mano alla guancia e fissò stupita il sangue.
L’espressione di Cesare era incredula e sconvolta.
“ Oh Dio!” le corse accanto. “ Fammi vedere, Giulia, ti prego. Oh, Giulia… grazie a Dio non è niente, solo un graffio. E’ stato un incidente … aspetta, ti aiuto ad alzarti e vado a prenderti del ghiaccio.”
“ Non toccarmi,” rispose lei in tono glaciale. Lo respinse, si alzò e si sedette sul letto.
Le bruciava la guancia, mentre con le dita sentiva la tumefazione gonfiarsi. La rabbia respinse le lacrime che le stavano salendo agli occhi.
Cesare corse in bagno e tornò con un asciugamano bagnato. “Ecco, prendi questo. Sdraiati. Ti avvicino il cuscino. Premi l’asciugamano contro la guancia. Ti fa male ?”
Giulia era disgustata dall’espressione ansiosa di lui. Chiuse gli occhi. Se avesse potuto, si sarebbe tappata anche le orecchie. La voce preoccupata e affettuosa di Cesare le dava la nausea.
“ Giulia, maledizione, è possibile che tu debba sempre inciampare dappertutto ? Mi dispiace, ho alzato la mano, ma tu sei inciampata. Scusami, ma eri talmente isterica che dovevo cercare di calmarti.”
Lei lo fissò con gli occhi sbarrati “ Isterica ? Io ero isterica ? Ne sei proprio certo ?”
“ Ok, mi sono un po’ agitato, lo ammetto. Ma dannazione, ero sicuro che tu fossi già pronta ! Sai quant’è importante questa cena, sai chi sono gli invitati, no ? Lo sai che sono anni che cerco di convincere questa banca a passare al mio studio ! Stasera potrebbe essere la mia grande occasione,  e tu sei ancora qui in vestaglia, struccata e con dei capelli da schifo !”
“ Ti ho già detto che non l’ho fatto apposta. Ha telefonato Emanuela per chiedermi di andare al pronto soccorso domani, hanno bisogno di aiuto per quell’incidente che c’è stato   stasera. ”
“ Emanuela ! Ah, beh, allora …. Sempre a disposizione per lei, vero ? Cosa pensi sia più importante, la carriera di tuo marito o buttare via il tuo tempo gratis per degli estranei ? Quando comincerai ad essere meno stupida e superficiale ? Mai, immagino !”
Cesare urlava camminando per la stanza e agitando le braccia.
“ Ok, sono una stupida superficiale. Ma non sopporto che tu alzi le mani su di me.”
“ Ma falla finita con questa lagna. Dai, smettiamo di discutere. Sono le otto e la cena è per le nove. Fammi vedere la guancia.”
“ No, faccio da sola. Lasciami in pace.”
Giulia andò in bagno e chiuse la porta. Lo specchio le rimandò l’immagine della guancia sfigurata dal livido, molto più brutto di quanto avesse immaginato. Si sentì rabbrividire.
Cesare entrò. “ Maledizione, non puoi certo venire conciata in quel modo. Dovrò raccontare che ti sei presa l’influenza, che ne so, un virus intestinale. Tu rimani a casa a riposare, ok ? Ti fai un bel bagno caldo, metti il ghiaccio sulla faccia, ti fai preparare una buona cenetta da Rosa e ti metti a letto.  Ti farà bene. Una sera tutta per te.”
“ Ma quanto sei gentile. Pensi sempre a tutto.”
La serata era completamente rovinata: l’abito nuovo da sera di Chanel, la seduta al centro estetico per la pulizia del viso e la manicure … tutta la sua felicità era svanita. Che squallore. E Cesare che continuava a parlare, bello e affascinante, sicuro di sé, elegante nel suo smoking, convinto di poter sempre risolvere le situazioni a modo suo.
“ Esci dal bagno. Vattene e lasciami in pace.”
