Quando
si svegliò la testa le pulsava dolorosamente. Le sembrava che due mani le
stringessero il cervello come artigli infuocati, spingendo con forza sulle
terminazioni nervose. Le facevano male anche i muscoli del collo e delle
spalle. Un’altra splendida giornata, pensò cercando di scendere dal letto. Si
sentiva tutto il corpo pesantissimo, come se qualcosa la tenesse inchiodata al
materasso.
Si guardò. No, nessun chiodo
piantato nella carne. Si sollevò lentamente appoggiandosi ai gomiti. La testa
le girava. Con un sospiro di sconforto combattè contro l’istinto di tornare a
dormire. In fondo, che senso aveva
fare tutta quella fatica per iniziare un’altra giornata schifosa ? Si sentiva a
pezzi, e certamente con il passare delle ore il suo umore sarebbe anche
peggiorato. Tra poco sarebbe arrivata Rosa, le avrebbe portato la colazione e
le pastiglie del mattino. Quindi si sarebbe riaddormentata e quando si fosse
risvegliata avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per passare il tempo. Magari
poteva tornare nel suo studio e sfogliare per l’ennesima volta i soliti album
di fotografie. Ormai li conosceva a memoria, e anche se non ricordava nessuno
avrebbe potuto riconoscere per la strada i sorridenti estranei ritratti con lei
e Cesare. Eventualità peraltro molto improbabile, dal momento che non usciva
mai di casa. Fissò la porta aspettando di vedere entrare Rosa, che ormai
considerava una specie di carceriera. Non essere esagerata, si rimproverò con
disgusto, non è lei che ti obbliga a
questa vita da detenuta. Sei tu che ti sei imprigionata con le tue mani.
Si osservò nello specchio del
guardaroba. E sei anche patetica.
Indossi una camicia da notte degna di un pornofilm e la porti come se fosse un
vecchio straccio.
Almeno non doveva preoccuparsi di
ricevere qualche attenzione da Cesare, quel tipo di attenzione per la
quale decisamente non si sentiva pronta. D’altra parte, sciatta e imbruttita
com’era non avrebbe ispirato neanche un detenuto con vent’anni di astinenza
sulle spalle. Si toccò il seno con le mani, poi lasciò scivolare le dita fino
all’inguine. Niente, nessuna risposta dal suo corpo che le confermasse di essere
ancora una donna con qualche desiderio. Si chiese che tipo di coppia erano
stati lei e Cesare a letto. Facevano l’amore spesso ? E lui, che tipo di amante
era, tenero o impetuoso ?
Sospirò ancora. Che senso aveva
fantasticare di sesso se non era ancora pronta per affrontarlo ? Ma era davvero sicura di non essere ancora
pronta ? Aveva voglia di fare l’amore con uno sconosciuto solo perché era suo
marito ? Fissò ancora la sua immagine
nello specchio. Allora ? chiese al viso riflesso. L’immagine rispose con un
sorrisetto ambiguo. Sei una svergognata, si disse ridendo. Poi le venne in
mente che il sabato mattino Rosa andava al mercato, quindi probabilmente in
casa c’era solo Cesare. Volendo, sarebbe stata libera di dedicarsi a un
tentativo di seduzione. Ma era sicura di
volerlo ? E poi, che tipo di approccio
avrebbe usato ? Ripensandoci, la cosa non le sembrava poi così semplice. Forse
il suo continuo malessere dipendeva anche dalla mancanza dell’amore fisico.
Probabilmente erano anni che non praticava un’astinenza sessuale così lunga. In
fondo, che male poteva esserci nel dividere il letto con Cesare ? In primo luogo era il suo
legittimo marito, inoltre era un uomo molto affascinante. Facevano l’amore da
sette anni, non si erano incontrati ieri per la prima volta !
Ma in realtà la verità era
proprio questa. Non lo conosceva affatto.
