Sognò
di trovarsi in un deserto e di lottare con un leone dal quale cercava di
difendersi con uno zainetto di tela. Era completamente bagnata di sudore.
Sentiva dolore al braccio e non riusciva ad aprire gli occhi. Quando finalmente
ci riuscì, la stanza cominciò a girarle intorno.
Stai calma, si disse, sentendo il
panico aggredirla. E’ tutto a posto. Sei a casa, al sicuro. A casa con Cesare.
Penserà lui a te.
Come hai potuto tradirlo ?
“ Mio Dio,” gemette piano, “che
cos’ho fatto … ” Eppure, anche se ho
perso la memoria, sono sicura che non avrei mai potuto tradire mio marito. Ma pensa, e da dove ti viene questa
ferrea convinzione ? Decisamente, la
tua mente perde colpi ad una velocità vertiginosa. Ma se non ho tradito Cesare,
allora Cristina ha mentito. E perché avrebbe dovuto mentire ?
La testa le girava anche
appoggiata al cuscino e con gli occhi chiusi. La rabbia di Cristina era
assolutamente sincera. Nella sua voce aveva sentito sofferenza vera, quindi era
convinta di tutto quello di cui l’aveva accusata. Ma a questo punto Giulia
doveva anche ammettere che non poteva affermare di conoscerla davvero. Era
stata proprio Cristina a dire che le persone non si conoscono mai veramente.
Però, qualcosa mi dice che Cristina mi ritiene realmente colpevole di una
relazione con suo marito. Eppure, quando era venuta a trovarla, sia la prima
che la seconda volta, era stata affettuosa e palesemente felice di vederla. Non
aveva mostrato nessun segno di risentimento o di ostilità. Quindi, fino a quel
momento non era a conoscenza del tradimento. Forse era stato Paolo a
confessarlo alla moglie, incapace di sopportare il rimorso e magari pentito, o
forse Cristina l’aveva saputo da qualcun altro. Ma da chi ?
La risposta era già nella sua
mente. Cristina le aveva detto che Cesare era a conoscenza della relazione e le
aveva fatto promettere di non parlarne con lei, almeno fino a quando non fosse
stata meglio. Era abbastanza facile concludere che Cristina avesse saputo del
tradimento proprio da Cesare.
“ Oh Dio,” gemette Giulia
cercando di muoversi e rinunciando immediatamente per il dolore al braccio, ma
perché Cesare aveva rivelato a Cristina un fatto tanto grave, ben sapendo che
le conseguenze sarebbero state serie ? Forse non riusciva più a tenere nascosta
una verità così angosciante. O forse aveva cercato conforto nell’altra parte
tradita. Oppure aveva voluto interrompere il rapporto tra le due amiche. Forse
la rivelazione era stata programmata e intenzionale. Perché ? Perché Cristina avrebbe
dovuto rappresentare un pericolo per Cesare, in quale modo avrebbe potuto
danneggiarlo ? E se davvero Cesare aveva riferito a Cristina di questa
ipotetica relazione, c’era comunque la possibilità che avesse mentito. Giulia
aveva già dubbi su tante cose, soprattutto sulla ferita al petto. Come
distinguere la verità dalle bugie ?
Aveva paura. Era possibile che
Cesare, Cristina e anche Rosa fossero tutti parte di una congiura contro di
lei. Ah, fantastico, pensò sentendosi molto stupida, una cospirazione segreta.
Potrei parlarne con il commissario Montalbano o con Lucarelli.
Forse la verità era proprio
davanti ai suoi occhi: lei era completamente pazza.
Il braccio le faceva molto male.
Non poteva essere stata un’unica iniezione a provocare quel livido bluastro.
Quante altre punture le avevano fatto ? E di cosa ? Quanto tempo era passato ?
