“ Stai
lontano da me ! ” urlò, afferrando una penna stilografica dalla scrivania e
agitandola in aria.
Cesare
parlò con voce esitante e commossa : “ Non mi respingere, ti prego. Voglio solo
aiutarti.”
“
Certo ! Vuoi aiutarmi con un’iniezione ? ”
“ No.
Sono qui per riportarti a casa. … nella nostra casa.”
“
Scordatelo,” ringhiò Giulia, girando lo sguardo dall’uno all’altro. “ State
tutti lontani ! ” urlò ancora brandendo la stilografica come un’arma. Immaginò
la prima pagina del Quotidiano del Verbano affissa davanti all’edicola
della stazione: SCRITTRICE IMPAZZITA MINACCIA IL PERSONALE DEL PRONTO SOCCORSO
DI VERBANIA CON UNA PENNA STILOGRAFICA !
“
Vattene e lasciami in pace.”
“ Non
lo posso fare.”
“
Perché ? Perché non puoi ? ”
“
Perché ti amo. E sono preoccupato per te.”
“
Stronzate !”
“
Giulia, ti prego, cerca di non agitarti …”
“ Tu
non avvicinarti.”
“ Ti
stai rendendo ridicola…. chiedo scusa a tutti,” continuò Cesare rivolgendosi ai
due medici e all’infermiera, “ e vi ringrazio per avermi chiamato. Mia moglie,”
spiegò girando lo sguardo verso Giulia, “ in questo periodo non sta bene.
Soffre di amnesia isterica e di manie di persecuzione. Stamattina non ha preso
le sue medicine ed è uscita di casa senza avvisare nessuno ..”
“ Non
è vero !” gridò Giulia, “ non mi sta dando le pastiglie che mi hanno prescritto
! Mi sta facendo prendere il Paxil ! Mi ha drogata e rinchiusa in casa. Mi
impedisce di comunicare con chiunque. ”
“
Giulia, per favore ….”
“ No !
Adesso mi lasci parlare. Hai mentito a tutti, e ti hanno creduto perché sei il
famoso avvocato, il cittadino stimato e rispettabile, mentre io sono considerata
una pazza che ha perso la memoria. Ma la verità è un’altra. Anche se non mi
ricordo chi sono, so di non essere pazza, anche se stai facendo di tutto per
farmi andare fuori di testa. Prima che tu mi riportassi a casa, non stavo così
male, anzi, non stavo male affatto !
Quindi, che cosa mi hai fatto per ridurmi così ? Che medicine mi hai dato ? ”
Prese
dalla tasca le pastiglie che aveva mostrato al farmacista e tenendole sul palmo
della mano si rivolse ai due medici. “ Forza, ditemi se questo è Xanax ! ”
“ Dove
hai preso quelle pastiglie ? Cosa sono ? Chi te le ha date ? ” esclamò Cesare
con espressione strabiliata.
Giulia
rimase quasi inebetita per lo stupore. “ Cosa stai dicendo ? Stai forse
cercando di sostenere che queste non sono le pastiglie che mi stai dando da
settimane ? ”
“
Giulia, ti prego. Vieni a casa con me e parliamone con tranquillità.”
“
Rispondi alla domanda ! Stai cercando di far credere che le pastiglie che mi
hai dato non sono queste ? ”
“
Assolutamente no. Non le ho mai viste prima.”
“ Sei
uno schifoso bugiardo ! ” Guardò disperata i medici. “ Vi prego, credetemi !
Non sta dicendo la verità !”
“ Ma…
Giulia, perché tuo marito dovrebbe mentire ? ” chiese il medico che l’aveva
tradita.
“
Perché non vuole che mi torni la memoria ! E’ successo qualcosa che non vuole
che io ricordi, e il modo migliore per esserne sicuro è ridurmi come un
vegetale. Così potrà farmi interdire, rinchiudermi da qualche parte e tutti
diranno che non poteva fare altrimenti. Penseranno che io sia pazza, e qualsiasi
cosa dirò sarà il delirio di una pazza !
”
“
Giulia, per carità …. ” la pregò Cesare, “ non ti rendi conto che le cose che
dici sembrano le fantasie malate di una squilibrata ? Cosa vuoi che pensi chi
ti ascolta ? ”
“ E
cos’altro potrei fare ? ” chiese Giulia rivolgendosi al medico, “ come faccio a
farvi capire che non sono pazza e che non sto farneticando ? ”
“
Giulia, adesso basta,” insistè Cesare, “ queste persone vorrebbero aiutarti e
tu le stai mettendo molto a disagio. Non è meglio se ne parliamo con
tranquillità, da soli ? ”
“ No !