“ Oh, Giulia, adesso dacci un taglio. La discussione è durata anche troppo. Cerca di controllarti. Non vedi che io lo faccio ? E lo faccio per tutti e due ! Adesso dovrò andare alla cena come se niente fosse e dimostrarmi al massimo. Ci sarà tutto il consiglio d’amministrazione della banca e dovrò essere brillante come non mai.  Almeno, lo smoking è perfetto.”
“ Certo. Ci ho pensato io.”
“ Ma guarda, hai fatto qualcosa di intelligente.”
“ Non faccio altro che occuparmi di te e di questa casa, mandando al diavolo la mia vita.”
“ Vuoi smetterla di alzare la voce ? Rosa è in casa e potrebbe sentire. Che razza di figura vuoi farmi fare davanti a una domestica ?”
Giulia sentì tutta l’energia andarsene, risucchiata dall’ego di quell’uomo che le stava davanti.
Tornò in camera e si distese sul letto a faccia in giù. Lui la seguì in silenzio e finì di prepararsi. Cena di gala al Grand Hotel Borromée. Doveva essere perfetto.
Appena pronto, si avvicinò al letto.
“ Hai intenzione di rimanere buttata lì come una povera vittima ?”
“ Vattene e basta,” mormorò lei.
Sentì sbattere la porta della camera.
La tensione accumulata esplose in un pianto liberatorio. Si sentiva umiliata e offesa per la violenza subita. Pianse fino a quando non si sentì come svuotata da ogni sentimento. Ora era più calma e tranquilla. Solo un po’ infreddolita e immensamente triste. Guardò fuori dalla finestra. Le luci del giardino illuminavano le magnolie e il posto macchina vuoto di Cesare. La camera era troppo silenziosa e le sembrava che le pareti le si stringessero addosso. Scese le scale, diretta al piccolo porticato della cucina. Si sedette sul dondolo e i suoi pensieri volarono ad un passato non troppo lontano, quando era convinta che la vita le avesse riservato tutta la felicità del mondo. Come cambiano le cose, pensò, e come è vero che le persone non sono mai quello che sembrano.  E la cosa più triste è che non ne posso parlare con nessuno. Parlarne con Tiziana non mi aiuterebbe … mi aveva messa in guardia all’inizio. Troppo in fretta, aveva detto, troppo in fretta …Con Luca era meglio di no. Avrebbe affrontato Cesare e la situazione sarebbe precipitata. Con Emanuela sì, avrebbe potuto confidarsi, anche se era certa che l’amica sospettasse già qualcosa. Troppi strani racconti di cadute e incidenti domestici la lasciavano sempre con un’aria scettica e domande inespresse negli occhi. E poi era un medico e una donna molto impegnata nel sociale. Avrebbe insistito per spingerla ad agire in qualche modo, anche legalmente.
Non c’era più nessuno. Le coppie che frequentavano, tutti vecchi amici di Cesare, non le avrebbero mai creduto e l’avrebbero presa per una povera squilibrata. Ci avrebbe pensato lui a convincerli che era pazza del tutto. No, meglio lasciar perdere. Me la caverò da sola. Non so come, ma troverò una soluzione.
Si irrigidì all’improvviso.
Rosa era entrata silenziosamente nel porticato.      “ Signora, perché sta qui al freddo ? Le ho preparato qualcosa da mangiare. Deve solo scaldare il piatto nel microonde.”
“ Grazie, Rosa. Vada pure a casa. E’ tardi.”
“ E metta altro ghiaccio su quel livido. Sa, anch’io a volte mi distraggo e….  sbatto contro qualcosa..” aggiunse la donna con voce gentile.  
“ Sì. Infatti. Grazie ancora. Ci vediamo dopodomani.”
“ Buonanotte, signora”.
Sentì i passi della donna allontanarsi.
Si mise a letto senza mangiare nulla. Sentì Cesare rientrare molto tardi, lo sentì fischiettare nel bagno. Evidentemente la cena era stata un successo. Quando lui si infilò sotto le coperte, fece finta di dormire.
