lunedì 28 gennaio 2013

Capitolo 20


“ Stai lontano da me ! ” urlò, afferrando una penna stilografica dalla scrivania e agitandola in aria.
Cesare parlò con voce esitante e commossa : “ Non mi respingere, ti prego. Voglio solo aiutarti.”
“ Certo ! Vuoi aiutarmi con un’iniezione ? ”
“ No. Sono qui per riportarti a casa. … nella nostra casa.”
“ Scordatelo,” ringhiò Giulia, girando lo sguardo dall’uno all’altro. “ State tutti lontani ! ” urlò ancora brandendo la stilografica come un’arma. Immaginò la prima pagina del Quotidiano del Verbano affissa davanti all’edicola della stazione: SCRITTRICE IMPAZZITA MINACCIA IL PERSONALE DEL PRONTO SOCCORSO DI VERBANIA CON UNA PENNA STILOGRAFICA !
“ Vattene e lasciami in pace.”
“ Non lo posso fare.”
“ Perché ? Perché non puoi ? ”
“ Perché ti amo. E sono preoccupato per te.”
“ Stronzate !”
“ Giulia, ti prego, cerca di non agitarti …”
“ Tu non avvicinarti.”
“ Ti stai rendendo ridicola…. chiedo scusa a tutti,” continuò Cesare rivolgendosi ai due medici e all’infermiera, “ e vi ringrazio per avermi chiamato. Mia moglie,” spiegò girando lo sguardo verso Giulia, “ in questo periodo non sta bene. Soffre di amnesia isterica e di manie di persecuzione. Stamattina non ha preso le sue medicine ed è uscita di casa senza avvisare nessuno ..”
“ Non è vero !” gridò Giulia, “ non mi sta dando le pastiglie che mi hanno prescritto ! Mi sta facendo prendere il Paxil ! Mi ha drogata e rinchiusa in casa. Mi impedisce di comunicare con chiunque. ”
“ Giulia, per favore ….”
“ No ! Adesso mi lasci parlare. Hai mentito a tutti, e ti hanno creduto perché sei il famoso avvocato, il cittadino stimato e rispettabile, mentre io sono considerata una pazza che ha perso la memoria. Ma la verità è un’altra. Anche se non mi ricordo chi sono, so di non essere pazza, anche se stai facendo di tutto per farmi andare fuori di testa. Prima che tu mi riportassi a casa, non stavo così male, anzi, non stavo male  affatto ! Quindi, che cosa mi hai fatto per ridurmi così ? Che medicine mi hai dato ? ”
Prese dalla tasca le pastiglie che aveva mostrato al farmacista e tenendole sul palmo della mano si rivolse ai due medici. “ Forza, ditemi se questo è Xanax ! ”
“ Dove hai preso quelle pastiglie ? Cosa sono ? Chi te le ha date ? ” esclamò Cesare con espressione strabiliata.
Giulia rimase quasi inebetita per lo stupore. “ Cosa stai dicendo ? Stai forse cercando di sostenere che queste non sono le pastiglie che mi stai dando da settimane ? ”
“ Giulia, ti prego. Vieni a casa con me e parliamone con tranquillità.”
“ Rispondi alla domanda ! Stai cercando di far credere che le pastiglie che mi hai dato non sono queste ? ”
“ Assolutamente no. Non le ho mai viste prima.”
“ Sei uno schifoso bugiardo ! ” Guardò disperata i medici. “ Vi prego, credetemi ! Non sta dicendo la verità !”
“ Ma… Giulia,  perché tuo marito dovrebbe  mentire ? ” chiese il medico che l’aveva tradita.
“ Perché non vuole che mi torni la memoria ! E’ successo qualcosa che non vuole che io ricordi, e il modo migliore per esserne sicuro è ridurmi come un vegetale. Così potrà farmi interdire, rinchiudermi da qualche parte e tutti diranno che non poteva fare altrimenti. Penseranno che io sia pazza, e qualsiasi cosa dirò sarà il delirio di una  pazza ! ”
“ Giulia, per carità …. ” la pregò Cesare, “ non ti rendi conto che le cose che dici sembrano le fantasie malate di una squilibrata ? Cosa vuoi che pensi chi ti ascolta ? ”
“ E cos’altro potrei fare ? ” chiese Giulia rivolgendosi al medico, “ come faccio a farvi capire che non sono pazza e che non sto farneticando ? ”
“ Giulia, adesso basta,” insistè Cesare, “ queste persone vorrebbero aiutarti e tu le stai mettendo molto a disagio. Non è meglio se ne parliamo con tranquillità, da soli ? ”
“ No ! Non voglio più parlare con te ! Voglio essere lasciata in pace. Voglio che tu te ne vada.”