Non voglio più parlare con te ! Voglio essere lasciata in pace. Voglio che tu
te ne vada.”
“
Questo non posso farlo. Io ti amo.”
Nonostante
tutto, Giulia sapeva che in quel momento Cesare non stava mentendo.
“
Perché mi stai facendo questo ? ” gli chiese in tono sommesso.
“
Perché ho giurato a me stesso di proteggerti.”
“ Tu
non mi stai proteggendo, mi stai
distruggendo !”
“
Giulia, tesoro….”
“ Che
cosa mi stai nascondendo ? Che cosa non vuoi dirmi ? Da cosa devi proteggermi ?
”
“
Giulia, ti prego …”
“ Che
cosa è successo tra noi il giorno in cui sono scomparsa ? ”
L’orrore
e lo spavento che vide negli occhi di Cesare le disse che non si era sbagliata.
Quel giorno era successo qualcosa. Qualcosa di terribile.
“ Per favore,
vieni a casa con me. Ti prometto che parleremo di tutto.”
“ No.
Il dizionario parla di perdita del controllo e di …. atti di violenza contro qualcuno che si
ama…… allora, abbiamo avuto una discussione ? Una lite violenta ? ”
“ Non
c’è stata nessuna discussione.”
“ Stai
mentendo. Sei un bugiardo.”
“
Giulia … ”
“ Se
non abbiamo litigato, come ti sei ferito al
petto ? ”
“ Te
l’ho già spiegato. Tu non lo ricordi più, ma sono stato aggredito da un cliente
…”
“ Non
ci credo. E la cicatrice è fresca. Perché non la fai esaminare da questi
dottori ?”
“
Avvocato,” intervenne l’infermiera, “ vuole che chiami la polizia ? ”
“ Non
chiami nessuno ! ” urlò Giulia.
“ Non
è necessario, per adesso, ” rispose Cesare,
“ forse possiamo convincere Giulia ad essere ragionevole.”
“ Io
sono pazza, l’hai dimenticato ? ” replicò lei, “ come pensi di convincere una pazza ad
essere ragionevole ? ”
“
Giulia, ti amo… torna a casa con me.”
“ Se mi ami così tanto, perché ho
cercato di ucciderti ? ”
Cesare
sembrava paralizzato dallo stupore. Tutti gli altri lo fissarono immobili, in
un silenzio sbigottito.
“ Non
mi rispondi ? Allora è vero. Ho cercato di ucciderti.”
“ No.”
“ No ?
Non abbiamo litigato e io ti ho colpito con un oggetto tagliente ? ”
“ No.”
“ Se
non è andata così .. ” Giulia esitò un istante, poi prese fiato e continuò “
perché il giorno in cui sono scomparsa la mia camicia era tutta macchiata di
sangue ? ”
“
Sangue ? ” esclamarono insieme i due medici e l’infermiera.
Cesare
rimase in silenzio.
“ E i
lividi che avevo sul corpo ?”
“
Lividi ? Mio Dio ! ” sussurrò l’infermiera.
Cesare
continuò a guardarla senza dire una parola.
“ E i
soldi ? Avevo trentamila euro in tasca. Dove li ho presi ? Parla, Cesare. Non
stai dicendo nulla, ma i tuoi occhi ti tradiscono. E’ chiaro che sai di cosa
sto parlando.”
Il
silenzio era assordante. Tutti gli occhi erano puntati su Cesare, immobile, i
bei lineamenti tesi nell’espressione di un uomo colpito da un fulmine.
“
Perché non ne hai mai parlato prima ? ” chiese a voce bassa.
Giulia
scosse la testa. Si sentiva liberata da un peso enorme. Ce l’aveva fatta. Il
suo incubo segreto era venuto alla luce. L’aveva detto a voce alta. Quale
sarebbe stata la reazione di Cesare ?
“
Vorrei rimanere solo con mia moglie per qualche minuto,” disse rivolgendosi
agli altri, “ ho bisogno di parlarle in privato.”
“
Preferirei che rimanessero,” obiettò Giulia, spaventata all’idea di restare
sola con Cesare.