La mattina dopo era domenica. Giulia si svegliò in un letto vuoto. Distolse velocemente lo sguardo dal suo viso riflesso nello specchio del guardaroba. Il livido era ancora più brutto della sera precedente. Cesare entrò in accappatoio, il vassoio della colazione tra le mani, un’ortensia infilata in un bicchiere di vetro. Si sedette accanto a lei e versò il caffè per entrambi.
Porgendole la tazza, disse: “ Giulia…scusami per ieri sera. Ho reagito in modo esagerato. Però non ti ho fatto male sul serio, vero ? Non te ne ho mai fatto veramente, giusto ? Sì, è vero, ogni tanto mi è scappato uno schiaffo… ma quante volte sarà successo ?”
Troppe, pensò Giulia, e non mi hai ferita solo con le mani. Anche l’umiliazione fa male.
“ Saranno passati mesi dall’ultima volta che mi sono arrabbiato e ho reagito così …” continuò lui.
Lei parlò per la prima volta. “ E’ stato il mese scorso. Quando ho fatto tardi rientrando dalla biblioteca. C’era il traffico bloccato per lavori in corso. E dopo ne abbiamo parlato. Hai detto le stesse cose. Che ti dispiaceva, che eri pentito. Ho creduto che fosse vero.”
“ E infatti … lo credevo anch’io, sinceramente. Ma non sono perfetto, Giulia, e a volte succedono cose che non dovrebbero”.Ora il tono di lui era quasi implorante.
“ Ma perché, Cesare, perché ?”
“ Non lo so. E dopo, mi detesto.”
“ Perché non provi a farti aiutare da qualcuno ? Potresti provare a parlarne con qualcuno che si occupa di questi problemi …”
“ Per favore. Adesso non facciamone una tragedia che non è. Non ho bisogno di farmi aiutare da nessuno. E poi, sai che festa farebbero allo studio legale Costa se si venisse a sapere che vado da uno strizzacervelli ? Mettiti in testa che viviamo in un posto piccolo, e Marco Costa mi osserva con attenzione, esattamente come io faccio con lui. Siamo rivali da sempre, e faremmo qualsiasi cosa per screditarci a vicenda. ”
Giulia non rispose. Quel discorso lo conosceva a memoria.
“ Sii sincera, Giulia. Non sono un buon marito ? Non ti ho dato tutto ? Da quando ti conosco non ho mai guardato un’altra donna. Ti amo tanto. E tutto quello che faccio è per te, per noi, per la nostra vita insieme.”
Lei rimase ancora in silenzio.
“ E’ vero, ieri sera ho sbagliato. Ma in fondo è stato un incidente. Sei inciampata. E poi sai quant’era importante quella cena. Hai un’idea di cosa potrebbe significare per noi acquisire quella banca come cliente, portarla via a Costa ? Tutti i giorni è una lotta. Anche se non te ne parlo e non mi lamento mai con te, non significa che non ci siano difficoltà. Io non voglio preoccuparti, voglio che tu sia serena. Io e te siamo una cosa sola, e io devo pensare a te, proteggerti, difenderti dalle cattiverie degli altri.”
Mentre ascoltava le sue parole, Giulia tornava al presente, e lo sapeva.
Pensò alla sua casa, al suo lavoro da scrittrice, alle sue attività di volontariato e al corso di fotografia. Era grazie a lui che aveva tutto questo.
“ Cosa hai detto ad Alberto e agli altri ?”
“ Ho spiegato che ti sei presa un’influenza. Laura e Fabrizia ti mandano gli auguri di pronta guarigione. Sicuramente ti telefoneranno più tardi …. Giulia, possiamo lasciarci questa cosa alle spalle ? Ti giuro, ti giuro che non succederà mai più …”
Cesare sembrava sul punto di piangere.
Lei si fece un po’ di violenza per esibire un sorriso stentato.