Si alzò dal letto cercando di non
vomitare sul pavimento. Con grande fatica, appoggiandosi alla parete, arrivò
alla porta della camera. Era aperta, e dalla cucina si sentiva arrivare la voce
di Rosa. Probabilmente stava parlando al telefono. Sempre tenendosi in piedi
con l’aiuto della parete arrivò alla camera degli ospiti, attraversando il
corridoio con lo stesso spirito con cui Davide doveva aver affrontato Golia.
La sua mano sollevò
istintivamente la cornetta del telefono e la portò all’orecchio.
“ …….. che tutta la posta andava
consegnata allo studio dell’avvocato. La richiesta era già stata fatta almeno
tre settimane fa.”
“ Capisco, ma ci sono dei tempi
tecnici …”
“ Guardi, l’avvocato Panti è
molto contrariato. Il servizio è già stato pagato. Nessuna corrispondenza per
Villa delle Magnolie deve essere consegnata a questo indirizzo ma a Verbania.”
Giulia rimise il ricevitore a
posto silenziosamente. Così, Cesare faceva arrivare la posta allo studio. In
ogni caso era probabile che Rosa avrebbe intercettato qualsiasi corrispondenza
fosse arrivata per lei. La stavano isolando dal mondo. Ma perché ? Il cuore le batteva
furiosamente, aveva paura di svenire. Seduta alla piccola scrivania, guardò
l’armadio di fronte a lei ricordandosi improvvisamente di quando aveva trovato
lo zainetto. Aprì l’anta. Naturalmente, lo zainetto con i suoi documenti e le
chiavi non c’era più. Solo tute da jogging, vecchi jeans e scarpe da ginnastica
perfettamente in ordine. Ma lo zainetto era esistito davvero ? Possibile che
l’avesse solo immaginato ?
Possibile che Cesare le avesse
sempre mentito ?
Sentì i passi pesanti di Rosa
nell’atrio. Tornò nella sua camera e si rimise a letto, un attimo prima che
anche la donna entrasse a controllarla. Giulia fingeva di dormire. Vattene,
vattene, pregava mentalmente, lasciami in pace. Sentì la mano di Rosa sollevare
il lenzuolo per prenderle il braccio e l’odore dell’alcol. Prima ancora che potesse
dire qualcosa il liquido contenuto nella siringa era in circolo. “ No…” gemette
piano.
“ Stia tranquilla, Giulia.
L’aiuterà a riposare.”
“ Non…voglio ….dormire ….,” ma le
sue palpebre si erano già richiuse e Giulia era caduta in un sonno profondo.
Partirono
per la luna di miele il giorno dopo il matrimonio. Si imbarcarono sul volo notturno della South African Airways per
Johannesburg. Cesare aveva prenotato due posti in First Class.
Giulia
aveva sempre sognato l’Africa, e ora Cesare stava realizzando il suo desiderio.
Una
volta, lei aveva letto qualcosa che non aveva mai dimenticato: un vecchio
saggio del diciassettesimo secolo, sir Thomas Brown, aveva scritto che” le
meravigliose scoperte che facciamo nel mondo esterno diventano per sempre parte
di noi”. Anche Giulia lo pensava. Era
sempre stata convinta che viaggiare significasse ritrovare se stessi nel
processo di scoperta di altri luoghi, come se qualcosa che si è addormentato o che
sta semplicemente sognando si risvegliasse, come se il mondo esterno fosse
stato creato per rimandarci l’immagine della nostra anima.
Atterrarono
a Johannesburg alle otto del mattino, e usciti dall’aeroporto lei si trovò
sotto un cielo dell’azzurro più intenso mai immaginato. Sentì una sensazione
strana, come se lei appartenesse a quel luogo e stesse tornando a casa.
Tutto
era stato organizzato per essere un viaggio indimenticabile.
Visitarono
il Kruger Park e navigando sul fiume Olifants osservarono gli elefanti mangiare
le foglie del loro albero prediletto,
il mopane. Soggiornarono una settimana in un esclusivo Bush Lodge, sulle rive
del Limpopo, dove enormi e maestosi baobab torreggiavano al di sopra di tutti
gli altri alberi.