“ Come
vuoi, ” rispose lui, “ ma sarebbe meglio se quello che devo dirti rimanesse una
questione personale. Almeno per adesso. Se poi non sarai d’accordo con me,
racconterai tutto a chi vuoi. Anche alla polizia, se credi. Anzi, forse sto
sbagliando io, non avrei dovuto proteggerti così a lungo se queste sono le
conseguenze del mio tentativo.”
“
Possiamo aspettare qui fuori,” propose uno dei medici rivolgendosi a Giulia.
Lei annuì con la testa.
Li
guardò uscire e chiudersi la porta alle spalle. Allora arretrò fino a trovarsi
dall’altra parte della scrivania.
“
Stammi lontano,” lo avvertì.
“
Perché ? Pensi che voglia farti del male ? ”
“ Non
lo so. Può essere. Sei molto abile, e da quello che ricordo sei anche
pericoloso. Non mi fido di te. Ieri sera è stata un’ulteriore conferma.”
“
Pensi davvero che io ti abbia messo qualcosa nel succo ? ”
“
Perché, non l’hai fatto ? ”
“ No.”
“ E
come spieghi il fatto che all’improvviso ho cominciato a vederci doppio, ad
avere la nausea e mi sono trovata per terra ? ”
“ Non
è una novità.”
“
Quindi ? ”
“
Quindi tu non stai bene. E ieri hai superato te stessa. Prima hai minacciato
Rosa con un forchettone, poi hai sostenuto una conversazione ai confini della
realtà con una sconosciuta, l’hai invitata a cena, ti sei preparata per passare una serata con
due persone che non ricordi per nulla, e hai recitato una parte francamente
insostenibile. Non credi che sia stato un po’ troppo ? Soprattutto considerando
che fisicamente non sei affatto in forma ? ”
No,
Giulia non lo credeva. “ Certo che quando devi convincere qualcuno sei davvero
bravo.”
“
Forse lo sono perché sto dicendo la verità. Giulia, ti giuro che il tuo
aperitivo non l’ho nemmeno toccato.”
Lei si
aggrappò con le mani al bordo della scrivania e strinse con tutte le sue forze.
“
Voglio sapere cos’è successo il giorno in cui sono scomparsa. Voglio sapere del
sangue. Dei lividi. Dei soldi. Voglio sapere tutto.”
“
Allora è meglio se ti siedi.”
“ Sto
bene in piedi.” Non era vero. Aveva bisogno di sedersi, la sua resistenza era
veramente arrivata alla fine.
“ Ti
aiuto a sederti sulla poltrona.” Cesare si avvicinò e Giulia, spaventata, perse
l’equilibrio e cadde sbattendo le ginocchia a terra. Lui le corse accanto.
“ Stai
lontano !” gridò lei.
“
Giulia, per favore ! Voglio solo darti una mano a rialzarti. Cosa pensi che
voglia farti ? ”
Lei
scivolò verso il muro allontanandosi da Cesare.
Rassegnato,
lui sospirò e tornò dalla sua parte della scrivania, si sedette e appoggiò le
mani vuote sul tavolo.
“
Guarda, sono seduto lontano e non ho niente che potrebbe farti del male.
Cos’altro posso fare per convincerti ? ”
“
Dirmi la verità.”
Cesare
rimase in silenzio per qualche istante, la fronte aggrottata, gli occhi fissi
sul palmo delle proprie mani. Lei si rialzò faticosamente e si lasciò cadere
sulla poltrona del medico.
“
Giulia, ti prego di credermi. Hai ragione, non ti ho detto tutta la verità. Non
sono stato… …..completamente sincero. Ma l’ho fatto pensando a te, convinto che
fosse il modo migliore per proteggerti e aiutarti a stare meglio. Se solo
avessi sospettato che tu ricordavi il sangue, i lividi e i soldi, le cose sarebbero andate molto diversamente.
Dio Santo, ” sospirò scuotendo lentamente la testa, “ ora capisco le tue
paranoie e i tuoi sospetti. Adesso capisco perché non ti fidi e hai paura di
me.” Si accarezzò distrattamente il petto, passando la mano sulla cicatrice nascosta
dalla camicia.
“
Quindi stai dicendo che mi hai mentito ? ”
Lui
alzò la testa verso di lei, lo sguardo intenso concentrato sul suo viso.
“ Sì.
Non volevo che tu sapessi cos’era successo veramente. Se te l’avessi detto
quando sei tornata a casa e non ricordavi nulla, ti avrei fatto solo altro
male. Ero convinto che la tua mente avrebbe cominciato a ricordare quando tu
fossi stata pronta ad affrontare la realtà. E, soprattutto, non volevo essere
io a farti soffrire ancora di più. Volevo solo proteggerti. Avevi patito già
tanto ….”