“ Questo non posso farlo. Io ti amo.”
Nonostante tutto, Giulia sapeva che in quel momento Cesare non stava mentendo.
“ Perché mi stai facendo questo ? ” gli chiese in tono sommesso.
“ Perché ho giurato a me stesso di proteggerti.”
“ Tu non mi stai proteggendo, mi stai   distruggendo !”
“ Giulia, tesoro….”
“ Che cosa mi stai nascondendo ? Che cosa non vuoi dirmi ? Da cosa devi proteggermi ? ”
“ Giulia, ti prego …”
Che cosa è successo tra noi il giorno in cui sono scomparsa ? ”
L’orrore e lo spavento che vide negli occhi di Cesare le disse che non si era sbagliata. Quel giorno era successo qualcosa. Qualcosa di terribile.
“ Per favore, vieni a casa con me. Ti prometto che parleremo di tutto.”
“ No. Il dizionario parla di perdita del controllo e di  …. atti di violenza contro qualcuno che si ama…… allora, abbiamo avuto una discussione ? Una lite violenta ? ”
“ Non c’è stata nessuna discussione.”
“ Stai mentendo. Sei un bugiardo.”
“ Giulia … ”
“ Se non abbiamo litigato, come ti sei ferito al  petto ? ”
“ Te l’ho già spiegato. Tu non lo ricordi più, ma sono stato aggredito da un cliente …”
“ Non ci credo. E la cicatrice è fresca. Perché non la fai esaminare da questi dottori ?”
“ Avvocato,” intervenne l’infermiera, “ vuole che chiami la polizia ? ”
“ Non chiami nessuno ! ” urlò Giulia.
“ Non è necessario, per adesso, ” rispose Cesare,    “ forse possiamo convincere Giulia ad essere ragionevole.”
“ Io sono pazza, l’hai dimenticato ? ” replicò lei,      “ come pensi di convincere una pazza ad essere ragionevole ? ”
“ Giulia, ti amo… torna a casa con me.”
“ Se mi ami così tanto, perché ho cercato di ucciderti ? ”
Cesare sembrava paralizzato dallo stupore. Tutti gli altri lo fissarono immobili, in un silenzio sbigottito.
“ Non mi rispondi ? Allora è vero. Ho cercato di ucciderti.”
“ No.”
“ No ? Non abbiamo litigato e io ti ho colpito con un oggetto tagliente ? ”
“ No.”
“ Se non è andata così .. ” Giulia esitò un istante, poi prese fiato e continuò “ perché il giorno in cui sono scomparsa la mia camicia era tutta macchiata di sangue ? ”
“ Sangue ? ” esclamarono insieme i due medici e l’infermiera.
Cesare rimase in silenzio.
“ E i lividi che avevo sul corpo ?”
“ Lividi ? Mio Dio ! ” sussurrò l’infermiera.
Cesare continuò a guardarla senza dire una parola.
“ E i soldi ? Avevo trentamila euro in tasca. Dove li ho presi ? Parla, Cesare. Non stai dicendo nulla, ma i tuoi occhi ti tradiscono. E’ chiaro che sai di cosa sto parlando.”
Il silenzio era assordante. Tutti gli occhi erano puntati su Cesare, immobile, i bei lineamenti tesi nell’espressione di un uomo colpito da un fulmine.
“ Perché non ne hai mai parlato prima ? ” chiese a voce bassa.
Giulia scosse la testa. Si sentiva liberata da un peso enorme. Ce l’aveva fatta. Il suo incubo segreto era venuto alla luce. L’aveva detto a voce alta. Quale sarebbe stata la reazione di Cesare ?
“ Vorrei rimanere solo con mia moglie per qualche minuto,” disse rivolgendosi agli altri, “ ho bisogno di parlarle in privato.”
“ Preferirei che rimanessero,” obiettò Giulia, spaventata all’idea di restare sola con Cesare.