Proseguirono
poi sulla Garden Route per visitare il Tsitsikamma Park, viaggiando tra le
foreste sempreverdi tra un tripudio di cascate, orchidee selvatiche e gigli.
Facevano colazione sulle piccole spiagge dei bacini di marea, ricchi di anemoni
e ricci di mare. Videro anche il passaggio delle balene e dei delfini.
E
facevano l’amore. Il loro desiderio reciproco andava oltre la semplice
attrazione fisica.
Giulia
era stupita per l’intensità della loro passione. Pensava che dopo aver fatto
l’amore qualche volta, la passione sarebbe diminuita. Prima di Cesare non aveva
avuto grandi esperienze con gli uomini. Invece, il loro desiderio era sempre
più intenso.
Lei
non riusciva a smettere di toccarlo, di abbracciarlo, di accoccolarsi tra le
sue braccia.
Cesare
la copriva di complimenti e di dichiarazioni d’amore, le scriveva bigliettini
dolci pieni di poesia. Facevano l’amore tre o quattro volte per notte,
nonostante la stanchezza del viaggio e le lunghe ore in fuoristrada sulle
strade sterrate dei parchi.
Dopo
due settimane arrivarono a Cape Town, un gioiello di azzurro e nuvole. Cesare
aveva prenotato dodici notti al “The Mount Nelson Hotel”, il miglior albergo
della città.
Giulia
disfò i bagagli in una suite da undicimila Rand a notte.
Da
Cape Town organizzarono decine di escursioni fantastiche. Salirono sulla Table
Mountain in funivia e passarono una giornata d’incanto: ovunque guardassero, il
panorama era mozzafiato.
Nuotarono
a Clifton, cavalcarono gli struzzi a Oudtshoorn, entrarono nelle caverne Cango
e visitarono i Kirstenbosch Gardens, un grande regno floreale che sembrava
uscito da un libro di fiabe. Passarono due giorni nella Regione dei Laghi lungo
la Garden Route, e provarono l’emozione di viaggiare sul treno a vapore
attraverso gallerie e lungo laghi punteggiati di uccelli coloratissimi. Si
sbronzarono nella tenuta vinicola di Groot Constantia e fecero l’amore in
macchina lungo la Chapman’s Peak.
Tutte
le sere andavano alla scoperta dei locali e dei ristorantini più tipici. La
felicità di Giulia era completa. Rimase impressionata dalla tradizione
culinaria dai sapori insoliti. Assaggiarono i vermi mopani, le termiti fritte,
le larve di scarabeo tostate, le noci marula e Giulia scoprì il mondo delle
spezie: peperoncini rossi, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, coriandolo
tritato, cumino, trito al curry con brinjals. Prese freneticamente appunti. Le
era venuta voglia di dedicare il suo prossimo libro alla cucina e ai vini
sudafricani. Passò lunghe ore a discutere con gli chef dell’albergo di pesce
masala speziato e di salse dolci a base di pesche e albicocche secche.
Era
tutto incredibilmente eccitante.
Avevano
deciso di dedicare l’ultimo giorno allo shopping. Si avventurarono al Victoria
and Albert Waterfront, famoso per i suoi mercatini di arte e artigianato e altri
negozietti specializzati in oggetti rari e ricercati. Cesare aveva visto
qualcosa nella vetrina di un negozio di abbigliamento da safari, mentre Giulia
era interessata ad alcune deliziose statuine esposte in una bancarella poco
lontana.
“
Vai pure a guardare la bancarella e compra tutto quello che ti piace” aveva
proposto Cesare,“ io farò un giro nel negozio di abbigliamento. Ci troviamo
davanti al chiosco di frutta.”
Così,
si erano separati. Giulia aveva fatto i suoi acquisti e si era diretta al chiosco
per aspettarlo.