“
Dimmi …”
“ Non
è facile, Giulia. Non so neanche da dove cominciare.”
“ E’ …
così difficile ? ”
“ Sì.
E che tu lo sappia da me mi fa stare ancora peggio…”
Giulia
cominciava a sentirsi più spaventata che bramosa di conoscere la verità. “ Forza… dimmi..”
“
Dobbiamo tornare indietro di oltre un anno,” cominciò Cesare, “ a quando … a
quando perdesti il bambino. Eri già al quinto mese di gravidanza.”
Giulia
non riusciva quasi a respirare. “ Ho … perso.. il mio bambino ..?” ripetè ansimando.
“ Il nostro
bambino, Giulia. Non pensare che sia facile per me ricordare quel momento
terribile. E’ stato un incidente, una disgrazia, chiamala come vuoi. Sei caduta
dalla scalinata, in casa. Forse sei inciampata o forse hai avuto un capogiro…
questo non è importante. Il punto è che tu non sei riuscita ad accettare la
perdita. Ti sei data la colpa di quanto era successo, e hai cominciato a
comportarti come se volessi punirti da sola. Non volevi più frequentare gli
amici, hai piantato a metà un libro già venduto, hai messo la macchina
fotografica nel cassetto e hai smesso anche di parlare con me. Passavi ore a
dondolarti sul portico della cucina, sprofondata nella tua depressione,
piangendo per ore. A un certo punto hai cominciato a rifiutare il cibo. Ho
provato a convincerti ad intraprendere una terapia psicologica, a rivolgerti a
uno specialista, insomma … qualsiasi cosa ti potesse far uscire da quel tunnel
di disperazione, ma non hai voluto sentire ragioni. Sei sempre stata una donna
dolcissima, e in poco tempo ti sei trasformata in un’estranea furibonda. Ti
arrabbiavi per cose insignificanti, ce l’avevi con tutti, hai litigato con metà
paese e alla fine hai cominciato ad avere attacchi di rabbia incontrollata …
rompevi oggetti, tiravi piatti contro il muro, strappavi i fiori… cose così.
Non c’era niente di veramente preoccupante, ma tu ti rifiutavi di essere
aiutata, dicevi di avere bisogno di tempo per superare il dolore, così ti ho
lasciato gestire la perdita come credevi meglio, ho avuto pazienza, ho
aspettato che la situazione migliorasse, che tu tornassi serena…..e in effetti
dopo un po’ di settimane hai cominciato a stare meglio. Abbiamo ricominciato a
vivere in modo quasi normale, e tu hai iniziato ad accarezzare l’idea di avere
un altro bambino.”
“ E
poi ? ”
Cesare
sospirò. “ Poi la situazione è precipitata. Un paio di mesi prima che fosse
passato un anno dall’incidente, hai cominciato a parlare ossessivamente del
bambino che avevamo perduto, continuando a ripetere che la colpa era stata tua.
Parlavi solo di quello e avevi degli incubi terribili che non riuscivi quasi a
raccontare. Poi, un giorno … ” Cesare si nascose il viso tra le mani e cominciò
a piangere, le spalle scosse dai singhiozzi.
“ Cosa
? Un giorno… cosa ? ” bisbigliò Giulia, anche se pensava di aver già indovinato
il resto.
Lui si
sforzò di calmarsi e di proseguire il racconto. “ Una sera…. erano giorni che
non dormivi, avevi crisi di nervi e la tensione era inimmaginabile … una sera
sono tornato a casa e ti ho trovata sdraiata sul letto… sembravi morta… oh Dio,
Giulia ! Non puoi capire cos’ho provato …. avevi ingerito tutto il possibile…
sonniferi, aspirine, antidolorifici … di tutto. Ti hanno fatto una lavanda
gastrica. Hanno detto che se fossi arrivato anche solo un’ora dopo ….” Cesare
ricominciò a piangere.