“ Come vuoi, ” rispose lui, “ ma sarebbe meglio se quello che devo dirti rimanesse una questione personale. Almeno per adesso. Se poi non sarai d’accordo con me, racconterai tutto a chi vuoi. Anche alla polizia, se credi. Anzi, forse sto sbagliando io, non avrei dovuto proteggerti così a lungo se queste sono le conseguenze del mio tentativo.”
“ Possiamo aspettare qui fuori,” propose uno dei medici rivolgendosi a Giulia. Lei annuì con la testa.
Li guardò uscire e chiudersi la porta alle spalle. Allora arretrò fino a trovarsi dall’altra parte della scrivania.
“ Stammi lontano,” lo avvertì.
“ Perché ? Pensi che voglia farti del male ? ”
“ Non lo so. Può essere. Sei molto abile, e da quello che ricordo sei anche pericoloso. Non mi fido di te. Ieri sera è stata un’ulteriore conferma.”
“ Pensi davvero che io ti abbia messo qualcosa nel succo ? ”
“ Perché, non l’hai fatto ? ”
“ No.”
“ E come spieghi il fatto che all’improvviso ho cominciato a vederci doppio, ad avere la nausea e mi sono trovata per terra ? ”
“ Non è una novità.”
“ Quindi ? ”
“ Quindi tu non stai bene. E ieri hai superato te stessa. Prima hai minacciato Rosa con un forchettone, poi hai sostenuto una conversazione ai confini della realtà con una sconosciuta, l’hai invitata a cena,  ti sei preparata per passare una serata con due persone che non ricordi per nulla, e hai recitato una parte francamente insostenibile. Non credi che sia stato un po’ troppo ? Soprattutto considerando che fisicamente non sei affatto in forma ? ”
No, Giulia non lo credeva. “ Certo che quando devi convincere qualcuno sei davvero bravo.”
“ Forse lo sono perché sto dicendo la verità. Giulia, ti giuro che il tuo aperitivo non l’ho nemmeno toccato.”
Lei si aggrappò con le mani al bordo della scrivania e strinse con tutte le sue forze.
“ Voglio sapere cos’è successo il giorno in cui sono scomparsa. Voglio sapere del sangue. Dei lividi. Dei soldi. Voglio sapere tutto.”
“ Allora è meglio se ti siedi.”
“ Sto bene in piedi.” Non era vero. Aveva bisogno di sedersi, la sua resistenza era veramente arrivata alla fine.
“ Ti aiuto a sederti sulla poltrona.” Cesare si avvicinò e Giulia, spaventata, perse l’equilibrio e cadde sbattendo le ginocchia a terra.  Lui le corse accanto.
“ Stai lontano !” gridò lei.
“ Giulia, per favore ! Voglio solo darti una mano a rialzarti. Cosa pensi che voglia farti ? ”
Lei scivolò verso il muro allontanandosi da Cesare.
Rassegnato, lui sospirò e tornò dalla sua parte della scrivania, si sedette e appoggiò le mani vuote sul tavolo.
“ Guarda, sono seduto lontano e non ho niente che potrebbe farti del male. Cos’altro posso fare per convincerti ? ”
“ Dirmi la verità.”
Cesare rimase in silenzio per qualche istante, la fronte aggrottata, gli occhi fissi sul palmo delle proprie mani. Lei si rialzò faticosamente e si lasciò cadere sulla poltrona del medico.
“ Giulia, ti prego di credermi. Hai ragione, non ti ho detto tutta la verità. Non sono stato… …..completamente sincero. Ma l’ho fatto pensando a te, convinto che fosse il modo migliore per proteggerti e aiutarti a stare meglio. Se solo avessi sospettato che tu ricordavi il sangue, i lividi e i soldi,  le cose sarebbero andate molto diversamente. Dio Santo, ” sospirò scuotendo lentamente la testa, “ ora capisco le tue paranoie e i tuoi sospetti. Adesso capisco perché non ti fidi e hai paura di me.” Si accarezzò distrattamente il petto, passando la mano sulla cicatrice nascosta dalla camicia.
“ Quindi stai dicendo che mi hai mentito ? ”
Lui alzò la testa verso di lei, lo sguardo intenso concentrato sul suo viso.
“ Sì. Non volevo che tu sapessi cos’era successo veramente. Se te l’avessi detto quando sei tornata a casa e non ricordavi nulla, ti avrei fatto solo altro male. Ero convinto che la tua mente avrebbe cominciato a ricordare quando tu fossi stata pronta ad affrontare la realtà. E, soprattutto, non volevo essere io a farti soffrire ancora di più. Volevo solo proteggerti. Avevi patito già tanto ….”