Beh, rispetto a quindici giorni
prima qualche informazione l’aveva, ma al momento non avrebbe potuto dire altro
che sembrava un marito perfetto. E se in fondo bastasse questo ? Era
così fondamentale ricordarsi di lui ? Quante volte una donna esce a cena con un
uomo dopo averlo conosciuto poche ore prima e finisce a letto con lui dopo il
caffè ? E inoltre, lei si sentiva attratta da lui, le piaceva. Nonostante la depressione, la stanchezza e il
malessere, lo guardava e provava attrazione. Non di sette anni prima, quindi
che male ci sarebbe stato nel continuare qualcosa che era già una parte più che
importante della sua vita ? Era sicura che anche lui se lo aspettasse, anche se
non aveva esercitato su di lei alcun tipo di pressione. Forse, tornare tra le braccia di suo marito
l’avrebbe aiutata a ritrovare la memoria. E se così non fosse stato, probabilmente
l’avrebbe comunque fatta stare meglio. E poi, si ripetè ancora, non c’è
assolutamente niente di male. Aprì il cassetto della biancheria intima ed
estrasse un baby doll di pizzo nero traforato che, indossato, non avrebbe
lasciato molto all’immaginazione. Non so, pensò osservando le trasparenze,
forse questo potrebbe aiutare. Ma è davvero quello che vuoi ? chiese alla donna
che la guardava dallo specchio, sei sicura di voler ricominciare ad essere una
moglie ? Buttò l’indumento nell’armadio e richiuse l’anta con forza. Non so
niente, non so cosa voglio e non voglio pensare. Ho un martello pneumatico
nella testa e voglio solo dormire. “Dannazione !” esclamò, “perché mi sento
sempre così male ? ” Era sicura che
dipendesse dalle pastiglie che prendeva. Cesare le aveva detto che erano solo
blandi ansiolitici, ma evidentemente non andavano bene per lei. Forse nel
passato non aveva mai preso farmaci, o magari preferiva curarsi con la medicina
omeopatica. Sicuramente tutta quella stanchezza, l’angoscia e lo stato di
confusione e di paura dipendevano dalle pastiglie. Ma ogni volta che provava a
parlarne con Cesare lui le ripeteva che il dottor Zannini le aveva prescritte
specificamente, precisando che la cura doveva durare almeno un paio di mesi. Ma
era stato davvero il neurologo a prescriverle quei farmaci ? Ah, bene,
pensò, ma cosa ti salta in mente ? Quali pensieri assurdi stai partorendo ?
Quindi, secondo te, il dottor Zannini non ha prescritto niente e Cesare ti sta
imbottendo di schifezze per cosa ? E perché dovrebbe volere una moglie che
sembra uno zombie e che vaga per la casa in stato confusionale ? Bel pensiero,
complimenti, soprattutto se ripensi al fatto che cinque minuti fa ti saresti
infilata nel suo letto ! Devo essere veramente sull’orlo della pazzia … e
comunque è talmente ridicolo! Ti basterebbe fare una telefonata a Zannini e
chiedere quello che vuoi sapere.
E allora falla. Fai questa
telefonata.
La donna nello specchio la
fissava con aria interrogativa.
Non è difficile, continuò a
pensare, sei ancora in grado di prendere in mano un telefono e di comporre un
numero. Istintivamente, si girò verso l’apparecchio appoggiato sul comodino. E
se Cesare fosse entrato proprio adesso ? Se si fosse accorto che lei era
sveglia e avesse deciso di venire a darle il buongiorno ? Aprì lentamente la porta della camera da
letto e sbirciò nel corridoio. Silenzio. La porta del bagno era aperta e non
c’era nessuno. Entrò nella stanza degli ospiti. Il letto era già rifatto e dalla
finestra aperta sentì entrare la voce di Cesare. Si avvicinò stando attenta a
non farsi scorgere dall’esterno. Cesare era in giardino, in tenuta sportiva, e
faceva colazione parlando al cellulare. Tornò nella sua camera vergognandosi un
po’. Come poteva dubitare di suo marito ? Spiarlo dalla finestra ! Cosa aveva
mai fatto per spingerla a pensare che la stesse deliberatamente drogando ?
L’aveva ritrovata, riportata a casa e fatto tutto quello che poteva perché lei
fosse serena. Si era preso cura di lei. L’aveva aiutata e accudita. E si era
preoccupato che lei prendesse sempre le sue pastiglie. Guardò ancora il
telefono. Allungò la mano e si portò il ricevitore all’orecchio. Era muto. La
spina era staccata e appoggiata sul pavimento sotto il comodino. Probabilmente
Cesare non voleva che il suono del telefono la disturbasse mentre riposava. Si
preoccupava per lei, e lei lo stava ringraziando dubitando delle sue
intenzioni. La testa le girava ancora, quindi si abbassò molto lentamente per
inserire la spina nella presa.
E ora ? , chiese a se
stessa. Ora ti procuri il numero
dell’ospedale e chiedi del dottor Zannini, si rispose mentalmente. Seduta sul
letto, compose il 1240.
“
1240-buongiorno-sono-astrid-posso-aiutarla ? ”
“ Sì, buongiorno, avrei bisogno
un numero di Milano.”
“ Quale abbonato ? ”
“ Ospedale San Raffaele, grazie.”
Ci fu una breve pausa mentre le
dita dell’operatrice ticchettavano sulla tastiera del computer.