“
Quindi… ho cercato di togliermi la vita per il senso di colpa ? ”
Lui
annuì. “ E non è tutto. Quando sei tornata a casa, approfittavi di ogni attimo
in cui non riuscivo a controllarti per farti del male…. Avevi il corpo ricoperto
di lividi. Non sapevo più cosa fare. Ho consultato uno psichiatra, ma senza la
tua collaborazione non poteva aiutarti, e tu ti rifiutavi nel modo più assoluto
di ammettere la violenza contro te stessa. Ero disperato, Giulia, disperato …”
“ E
poi ? Poi cos’è successo ? ”
“ Poi
è arrivato il giorno dell’anniversario dell’incidente. Dovevo essere a Roma, ma
sapevo che non potevo lasciarti sola proprio quel giorno. Così, non ti ho detto
niente e sono rientrato a casa quella mattina presto. …eri in camera da letto e
stavi buttando dei vestiti in una borsa. Sembravi impazzita, hai cominciato a
insultarmi. Ho cercato di parlarti, di chiederti cos’era successo, ma tu eri
isterica, gridavi, mi prendevi a pugni, piangevi. Poi hai cominciato a dire che
dovevi andartene, che dovevi farlo per me, perché se no mi avresti rovinato la
vita, mi avresti fatto del male… come avevi già fatto a qualcuno che io amavo.”
“ Ma
perché dicevo cose del genere ? ”
Cesare
rimase in silenzio.
“
Cesare … ”
“
Senti, è già abbastanza difficile così … per oggi fermiamoci a cosa è
successo …del perché parleremo un’altra volta.”
“ No….
cosa vuol dire che ti avrei fatto del male come avevo già fatto a qualcuno che
amavi ? ”
Cesare
si irrigidì. Ricominciò a parlare con voce roca. “ Un paio d’anni fa .. prima
dell’incidente …” si interruppe nuovamente e strinse i pugni. “ avevi fatto
qualche servizio di catering con Cristina….. e avevi preso l’abitudine di
andare ogni giorno a pranzo nel loro ristorante…. per me non c’è mai stato
problema, ma poi ho scoperto che a quell’ora Cristina non c’era e che tu
passavi il tempo cucinando insieme a Paolo … ”
“ E
abbiamo avuto una relazione,” disse Giulia,
“ tu come l’hai scoperto ? ”
“ Lo
sospettavo. Eri strana, non ridevi più, mi guardavi come se avessi paura di me
… non lo sopportavo. Te l’ho chiesto senza tanti giri di parole e tu l’hai
ammesso subito. Sembravi quasi sollevata.”
Scosse la testa. “ Ma di questo preferirei non parlare più.”
“ Ti
ho ferito molto.”
“ Sì,
ma in parte la colpa è stata mia. Tu l’hai fatto per attirare la mia
attenzione, ti sentivi trascurata. Ero spesso in viaggio per lavoro e, in ogni
caso, non ti dedicavo il tempo di cui avevi bisogno. Non avevi alcun interesse
per Paolo, stavi solo cercando di ingelosirmi.”
“ E ci
sono riuscita ?”
“ Se
ci sei riuscita ?” Cesare fece una mezza risata, poi tornò serio. “ Non è
questo il punto. Ho capito, abbiamo capito, che gli impegni e i ritmi di
lavoro ci stavano allontanando. Ma soprattutto ci siamo resi conto di amarci
come il primo giorno. Quel bambino è stato concepito dopo quel momento. Era il
coronamento della nostra felicità, il completamento perfetto del nostro amore.”
“
Quindi, quando ho avuto l’incidente e l’ho perso la mia reazione è stata
influenzata anche dal significato che gli avevamo dato …”
“ Già.
Ha esasperato il tuo dolore e ti ha impedito di accettare la perdita e andare
avanti …”
“ Ma
quella mattina ? Quando sei tornato e io stavo facendo la valigia ? Cos’è successo ? ”
“ Ho
cercato di calmarti, di ragionare con te, ma tu continuavi a colpirmi e a
gridare che mi avevi rovinato la vita. Allora … beh, immagino di essere stato
talmente spaventato dal tuo comportamento da aver perso il controllo per un
attimo … ho cominciato a scuoterti, tu mi graffiavi, poi ho sentito un dolore
atroce al petto e ho visto il sangue…. mi avevi colpito con un paio di forbici
… Dio, quanto sangue… Devo essere svenuto per lo shock, perché non ricordo
altro. Quando mi sono ripreso, tu eri sparita lasciando tutto lì…. chiavi,
documenti, vestiti. Non avevi preso niente. Solo più tardi ho scoperto che
avevi ripulito il nostro conto corrente comune. Circa trentamila euro.”
