lunedì 21 gennaio 2013

Capitolo 13


Sognò di trovarsi in un deserto e di lottare con un leone dal quale cercava di difendersi con uno zainetto di tela. Era completamente bagnata di sudore. Sentiva dolore al braccio e non riusciva ad aprire gli occhi. Quando finalmente ci riuscì, la stanza cominciò a girarle intorno.
Stai calma, si disse, sentendo il panico aggredirla. E’ tutto a posto. Sei a casa, al sicuro. A casa con Cesare. Penserà lui a te.
Come hai potuto tradirlo ?
“ Mio Dio,” gemette piano, “che cos’ho fatto … ”  Eppure, anche se ho perso la memoria, sono sicura che non avrei mai potuto tradire mio marito.        Ma pensa, e da dove ti viene questa ferrea    convinzione ? Decisamente, la tua mente perde colpi ad una velocità vertiginosa. Ma se non ho tradito Cesare, allora Cristina ha mentito. E perché avrebbe dovuto mentire ?
La testa le girava anche appoggiata al cuscino e con gli occhi chiusi. La rabbia di Cristina era assolutamente sincera. Nella sua voce aveva sentito sofferenza vera, quindi era convinta di tutto quello di cui l’aveva accusata. Ma a questo punto Giulia doveva anche ammettere che non poteva affermare di conoscerla davvero. Era stata proprio Cristina a dire che le persone non si conoscono mai veramente. Però, qualcosa mi dice che Cristina mi ritiene realmente colpevole di una relazione con suo marito. Eppure, quando era venuta a trovarla, sia la prima che la seconda volta, era stata affettuosa e palesemente felice di vederla. Non aveva mostrato nessun segno di risentimento o di ostilità. Quindi, fino a quel momento non era a conoscenza del tradimento. Forse era stato Paolo a confessarlo alla moglie, incapace di sopportare il rimorso e magari pentito, o forse Cristina l’aveva saputo da qualcun altro. Ma da chi ?
La risposta era già nella sua mente. Cristina le aveva detto che Cesare era a conoscenza della relazione e le aveva fatto promettere di non parlarne con lei, almeno fino a quando non fosse stata meglio. Era abbastanza facile concludere che Cristina avesse saputo del tradimento proprio da Cesare.
“ Oh Dio,” gemette Giulia cercando di muoversi e rinunciando immediatamente per il dolore al braccio, ma perché Cesare aveva rivelato a Cristina un fatto tanto grave, ben sapendo che le conseguenze sarebbero state serie ? Forse non riusciva più a tenere nascosta una verità così angosciante. O forse aveva cercato conforto nell’altra parte tradita. Oppure aveva voluto interrompere il rapporto tra le due amiche. Forse la rivelazione era stata programmata e intenzionale. Perché ? Perché Cristina avrebbe dovuto rappresentare un pericolo per Cesare, in quale modo avrebbe potuto danneggiarlo ? E se davvero Cesare aveva riferito a Cristina di questa ipotetica relazione, c’era comunque la possibilità che avesse mentito. Giulia aveva già dubbi su tante cose, soprattutto sulla ferita al petto. Come distinguere la verità dalle bugie ?
Aveva paura. Era possibile che Cesare, Cristina e anche Rosa fossero tutti parte di una congiura contro di lei. Ah, fantastico, pensò sentendosi molto stupida, una cospirazione segreta. Potrei parlarne con il commissario Montalbano o con Lucarelli.
Forse la verità era proprio davanti ai suoi occhi: lei era completamente pazza.
Il braccio le faceva molto male. Non poteva essere stata un’unica iniezione a provocare quel livido bluastro. Quante altre punture le avevano fatto ? E di cosa ? Quanto tempo era passato ?
Si alzò dal letto cercando di non vomitare sul pavimento. Con grande fatica, appoggiandosi alla parete, arrivò alla porta della camera. Era aperta, e dalla cucina si sentiva arrivare la voce di Rosa. Probabilmente stava parlando al telefono. Sempre tenendosi in piedi con l’aiuto della parete arrivò alla camera degli ospiti, attraversando il corridoio con lo stesso spirito con cui Davide doveva aver affrontato Golia.
La sua mano sollevò istintivamente la cornetta del telefono e la portò all’orecchio.
“ …….. che tutta la posta andava consegnata allo studio dell’avvocato. La richiesta era già stata fatta almeno tre settimane fa.”
“ Capisco, ma ci sono dei tempi tecnici …”
“ Guardi, l’avvocato Panti è molto contrariato. Il servizio è già stato pagato. Nessuna corrispondenza per Villa delle Magnolie deve essere consegnata a questo indirizzo ma a Verbania.”
Giulia rimise il ricevitore a posto silenziosamente. Così, Cesare faceva arrivare la posta allo studio. In ogni caso era probabile che Rosa avrebbe intercettato qualsiasi corrispondenza fosse arrivata per lei. La stavano isolando dal mondo.                Ma perché ? Il cuore le batteva furiosamente, aveva paura di svenire. Seduta alla piccola scrivania, guardò l’armadio di fronte a lei ricordandosi improvvisamente di quando aveva trovato lo zainetto. Aprì l’anta. Naturalmente, lo zainetto con i suoi documenti e le chiavi non c’era più. Solo tute da jogging, vecchi jeans e scarpe da ginnastica perfettamente in ordine. Ma lo zainetto era esistito davvero ? Possibile che l’avesse solo immaginato ?
Possibile che Cesare le avesse sempre mentito  ?
Sentì i passi pesanti di Rosa nell’atrio. Tornò nella sua camera e si rimise a letto, un attimo prima che anche la donna entrasse a controllarla. Giulia fingeva di dormire. Vattene, vattene, pregava mentalmente, lasciami in pace. Sentì la mano di Rosa sollevare il lenzuolo per prenderle il braccio e l’odore dell’alcol. Prima ancora che potesse dire qualcosa il liquido contenuto nella siringa era in circolo. “ No…” gemette piano.
“ Stia tranquilla, Giulia. L’aiuterà a riposare.”
“ Non…voglio ….dormire ….,” ma le sue palpebre si erano già richiuse e Giulia era caduta in un sonno profondo.