“ Brava, così. Adesso ti porto del ghiaccio. Vuoi darmi uno schiaffo ?”
“ Perché dovrei ?”
“ Non ti farebbe sentire meglio ?”
“ Direi di no. Non è il mio stile.”
“ E’ vero. Tu sei incredibilmente dolce. Dai, bevi il caffè e mangia il plumcake. E’ delizioso.”
“ Ho ancora sonno. Sono molto stanca. Vorrei dormire ancora un po’.”
“ Ok. Se ti giri ti massaggio un po’ la schiena.”
Giulia si sentiva ancora umiliata e arrabbiata, ma le mani di Cesare cominciarono a sciogliere un po’ di quella collera.
La conosceva così bene … e aveva delle mani meravigliose…e quando lui la mise sopra di sé non fu capace di dirgli di no.

Si risvegliò verso mezzogiorno. Quando fu pronta per scendere, Cesare l’aspettava in giardino.
“ E’ una giornata stupenda. Andiamo a pranzo all’Isola dei Pescatori e prendiamo un po’ di sole,  ti va ?”
Giulia si rese conto che lui stava cercando di capire se lei fosse ancora arrabbiata.
“ Va bene. E’ tanto che non facciamo un giro in motoscafo. E poi, volevo comprare qualche tazza in quel negozietto di artigianato che mi piace tanto.”
In effetti, aveva voglia di passare una giornata serena. Era inutile ripensare in continuazione alla sera prima.  Cosa voglio dalla vita ? Non può essere sempre tutto perfetto, pensò. Oggi è un altro giorno, e la vita continua. Sii adulta. Pensa al futuro. E poi, tu sei innamorata di quest’uomo.  Non potresti neanche immaginare di vivere senza di lui.
“ Sei bella,” disse lui “ non si vede quasi niente. Davvero.”
Andarono a pranzo sull’isola, al “Vecchio Pescatore”. Girarono per le stradine tenendosi per mano. Quando tornarono a Stresa, lui si fermò davanti alla gioielleria di Paulon.
“ Devo ritirare qualcosa. Mi aspetti ?”
Lei si sedette su una panchina di fianco alla sirenetta in pietra.
Cesare uscì dal negozio con un pacchettino in mano.
“ E’ per te. Per ricordarti quanto ti amo.”
Dentro la scatoletta di velluto c’era un braccialetto che sembrava un gomitolo di fili d’oro, con un giro di smeraldi e diamanti.
“ Grazie. E’ stupendo.”
“ Mettilo subito. Voglio vedere come ti sta.”
Giulia ubbidì. Era davvero bellissimo.
Tornando a casa, lo sentì pesante come una catena di piombo.

Giulia aprì gli occhi sconvolta dalla nausea. Si guardò intorno e si rese conto di essere a casa sua, nel suo letto. Nella sua mente si rincorrevano sussurri confusi: non so più cosa fare, non so mai cosa potrà fare, non so dove sbattere la testa….
Cesare ?
Da quando ha perso il bambino non è più stata la stessa.
Il bambino ? Quale bambino ?
Se continuerà a peggiorare sarò costretto a chiedere l’interdizione legale.
Interdizione ? L’aveva sentito o l’aveva sognato ?
No, non era un sogno. Era reale.
E adesso cosa faccio ?
Interdizione. Interdizione legale. Cesare aveva detto che avrebbe chiesto l’interdizione.
Le aveva mentito, l’aveva drogata e aveva detto a Carlo e Fabrizia di non poter far altro che interdirla.
E l’aveva picchiata. I sogni erano ricordi. Ricordi terribili. Ma quale bambino ?
Doveva scappare. Subito, senza perdere un solo istante.
La porta della camera si aprì. Giulia cercò di mettere a fuoco il viso della persona che era entrata, ma la stanza le girava intorno troppo velocemente.
Sentì solo l’ago pungerle il braccio.

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