“ Dimmi …”
“ Non è facile, Giulia. Non so neanche da dove cominciare.”
“ E’ … così difficile ? ”
“ Sì. E che tu lo sappia da me mi fa stare ancora peggio…”
Giulia cominciava a sentirsi più spaventata che bramosa di conoscere la verità.  “ Forza… dimmi..”
“ Dobbiamo tornare indietro di oltre un anno,” cominciò Cesare, “ a quando … a quando perdesti il bambino. Eri già al quinto mese di gravidanza.”
Giulia non riusciva quasi a respirare. “ Ho … perso.. il mio bambino ..?”  ripetè ansimando.
“ Il nostro bambino, Giulia. Non pensare che sia facile per me ricordare quel momento terribile. E’ stato un incidente, una disgrazia, chiamala come vuoi. Sei caduta dalla scalinata, in casa. Forse sei inciampata o forse hai avuto un capogiro… questo non è importante. Il punto è che tu non sei riuscita ad accettare la perdita. Ti sei data la colpa di quanto era successo, e hai cominciato a comportarti come se volessi punirti da sola. Non volevi più frequentare gli amici, hai piantato a metà un libro già venduto, hai messo la macchina fotografica nel cassetto e hai smesso anche di parlare con me. Passavi ore a dondolarti sul portico della cucina, sprofondata nella tua depressione, piangendo per ore. A un certo punto hai cominciato a rifiutare il cibo. Ho provato a convincerti ad intraprendere una terapia psicologica, a rivolgerti a uno specialista, insomma … qualsiasi cosa ti potesse far uscire da quel tunnel di disperazione, ma non hai voluto sentire ragioni. Sei sempre stata una donna dolcissima, e in poco tempo ti sei trasformata in un’estranea furibonda. Ti arrabbiavi per cose insignificanti, ce l’avevi con tutti, hai litigato con metà paese e alla fine hai cominciato ad avere attacchi di rabbia incontrollata … rompevi oggetti, tiravi piatti contro il muro, strappavi i fiori… cose così. Non c’era niente di veramente preoccupante, ma tu ti rifiutavi di essere aiutata, dicevi di avere bisogno di tempo per superare il dolore, così ti ho lasciato gestire la perdita come credevi meglio, ho avuto pazienza, ho aspettato che la situazione migliorasse, che tu tornassi serena…..e in effetti dopo un po’ di settimane hai cominciato a stare meglio. Abbiamo ricominciato a vivere in modo quasi normale, e tu hai iniziato ad accarezzare l’idea di avere un altro bambino.”
“ E poi ? ”
Cesare sospirò. “ Poi la situazione è precipitata. Un paio di mesi prima che fosse passato un anno dall’incidente, hai cominciato a parlare ossessivamente del bambino che avevamo perduto, continuando a ripetere che la colpa era stata tua. Parlavi solo di quello e avevi degli incubi terribili che non riuscivi quasi a raccontare. Poi, un giorno … ” Cesare si nascose il viso tra le mani e cominciò a piangere, le spalle scosse dai singhiozzi.
“ Cosa ? Un giorno… cosa ? ” bisbigliò Giulia, anche se pensava di aver già indovinato il resto.
Lui si sforzò di calmarsi e di proseguire il racconto. “ Una sera…. erano giorni che non dormivi, avevi crisi di nervi e la tensione era inimmaginabile … una sera sono tornato a casa e ti ho trovata sdraiata sul letto… sembravi morta… oh Dio, Giulia ! Non puoi capire cos’ho provato …. avevi ingerito tutto il possibile… sonniferi, aspirine, antidolorifici … di tutto. Ti hanno fatto una lavanda gastrica. Hanno detto che se fossi arrivato anche solo un’ora dopo ….” Cesare ricominciò a piangere.