“ Il numero è 02.26.431. Se
desidera posso metterla in contatto direttamente.”
“ Sì …grazie.”
“ Resti in linea e grazie per
aver utilizzato il nostro servizio.”
Per qualche istante Giulia rimase
in attesa ascoltando una musica che non riconobbe.
“ Ospedale San Raffaele,
buongiorno,” rispose un uomo all’altro capo del filo.
“ Ah, buongiorno, vorrei parlare
con il dottor Zannini, per favore.”
“ Rimanga in linea e buona
giornata.”
“ Reparto Psichiatria,” annunciò
un’altra voce.
“ Il dottor Zannini, per favore.”
“ Chi devo annunciare ?”
“ Marini. Giulia Marini.”
“ Un attimo, per favore.”
“ Pronto ? ” rispose finalmente
la voce del medico.
“ Sono Giulia Marini. Si ricorda
di me ? ”
“ Certo che mi ricordo. Giulia !
Come sta ? ” Sembrava quasi contento di
sentirla.
“ Mi scusi se la disturbo …. ”
“ Non mi disturba affatto. Mi fa
piacere sentirla. Come si sente ? ”
“ Veramente, non molto bene.”
“ Ho sentito suo marito proprio
qualche giorno fa, mi diceva che non è ancora andata da uno psichiatra.”
“ E’ vero, ma ho fissato
l’appuntamento. Non sapevo che avesse parlato con mio marito.”
“ Beh.. io ho un certo interesse
professionale per il suo caso e suo marito è molto preoccupato per la
situazione. Spero non sia un problema se ci teniamo in contatto. Cosa posso
fare per lei ? ”
“ La chiamavo per le pastiglie
che mi ha prescritto…”
“ Sì ? ”
“ Mi chiedevo se poteva spiegarmi
esattamente a cosa servono …”
Ci fu un attimo di silenzio sulla
linea.
“ Sì … mi sembra di averle
prescritto dello Xanax … ma un attimo solo che verifico ..”
Giulia rimase in attesa. Quindi,
il dottor Zannini le aveva prescritto davvero dei farmaci. E Cesare stava
facendo esattamente quello che il medico aveva ritenuto necessario.
“ Sì, è lo Xanax,” ribadì il
dottor Zannini, “ si tratta di alprazolam, una sostanza che fa parte delle
benzodiazepine. In parole molto semplici, si tratta di un ansiolitico che
agisce soprattutto a livello del sistema nervoso centrale.”
“ Ma lei pensa che ne abbia
bisogno ? ”
“ Beh, in genere questo tipo di
farmaco ha effetti positivi nei casi di amnesia isterica.”
Ancora qualche istante di
silenzio.
“
Giulia, ascolti… lei si trova in una condizione molto particolare, e questo
peggiora lo stress. Ha perso la memoria, non ricorda nulla della sua vita e non
riconosce neanche suo marito. E’ ovvio che vive in una condizione di estrema
ansia. Questo potrebbe ostacolare o ritardare il recupero della memoria. Lo
Xanax le serve per gestire questa forte ansia e quindi permettere ai suoi
ricordi di cominciare a riemergere.”
“ Però mi sembra di stare peggio.
Sono sempre molto stanca e depressa …”
“ Nelle sue attuali condizioni
non c’è niente di anormale. Per questo è importante che prenda lo Xanax. Per
quanto riguarda la stanchezza fisica, è evidente che lei ha molto bisogno di
riposare. Non si faccia una violenza inutile e assecondi le esigenze del suo
organismo.”
“ Quindi il mio malessere non
dipende dalle medicine ?”
“ Lo escludo nel modo più
assoluto. In alcuni soggetti lo Xanax può indurre sonnolenza, ma è un effetto
collaterale di breve durata.”
“ Mi deve scusare, dottore, a
volte mi sento quasi disperata … ”
Sentì i passi di Cesare nel
corridoio.
“ La devo lasciare,” concluse in
fretta, “ mi scusi se le ho rubato del tempo.”
Riattaccò la cornetta, ma Cesare
era già sulla porta e la guardava con aria perplessa.
“ Con chi stavi parlando ? ”
chiese.
“ Con il dottor Zannini” rispose
Giulia chiedendosi cosa le fosse saltato in mente di telefonare al medico.
Veramente aveva creduto che suo marito le somministrasse medicine non
necessarie ? E perché l’avrebbe fatto ? Era gentile e affettuoso e aveva fatto
di tutto per metterla a suo agio.
Si preoccupava per lei.