Giulia
rimase in silenzio per alcuni minuti. “ Perché hai aspettato fino al giorno
dopo per denunciare la mia scomparsa ? E perché non hai raccontato nulla alla
polizia ? ”
“ Ero
sicuro che saresti tornata. Poi, quando la notte è passata senza avere tue
notizie, ho capito che doveva esserti capitato qualcosa. E non ho raccontato
nulla di tutto questo per ovvi motivi … Cosa pensi che sarebbe successo se
avessi detto alla polizia che mi avevi ferito ed eri scappata con i nostri
soldi ? Ti avrebbero denunciata e
cercata come una criminale. Pensi che avrei potuto permettere una cosa del
genere ? Come puoi pensare che ti avrei fatto questo ? Io ti amo, dovevo
proteggerti. Volevo solo che ti ritrovassero, ero sicuro che in qualche modo
avremmo superato insieme anche questo … ” Cesare si interruppe per qualche
istante.
“
Quando mi hanno detto che ti trovavi in ospedale e che non ricordavi chi fossi,
da una parte mi è sembrato di scoppiare di sollievo, dall’altra ho capito che
la situazione era precipitata e che dovevo fare tutto quello che era possibile
per aiutarti. Anche mentendo alla polizia e a tutti i nostri amici.”
“ E le
medicine che mi davi ? ”
Cesare
distolse lo sguardo. “ Dopo l’incidente hai sofferto di una gravissima
depressione e ti hanno prescritto il Paxil. Ne ho parlato con il dottor Zannini
quando ci siamo incontrati in ospedale. Nel momento in cui ci siamo resi conto
che lo Xanax non aveva nessun effetto e, anzi, stavi peggiorando e ricominciavi
ad essere depressa, mi ha consigliato di riprovare con il Paxil.”
Giulia
stava tormentando il bracciolo della poltrona.
“ C’è qualcosa che non mi stai dicendo. Me lo sento. Lo leggo nei tuoi
occhi. Cosa mi nascondi ? ”
“ Ti
ho detto tutto. Tutto quello che è successo.”
“ No,
non è vero. Ne sono assolutamente certa.”
“
Giulia, ti prego. Non è abbastanza ? ”
“
Dimmelo, Cesare.” Giulia stava ricominciando ad agitarsi. “ Non capisci che ho
bisogno di sapere tutto ? Tu hai
detto che mi sono data la colpa dell’incidente. Hai detto che ho fatto di tutto
per punirmi. E che volevo lasciarti per non fare ancora del male a qualcuno che
amavi…. “ Si alzò e si chinò verso di lui. Bisbigliando aggiunse : “ Cosa non
mi hai detto ? Qual’ è la verità che
nascondi ? ”
Cesare
nascose il volto tra le mani. “ Non è stato un incidente.”
A
Giulia cedettero le gambe. Si rese conto di essersi afflosciata a terra. Cesare
era accanto a lei e le sosteneva la testa.
“ Non è stato un incidente .. ? Cosa significa ? Non sono caduta
dalla scalinata ?”
Lui la
strinse tra le braccia e la tenne contro il suo petto. “ Ti sei buttata….. non
volevi più il bambino.”
“ Oh,
Dio mio …. Dio mio…..” gemette Giulia.
“ Ti
prego… non fare così….. torniamo a casa e ricominciamo a vivere … ti prego, mi
manchi tanto….” Cesare aveva ricominciato a piangere, e lei sentiva le sue
lacrime bagnarle il collo.
“ Ma
perché … perché ho fatto una cosa così orribile…. ? ”
“
Giulia, tesoro, è difficile da capire e da spiegare … dopo quello che era
successo con Paolo … avevi paura che il bambino avrebbe preso il tuo posto nel
mio cuore….”
“ Oh,
no … no ! ” urlò Giulia.
“
Adesso basta. .. amore mio, non voglio
perderti.” Cesare strinse ancora più forte il corpo pietrificato di Giulia. “
E’ stata una tragedia, ma fa parte del passato. Se non riuscirai ad accettarlo,
non ci sarà futuro per noi due.”
“ Ho
ucciso il mio bambino …. ho ucciso il … mio ….
bambino ….”
“
Ancora non ricordi niente di quel giorno, vero ?”
Giulia
scosse la testa. “ Il … mio … bambino .. ”
“
Basta, basta …. Noi siamo ancora qui, e siamo insieme. Abbiamo tutta la vita
davanti a noi.”
Giulia
guardò il bel volto di Cesare bagnato di pianto, vide l’amore nei suoi occhi, sentì
la forza del suo abbraccio.
Chiuse
gli occhi e non disse nulla.
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