Partirono per la luna di miele il giorno dopo il matrimonio. Si imbarcarono sul  volo notturno della South African Airways per Johannesburg. Cesare aveva prenotato due posti in  First Class.
Giulia aveva sempre sognato l’Africa, e ora Cesare stava realizzando il suo desiderio.
Una volta, lei aveva letto qualcosa che non aveva mai dimenticato: un vecchio saggio del diciassettesimo secolo, sir Thomas Brown, aveva scritto che” le meravigliose scoperte che facciamo nel mondo esterno diventano per sempre parte di noi”.  Anche Giulia lo pensava. Era sempre stata convinta che viaggiare significasse ritrovare se stessi nel processo di scoperta di altri luoghi, come se qualcosa che si è addormentato o che sta semplicemente sognando si risvegliasse, come se il mondo esterno fosse stato creato per rimandarci l’immagine della nostra anima.
Atterrarono a Johannesburg alle otto del mattino, e usciti dall’aeroporto lei si trovò sotto un cielo dell’azzurro più intenso mai immaginato. Sentì una sensazione strana, come se lei appartenesse a quel luogo e stesse tornando a casa.

Tutto era stato organizzato per essere un viaggio indimenticabile.
Visitarono il Kruger Park e navigando sul fiume Olifants osservarono gli elefanti mangiare le   foglie del loro albero prediletto, il mopane. Soggiornarono una settimana in un esclusivo Bush Lodge, sulle rive del Limpopo, dove enormi e maestosi baobab torreggiavano al di sopra di tutti gli altri alberi.
Proseguirono poi sulla Garden Route per visitare il Tsitsikamma Park, viaggiando tra le foreste sempreverdi tra un tripudio di cascate, orchidee selvatiche e gigli. Facevano colazione sulle piccole spiagge dei bacini di marea, ricchi di anemoni e ricci di mare. Videro anche il passaggio delle balene e dei delfini.
E facevano l’amore. Il loro desiderio reciproco andava oltre la semplice attrazione fisica.
Giulia era stupita per l’intensità della loro passione. Pensava che dopo aver fatto l’amore qualche volta, la passione sarebbe diminuita. Prima di Cesare non aveva avuto grandi esperienze con gli uomini. Invece, il loro desiderio era sempre più intenso.
Lei non riusciva a smettere di toccarlo, di abbracciarlo, di accoccolarsi tra le sue braccia.
Cesare la copriva di complimenti e di dichiarazioni d’amore, le scriveva bigliettini dolci pieni di poesia. Facevano l’amore tre o quattro volte per notte, nonostante la stanchezza del viaggio e le lunghe ore in fuoristrada sulle strade sterrate dei parchi.
Dopo due settimane arrivarono a Cape Town, un gioiello di azzurro e nuvole. Cesare aveva prenotato dodici notti al “The Mount Nelson Hotel”, il miglior albergo della città.
Giulia disfò i bagagli in una suite da undicimila Rand a notte.