Forse era questo che non
funzionava, forse lei non sopportava che qualcuno le volesse bene. Quindi,
essendo allergica ai matrimoni felici, aveva
deciso di estraniarsi dalla realtà, diventare temporaneamente pazza e
inventarsi persecuzioni ai propri danni. Certo, sembrava tutto molto sensato.
In effetti, vagare per la via principale di Stresa senza ricordare il proprio
nome che senso aveva ? Ritrovarsi trentamila euro in una tasca della giacca ? E la camicia insanguinata ? Il
corpo pieno di lividi ? Avere paura della propria domestica e sospettare dei
gesti affettuosi del proprio marito ?
Tutto questo che senso aveva ? Cosa significava ? Perché un leggero
ansiolitico la faceva sentire uno straccio ? Che fosse davvero malata, seriamente
malata ?
Guardò Cesare in faccia e capì
che era perplesso quanto lei. Sicuramente si stava chiedendo perché sua moglie
telefonava di nascosto al neurologo.
“ Perché la presa del telefono
era staccata ? ” chiese lei pensando che la miglior difesa fosse
l’attacco, “ e perché Rosa mi impedisce
di comunicare con l’esterno ? ”
“ Giulia, cosa stai dicendo ?
Perché mai Rosa dovrebbe volerti impedire di parlare con qualcuno ? ” chiese Cesare, evidentemente
turbato dal suo strano comportamento anche se cercava di mantenere un
atteggiamento calmo. “ Sinceramente non capisco perché tu ti stia agitando così
per niente.”
“ Per niente ? Ah, pensi che sia
niente ? ” rispose Giulia in tono irritato, “ magari avrei voglia di telefonare
a Cristina ! O di provare a ridare un senso alla mia vita ! Forse non ne posso
più di essere rinchiusa per tutto il tempo e di essere controllata da una
carceriera …”
“ Una carceriera ? Ma chi, Rosa ?
Andiamo, Giulia, ma cosa diavolo stai dicendo ? Che cosa ti ha fatto ? ”
“ Non mi ha fatto niente
!” urlò Giulia ormai priva di controllo, senza più riuscire a trattenere la
frustrazione che la divorava. “ Niente, non mi ha fatto niente ! E’ perfetta.
Un perfetto robot radiocomandato. Mi controlla come se fossi in libertà
vigilata. Sa esattamente quante volte al giorno vado in bagno. Mi ha staccato
il telefono e non mi lascia rispondere. Dice a tutti che non ci sono e che non
sa quando tornerò. Perché non mi permette di parlare con nessuno ? ”
“ E a cosa ti servirebbe parlare
al telefono con qualcuno ? Che cosa potresti dirgli ? Vuoi che tutti sappiano
in che stato sei ridotta ? ”
“ Con Cristina potrei parlare ! ”
Cesare si lasciò cadere
sconsolato sul bordo del letto.
“ Perdonami Giulia, è colpa mia.
Ho detto io a Rosa di non passarti le telefonate. Ma l’ho fatto solo per non
metterti in imbarazzo, per non crearti altre difficoltà. Pensavo che per te
sarebbe stato meglio se i nostri amici non avessero saputo quello che ti è
successo. Ero sicuro che avresti preferito così … conoscendoti. Ma ora mi rendo
conto di avere sbagliato. E ti prego di scusarmi. Ero in buona fede, volevo
solo proteggerti ” concluse sospirando piano, con le braccia aperte in segno di
impotenza. Giulia si avvicinò al letto e si sedette accanto a lui. Non era più
arrabbiata, la sua frustrazione si era dissolta come fumo nell’aria.
“ No, Cesare, sono io che ti devo
chiedere scusa. E’ chiaro che in questo momento tu sai meglio di me come mi
sarei comportata … ” Pregò in silenzio
che lui accettasse la sua richiesta di perdono.
Cesare le sorrise e lei si sentì
rincuorata.
“ Se ti fa piacere telefonare a
Cristina fallo quando vuoi. E se vuoi andare a trovarla, devi solo chiedere.
Anzi, se ne hai voglia inviteremo qui a cena tutti i nostri amici.”
Giulia ci pensò per un momento.
In effetti, il pensiero di incontrare persone in quel momento estranee e di
dover conversare con loro tutta la sera la metteva in agitazione. Su questo
Cesare non aveva torto. Invece l’idea di poter vedere Cristina e parlare con
lei la riempiva di gioia. “ Sarò felicissima di vedere Cristina. Per gli altri
amici … hai ragione tu. Che cosa potrei dirgli ? E’ ancora troppo presto … no,
non è ancora il momento,” rispose. “ Perdonami, Cesare,” ripetè, “ sono molto
confusa …”
“ E’ per questo che hai
telefonato a Zannini ? ”
“ Non lo so. Non so perché l’ho
chiamato. Avevo bisogno di parlare con qualcuno..”