Dopo
qualche minuto di attesa, era andata a cercarlo nel negozio ma non l’aveva
trovato. Evidentemente si stavano rincorrendo. Era tornata indietro e aveva
atteso ancora. Le strade erano piene di turisti, era impossibile riuscire a
distinguere qualcuno tra tutte quelle persone.
Aveva
cominciato a sentirsi un po’ ansiosa, ma pensò che era ridicolo. Arriverà qui,
al luogo dell’appuntamento, pensò, forse ha visto qualcos’altro e ha perso la
nozione del tempo. Dopo due ore aveva capito che non aveva molto senso rimanere
ad aspettarlo ancora davanti al chiosco. Così, decise che la cosa più sensata
da fare era trovare un taxi e tornare in albergo, dove sicuramente Cesare la
stava aspettando con una bibita in mano. In effetti, quando Giulia scese dal
taxi davanti all’atrio Cesare era lì.
Giulia
gli aveva sorriso sollevata.
“
Ma dove eri finito ? Ti ho aspettato per due ore !” esclamò lei ridendo.
“
Dov’ero finito io ? Non credo proprio. E non ci trovo niente da ridere. Andiamo
in camera, ti voglio parlare,” rispose Cesare freddo.
Giulia
era rimasta sconcertata da quell’atteggiamento incollerito.
Aveva
proseguito cercando di mantenere un tono allegro: “ Probabilmente ci siamo
girati intorno senza mai trovarci. Che scemi, vero ?”
“
Parla per te.” Cesare aveva chiuso la porta della camera sbattendola. “ Se non
fossi arrivata entro due minuti, avrei chiamato la polizia.”
“
La polizia ? Ma cosa ti è saltato in mente ? Per fortuna sono arrivata in
tempo.”
“
Ti avevo detto molto chiaramente di aspettarmi davanti al chiosco di frutta e
tu non l’hai fatto.”
Giulia
si era sentita attaccata ingiustamente:“ Ti sono venuta incontro. Cosa mai avrò
fatto di così sbagliato ?”
“
Datti una risposta pensando a quello che è successo dopo. Non sei affidabile.
Ti si dice di fare una cosa e tu ne fai un’altra.”
Lei
si era arrabbiata. “ Oh, facciamola finita. Stai ingigantendo una sciocchezza
in un dramma,” aveva replicato.
Cesare
la guardò in silenzio. E lei si rese conto che era furibondo. Non era solo
arrabbiato, era fuori di sé dalla rabbia.
“
Non ci posso credere !” aveva detto quando lui l’aveva afferrata, le aveva
stretto le mani intorno alle braccia e l’aveva scossa con violenza.
“
Lasciami !” aveva urlato Giulia “ Lasciami andare subito ! Mi stai facendo male
!”
Lui
l’aveva stretta ancora più forte e l’aveva buttata sul divano. Giulia aveva
cominciato a piangere.
“
Mi hai fatto male.”
La
collera di Cesare era scomparsa all’istante. L’aveva aiutata a rialzarsi e
l’aveva abbracciata.
“
Scusami, amore. Scusami, scusami, non volevo farti male. Ma ero fuori di me
dalla paura. Pensavo che ti fosse successo qualcosa di brutto. Che ti avessero
aggredita, o violentata, o rapita o chissà che altro. Questa non è una città in
cui una donna sola e straniera possa andare in giro da sola.” Le aveva baciato il viso e asciugato le
lacrime. “ Ero terrorizzato. Non capisci ?”
Aveva
continuato a baciarla e ad accarezzarle le braccia. “ Non posso pensare che ti
possa succedere qualcosa di brutto. Ho avuto paura, perdonami. Ti amo tanto.”
Lei
lo aveva abbracciato. “ Va bene, amore. Va tutto bene. Ti amo tanto anch’io. E’
stato solo un malinteso. Non è successo niente.”
Così,
l’ultima sera della luna di miele era stata meravigliosa come tutto il resto
del viaggio.
A
parte i lividi sulle braccia di Giulia.