Da Cape Town organizzarono decine di escursioni fantastiche. Salirono sulla Table Mountain in funivia e passarono una giornata d’incanto: ovunque guardassero, il panorama era mozzafiato.
Nuotarono a Clifton, cavalcarono gli struzzi a Oudtshoorn, entrarono nelle caverne Cango e visitarono i Kirstenbosch Gardens, un grande regno floreale che sembrava uscito da un libro di fiabe. Passarono due giorni nella Regione dei Laghi lungo la Garden Route, e provarono l’emozione di viaggiare sul treno a vapore attraverso gallerie e lungo laghi punteggiati di uccelli coloratissimi. Si sbronzarono nella tenuta vinicola di Groot Constantia e fecero l’amore in macchina lungo la Chapman’s Peak.
Tutte le sere andavano alla scoperta dei locali e dei ristorantini più tipici. La felicità di Giulia era completa. Rimase impressionata dalla tradizione culinaria dai sapori insoliti. Assaggiarono i vermi mopani, le termiti fritte, le larve di scarabeo tostate, le noci marula e Giulia scoprì il mondo delle spezie: peperoncini rossi, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, coriandolo tritato, cumino, trito al curry con brinjals. Prese freneticamente appunti. Le era venuta voglia di dedicare il suo prossimo libro alla cucina e ai vini sudafricani. Passò lunghe ore a discutere con gli chef dell’albergo di pesce masala speziato e di salse dolci a base di pesche e albicocche secche.
Era tutto incredibilmente eccitante.

Avevano deciso di dedicare l’ultimo giorno allo shopping. Si avventurarono al Victoria and Albert Waterfront, famoso per i suoi mercatini di arte e artigianato e altri negozietti specializzati in oggetti rari e ricercati. Cesare aveva visto qualcosa nella vetrina di un negozio di abbigliamento da safari, mentre Giulia era interessata ad alcune deliziose statuine esposte in una bancarella poco lontana.
“ Vai pure a guardare la bancarella e compra tutto quello che ti piace” aveva proposto Cesare,“ io farò un giro nel negozio di abbigliamento. Ci troviamo davanti al chiosco di frutta.”
Così, si erano separati. Giulia aveva fatto i suoi acquisti e si era diretta al chiosco per aspettarlo.
Dopo qualche minuto di attesa, era andata a cercarlo nel negozio ma non l’aveva trovato. Evidentemente si stavano rincorrendo. Era tornata indietro e aveva atteso ancora. Le strade erano piene di turisti, era impossibile riuscire a distinguere qualcuno tra tutte quelle persone.
Aveva cominciato a sentirsi un po’ ansiosa, ma pensò che era ridicolo. Arriverà qui, al luogo dell’appuntamento, pensò, forse ha visto qualcos’altro e ha perso la nozione del tempo. Dopo due ore aveva capito che non aveva molto senso rimanere ad aspettarlo ancora davanti al chiosco. Così, decise che la cosa più sensata da fare era trovare un taxi e tornare in albergo, dove sicuramente Cesare la stava aspettando con una bibita in mano. In effetti, quando Giulia scese dal taxi davanti all’atrio Cesare era lì.
Giulia gli aveva sorriso sollevata.
“ Ma dove eri finito ? Ti ho aspettato per due      ore !” esclamò lei ridendo.
“ Dov’ero finito io ? Non credo proprio. E non ci trovo niente da ridere. Andiamo in camera, ti voglio parlare,” rispose Cesare freddo.
Giulia era rimasta sconcertata da quell’atteggiamento incollerito.
Aveva proseguito cercando di mantenere un tono allegro: “ Probabilmente ci siamo girati intorno senza mai trovarci. Che scemi, vero ?”
“ Parla per te.” Cesare aveva chiuso la porta della camera sbattendola. “ Se non fossi arrivata entro due minuti, avrei chiamato la polizia.”
“ La polizia ? Ma cosa ti è saltato in mente ? Per fortuna sono arrivata in tempo.”
“ Ti avevo detto molto chiaramente di aspettarmi davanti al chiosco di frutta e tu non l’hai fatto.”
Giulia si era sentita attaccata ingiustamente:“ Ti sono venuta incontro. Cosa mai avrò fatto di così sbagliato ?”
“ Datti una risposta pensando a quello che è successo dopo. Non sei affidabile. Ti si dice di fare una cosa e tu ne fai un’altra.”
Lei si era arrabbiata. “ Oh, facciamola finita. Stai ingigantendo una sciocchezza in un dramma,” aveva replicato.
Cesare la guardò in silenzio. E lei si rese conto che era furibondo. Non era solo arrabbiato, era fuori di sé dalla rabbia.
“ Non ci posso credere !” aveva detto quando lui l’aveva afferrata, le aveva stretto le mani intorno alle braccia e l’aveva scossa con violenza.
“ Lasciami !” aveva urlato Giulia “ Lasciami andare subito ! Mi stai facendo male !”
Lui l’aveva stretta ancora più forte e l’aveva buttata sul divano. Giulia aveva cominciato a piangere.
“ Mi hai fatto male.”
La collera di Cesare era scomparsa all’istante. L’aveva aiutata a rialzarsi e l’aveva abbracciata.
“ Scusami, amore. Scusami, scusami, non volevo farti male. Ma ero fuori di me dalla paura. Pensavo che ti fosse successo qualcosa di brutto. Che ti avessero aggredita, o violentata, o rapita o chissà che altro. Questa non è una città in cui una donna sola e straniera possa andare in giro da sola.”  Le aveva baciato il viso e asciugato le lacrime. “ Ero terrorizzato. Non capisci ?”
Aveva continuato a baciarla e ad accarezzarle le braccia. “ Non posso pensare che ti possa succedere qualcosa di brutto. Ho avuto paura, perdonami. Ti amo tanto.”
Lei lo aveva abbracciato. “ Va bene, amore. Va tutto bene. Ti amo tanto anch’io. E’ stato solo un malinteso. Non è successo niente.”
Così, l’ultima sera della luna di miele era stata meravigliosa come tutto il resto del viaggio.
A parte i lividi sulle braccia di Giulia.