“ Quindi… ho cercato di togliermi la vita per il senso di colpa ? ”
Lui annuì. “ E non è tutto. Quando sei tornata a casa, approfittavi di ogni attimo in cui non riuscivo a controllarti per farti del male…. Avevi il corpo ricoperto di lividi. Non sapevo più cosa fare. Ho consultato uno psichiatra, ma senza la tua collaborazione non poteva aiutarti, e tu ti rifiutavi nel modo più assoluto di ammettere la violenza contro te stessa. Ero disperato, Giulia, disperato …”
“ E poi ? Poi cos’è successo ? ”
“ Poi è arrivato il giorno dell’anniversario dell’incidente. Dovevo essere a Roma, ma sapevo che non potevo lasciarti sola proprio quel giorno. Così, non ti ho detto niente e sono rientrato a casa quella mattina presto. …eri in camera da letto e stavi buttando dei vestiti in una borsa. Sembravi impazzita, hai cominciato a insultarmi. Ho cercato di parlarti, di chiederti cos’era successo, ma tu eri isterica, gridavi, mi prendevi a pugni, piangevi. Poi hai cominciato a dire che dovevi andartene, che dovevi farlo per me, perché se no mi avresti rovinato la vita, mi avresti fatto del male… come avevi già fatto a qualcuno che io amavo.”
“ Ma perché dicevo cose del genere ? ”
Cesare rimase in silenzio.
“ Cesare … ”
“ Senti, è già abbastanza difficile così … per oggi fermiamoci a cosa è successo …del perché parleremo un’altra volta.”
“ No…. cosa vuol dire che ti avrei fatto del male come avevo già fatto a qualcuno che amavi ? ”
Cesare si irrigidì. Ricominciò a parlare con voce roca. “ Un paio d’anni fa .. prima dell’incidente …” si interruppe nuovamente e strinse i pugni. “ avevi fatto qualche servizio di catering con Cristina….. e avevi preso l’abitudine di andare ogni giorno a pranzo nel loro ristorante…. per me non c’è mai stato problema, ma poi ho scoperto che a quell’ora Cristina non c’era e che tu passavi il tempo cucinando insieme a Paolo … ”
“ E abbiamo avuto una relazione,” disse Giulia,      “ tu come l’hai scoperto ? ”
“ Lo sospettavo. Eri strana, non ridevi più, mi guardavi come se avessi paura di me … non lo sopportavo. Te l’ho chiesto senza tanti giri di parole e tu l’hai ammesso subito. Sembravi quasi sollevata.”  Scosse la testa. “ Ma di questo preferirei non parlare più.”
“ Ti ho ferito molto.”
“ Sì, ma in parte la colpa è stata mia. Tu l’hai fatto per attirare la mia attenzione, ti sentivi trascurata. Ero spesso in viaggio per lavoro e, in ogni caso, non ti dedicavo il tempo di cui avevi bisogno. Non avevi alcun interesse per Paolo, stavi solo cercando di ingelosirmi.”
“ E ci sono riuscita ?”
“ Se ci sei riuscita ?” Cesare fece una mezza risata, poi tornò serio. “ Non è questo il punto. Ho capito, abbiamo capito, che gli impegni e i ritmi di lavoro ci stavano allontanando. Ma soprattutto ci siamo resi conto di amarci come il primo giorno. Quel bambino è stato concepito dopo quel momento. Era il coronamento della nostra felicità, il completamento perfetto del nostro amore.”
“ Quindi, quando ho avuto l’incidente e l’ho perso la mia reazione è stata influenzata anche dal significato che gli avevamo dato …”
“ Già. Ha esasperato il tuo dolore e ti ha impedito di accettare la perdita e andare avanti …”
“ Ma quella mattina ? Quando sei tornato e io stavo facendo la valigia ? Cos’è  successo ? ”
“ Ho cercato di calmarti, di ragionare con te, ma tu continuavi a colpirmi e a gridare che mi avevi rovinato la vita. Allora … beh, immagino di essere stato talmente spaventato dal tuo comportamento da aver perso il controllo per un attimo … ho cominciato a scuoterti, tu mi graffiavi, poi ho sentito un dolore atroce al petto e ho visto il sangue…. mi avevi colpito con un paio di forbici … Dio, quanto sangue… Devo essere svenuto per lo shock, perché non ricordo altro. Quando mi sono ripreso, tu eri sparita lasciando tutto lì…. chiavi, documenti, vestiti. Non avevi preso niente. Solo più tardi ho scoperto che avevi ripulito il nostro conto corrente comune. Circa trentamila euro.”