Due
giorni dopo erano tornati in Italia. Giulia voleva fermarsi qualche ora a
Milano per incontrare Luca. Dovevano definire gli ultimi dettagli del suo
contratto e lei non vedeva l’ora di parlargli del suo nuovo progetto editoriale
sulle tradizioni culinarie del Sudafrica.
Nel
frattempo, Cesare avrebbe incontrato un cliente, poi sarebbe passato a
prenderla alla casa editrice e sarebbero tornati a casa insieme.
Mentre
parlavano e discutevano animatamente del suo futuro professionale, Giulia si
era arrotolata le maniche della camicia senza pensare ai lividi che aveva sulla
pelle.
“ E
questi cosa sono ?” aveva chiesto Luca guardandole le braccia con aria
sbigottita.
“
Oh… questi. Non lo so. Non mi ricordo come me li sono fatti.”
Luca
l’aveva fissata con aria seria. “ Stronzate. Hai lividi identici su entrambe le
braccia. Te li ha fatti qualcuno. Cosa ti è successo ?”
Giulia
era rimasta in silenzio.
“
E’ stato Cesare, vero ? Dimmelo, o quando torna a prenderti lo chiederò a lui.”
“
No, per favore. Non ti immischiare. Non è successo niente. Non l’ha fatto
apposta, era solo molto spaventato. Ho fatto una cosa molto stupida.” Giulia
gli raccontò del pomeriggio nel mercatino di Cape Town.
“
Davvero, è stata colpa mia. Lui mi aveva detto di aspettarlo davanti al
chiosco, e io invece ho fatto di testa mia. Quando non mi ha trovata si è
spaventato da morire. Sono stata veramente una stupida.”
“
Questo non ha niente a che fare con i lividi. Credi che io e la mia compagna
non litighiamo mai ? Arrabbiarsi è
normale. Ma non le metterei mai le mani addosso. Questo non è normale. Forse è
il caso che io scambi due parole con lui.”
“
No, non lo farai. Cesare è mio marito. E questa cosa non ti riguarda. Ti prego,
non rendermi la vita complicata. Io lo amo e lui ama me. Non dare troppa
importanza a questo incidente.”
“
Non credo che sia solo un incidente. Credo che sia qualcosa di molto più
grave.”
“
In ogni caso, non puoi metterti tra me e Cesare. Non sono affari tuoi.”
Luca
aveva sospirato.“ Forse hai avuto troppa fretta… l’hai sposato senza
praticamente conoscerlo… non vorrei che fosse stato un errore.”
“
Ma cosa stai dicendo ? Se ti piaceva tanto !”
“
Beh, oggi mi piace molto meno, tanto per essere chiari.”
Giulia
cominciava ad essere esasperata. Ne avevano discusso anche troppo.
“
Luca, finiamola qui. E non preoccuparti per me. Stai dando un’importanza
esagerata a un piccolo incidente successo una volta sola ! Ok, non doveva
succedere, ma ormai è passato. Me lo sono già dimenticato, quindi smettiamo di
parlarne. Va bene ? Lo prometti ?”
Luca
le aveva sorriso: “ Ok. Visto che ci tieni tanto. Lasciamo stare. Forza,
rimettiamoci al lavoro.”
Non
ne avevano più parlato e si erano dedicati per tutto il pomeriggio alle nuove
idee editoriali di Giulia.
Si risvegliò piangendo, il sogno
ancora vivido e presente. No, non era un sogno, urlò dentro di sé, questo era
un ricordo.
Questo è successo veramente.
E c’è solo un modo per esserne
sicura. Luca. Devo trovare Luca. Ma come, come posso fare ? Lo zainetto è
scomparso, e la rubrica degli indirizzi era lì dentro. Poi, improvvisa,
l’intuizione arrivò. I suoi libri ! Lui era il suo editore, le aveva
pubblicato i manuali di ricette ! Ecco come avrebbe trovato l’unica persona che
in quel momento poteva aiutarla.
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