Due giorni dopo erano tornati in Italia. Giulia voleva fermarsi qualche ora a Milano per incontrare Luca. Dovevano definire gli ultimi dettagli del suo contratto e lei non vedeva l’ora di parlargli del suo nuovo progetto editoriale sulle tradizioni culinarie del Sudafrica.
Nel frattempo, Cesare avrebbe incontrato un cliente, poi sarebbe passato a prenderla alla casa editrice e sarebbero tornati a casa insieme.
Mentre parlavano e discutevano animatamente del suo futuro professionale, Giulia si era arrotolata le maniche della camicia senza pensare ai lividi che aveva sulla pelle.
“ E questi cosa sono ?” aveva chiesto Luca guardandole le braccia con aria sbigottita.
“ Oh… questi. Non lo so. Non mi ricordo come me li sono fatti.”
Luca l’aveva fissata con aria seria. “ Stronzate. Hai lividi identici su entrambe le braccia. Te li ha fatti qualcuno. Cosa ti è successo ?”
Giulia era rimasta in silenzio.
“ E’ stato Cesare, vero ? Dimmelo, o quando torna a prenderti lo chiederò a lui.”
“ No, per favore. Non ti immischiare. Non è successo niente. Non l’ha fatto apposta, era solo molto spaventato. Ho fatto una cosa molto stupida.” Giulia gli raccontò del pomeriggio nel mercatino di Cape Town.
“ Davvero, è stata colpa mia. Lui mi aveva detto di aspettarlo davanti al chiosco, e io invece ho fatto di testa mia. Quando non mi ha trovata si è spaventato da morire. Sono stata veramente una stupida.”
“ Questo non ha niente a che fare con i lividi. Credi che io e la mia compagna non litighiamo  mai ? Arrabbiarsi è normale. Ma non le metterei mai le mani addosso. Questo non è normale. Forse è il caso che io scambi due parole con lui.”
“ No, non lo farai. Cesare è mio marito. E questa cosa non ti riguarda. Ti prego, non rendermi la vita complicata. Io lo amo e lui ama me. Non dare troppa importanza a questo incidente.”
“ Non credo che sia solo un incidente. Credo che sia qualcosa di molto più grave.”
“ In ogni caso, non puoi metterti tra me e Cesare. Non sono affari tuoi.”
Luca aveva sospirato.“ Forse hai avuto troppa fretta… l’hai sposato senza praticamente conoscerlo… non vorrei che fosse stato un errore.”
“ Ma cosa stai dicendo ? Se ti piaceva tanto !”
“ Beh, oggi mi piace molto meno, tanto per essere chiari.”
Giulia cominciava ad essere esasperata. Ne avevano discusso anche troppo.
“ Luca, finiamola qui. E non preoccuparti per me. Stai dando un’importanza esagerata a un piccolo incidente successo una volta sola ! Ok, non doveva succedere, ma ormai è passato. Me lo sono già dimenticato, quindi smettiamo di parlarne. Va  bene ? Lo prometti ?”


Luca le aveva sorriso: “ Ok. Visto che ci tieni tanto. Lasciamo stare. Forza, rimettiamoci al lavoro.”
Non ne avevano più parlato e si erano dedicati per tutto il pomeriggio alle nuove idee editoriali di Giulia.

Si risvegliò piangendo, il sogno ancora vivido e presente. No, non era un sogno, urlò dentro di sé, questo era un ricordo.
Questo è successo veramente.
E c’è solo un modo per esserne sicura. Luca. Devo trovare Luca. Ma come, come posso fare ? Lo zainetto è scomparso, e la rubrica degli indirizzi era lì dentro. Poi, improvvisa, l’intuizione arrivò. I suoi libri ! Lui era il suo editore, le aveva pubblicato i manuali di ricette ! Ecco come avrebbe trovato l’unica persona che in quel momento poteva aiutarla. 

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