Giulia rimase in silenzio per alcuni minuti. “ Perché hai aspettato fino al giorno dopo per denunciare la mia scomparsa ? E perché non hai raccontato nulla alla polizia ? ”
“ Ero sicuro che saresti tornata. Poi, quando la notte è passata senza avere tue notizie, ho capito che doveva esserti capitato qualcosa. E non ho raccontato nulla di tutto questo per ovvi motivi … Cosa pensi che sarebbe successo se avessi detto alla polizia che mi avevi ferito ed eri scappata con i nostri soldi ?  Ti avrebbero denunciata e cercata come una criminale. Pensi che avrei potuto permettere una cosa del genere ? Come puoi pensare che ti avrei fatto questo ? Io ti amo, dovevo proteggerti. Volevo solo che ti ritrovassero, ero sicuro che in qualche modo avremmo superato insieme anche questo … ” Cesare si interruppe per qualche istante.
“ Quando mi hanno detto che ti trovavi in ospedale e che non ricordavi chi fossi, da una parte mi è sembrato di scoppiare di sollievo, dall’altra ho capito che la situazione era precipitata e che dovevo fare tutto quello che era possibile per aiutarti. Anche mentendo alla polizia e a tutti i nostri amici.”
“ E le medicine che mi davi ? ”
Cesare distolse lo sguardo. “ Dopo l’incidente hai sofferto di una gravissima depressione e ti hanno prescritto il Paxil. Ne ho parlato con il dottor Zannini quando ci siamo incontrati in ospedale. Nel momento in cui ci siamo resi conto che lo Xanax non aveva nessun effetto e, anzi, stavi peggiorando e ricominciavi ad essere depressa, mi ha consigliato di riprovare con il Paxil.”
Giulia stava tormentando il bracciolo della poltrona.  “ C’è qualcosa che non mi stai dicendo. Me lo sento. Lo leggo nei tuoi occhi. Cosa mi nascondi ? ”
“ Ti ho detto tutto. Tutto quello che è successo.”
“ No, non è vero. Ne sono assolutamente certa.”
“ Giulia, ti prego. Non è abbastanza ? ”
“ Dimmelo, Cesare.” Giulia stava ricominciando ad agitarsi. “ Non capisci che ho bisogno di sapere tutto ?  Tu hai detto che mi sono data la colpa dell’incidente. Hai detto che ho fatto di tutto per punirmi. E che volevo lasciarti per non fare ancora del male a qualcuno che amavi…. “ Si alzò e si chinò verso di lui. Bisbigliando aggiunse : “ Cosa non mi hai detto ? Qual’ è la verità che       nascondi ? ”
Cesare nascose il volto tra le mani. “ Non è stato un incidente.”
A Giulia cedettero le gambe. Si rese conto di essersi afflosciata a terra. Cesare era accanto a lei e le sosteneva la testa.  “ Non è stato un incidente .. ? Cosa significa ? Non sono caduta dalla  scalinata ?”
Lui la strinse tra le braccia e la tenne contro il suo petto. “ Ti sei buttata….. non volevi più il bambino.”
“ Oh, Dio mio …. Dio mio…..” gemette Giulia.
“ Ti prego… non fare così….. torniamo a casa e ricominciamo a vivere … ti prego, mi manchi tanto….” Cesare aveva ricominciato a piangere, e lei sentiva le sue lacrime bagnarle il collo.
“ Ma perché … perché ho fatto una cosa così orribile…. ? ”
“ Giulia, tesoro, è difficile da capire e da spiegare … dopo quello che era successo con Paolo … avevi paura che il bambino avrebbe preso il tuo posto nel mio cuore….”
“ Oh, no … no ! ” urlò Giulia.
“ Adesso basta. .. amore mio,  non voglio perderti.” Cesare strinse ancora più forte il corpo pietrificato di Giulia. “ E’ stata una tragedia, ma fa parte del passato. Se non riuscirai ad accettarlo, non ci sarà futuro per noi due.”
“ Ho ucciso il mio bambino …. ho ucciso il … mio ….  bambino ….”
“ Ancora non ricordi niente di quel giorno, vero ?”
Giulia scosse la testa. “ Il … mio … bambino .. ”
“ Basta, basta …. Noi siamo ancora qui, e siamo insieme. Abbiamo tutta la vita davanti a noi.”
Giulia guardò il bel volto di Cesare bagnato di pianto, vide l’amore nei suoi occhi, sentì la forza del suo abbraccio.
Chiuse gli occhi e non disse nulla.

Nessun commento:

Posta un commento