Lui le prese le mani e le strinse
affettuosamente tra le sue. “Giulia,
pensi di non poter parlare con me ? ” Lei si accorse che Cesare era emozionato.
Gli tremava un po’ la voce. “ So che in questo momento non puoi ricordarlo, ma
tu sei la persona più importante della mia vita. Ti amo tanto, e farei qualsiasi cosa per te.
Ti prego, parla con me. Chiedi quello che vuoi e se c’è qualcosa che ti fa
soffrire prova a venire da me. Se Rosa non ti piace, troverò qualcun altro. Se
vuoi andare da Cristina o in qualsiasi altro posto, ti ci porterò, e se
preferisci andare da sola ti farò accompagnare. Qualsiasi cosa, Giulia. Tutto
quello che desideri.”
Lei rimase a guardarlo in
silenzio. “ O forse il problema sono io …” continuò Cesare, “ … sono io, Giulia ? Perché se è così, se è
la mia presenza a metterti a disagio o a darti fastidio, devi solo dirlo e io
vado via, anche subito. Guarda, ci metto pochi minuti. Preparo una borsa e vado
in albergo. Se ti può aiutare, sono disposto anche ad andarmene. ”
“ No, non voglio che tu vada via.
Il problema sono io.”
“ Giulia, io voglio solo che tu
stia bene. Qualsiasi cosa possa essere positiva per te e per noi due. ” Cesare
ora stava piangendo. “ Ti amo così tanto. Non so perché ci troviamo a vivere in
questo incubo, ma sono disposto a qualunque cosa per non perderti.”
Anche Giulia ora stava piangendo.
“ Ti prego, non andartene ! Voglio restare con te. Ti prego, ti prego, non mi
lasciare …” Si abbracciarono continuando
a piangere insieme. Poi smisero, i loro occhi si cercarono, le bocche si trovarono
e si baciarono e fu bellissimo, anzi, stupendo. Giulia sentì per la prima volta
di essere tornata a casa e di appartenere a quell’uomo.
“ Giulia, sei così bella,”
sussurrò Cesare, continuando a baciarla, trovando i suoi seni con le mani,
sollevandole la camicia da notte e accarezzandole le cosce. All’improvviso si
staccò da lei. “ Ti prego, scusami. Non avrei dovuto.”
“ Perché ? ” chiese Giulia
immaginando la risposta.
“ Sei confusa, non puoi essere
sicura ….”
“ No, sono sicura.”
Cesare la guardò intensamente per
qualche istante, come se volesse entrare nei suoi pensieri.
“ Ti prego, Cesare, facciamo
l’amore. Ti prego.”
Lui continuava a guardarla, le
mani staccate dal corpo di lei.
“ E’ quello che voglio” aggiunse
lei stendendosi sul letto.
“ Aspetta. Ti voglio guardare.
Solleva la camicia.”
Giulia lo guardò, un po’
meravigliata per la sua richiesta. Stava quasi tremando da quanto lo
desiderava. E vide la stessa passione negli occhi di lui.
“ Fallo anche tu. Anch’io voglio
guardarti.”
Lui rispose sfilandosi il
pullover e rivelando un torace forte e muscoloso, attraversato da una lunga
cicatrice, dalla spalla sinistra al fianco destro. Con rapidità si tolse prima
le scarpe, poi i pantaloni e infine i boxer. Aveva cosce ben scolpite. Si
rialzò e rimase in piedi davanti a lei. Giulia lo guardava ammirata. Aveva un
corpo magnifico. Lo guardò tra le gambe, dove tra i peli neri e lucidi spuntava
il suo membro in erezione, puntato verso di lei, e allungò una mano mossa dal
desiderio di toccarlo.
“ Non ancora,” sussurrò Cesare.
Si mise alle spalle di lei e con abilità le sfilò la camicia da notte. Giulia
rise per l’improvviso senso di liberazione e rimase ferma mentre lui le
toglieva piano le mutandine. “ Rimani ferma, davanti alla luce,” disse lui
guardandola con la testa inclinata e gli occhi che brillavano per
l’eccitazione. Giulia gli sorrise, sopraffatta dall’ammirazione che Cesare le
dimostrava. Lui tornò alle sue spalle e cominciò ad accarezzarle la schiena con
una mano, mentre con le dita dell’altra giocava con i suoi capelli. Quando
tornò davanti a lei, la guardò con intensità mentre Giulia rimaneva ferma, nuda
ed esposta al suo sguardo, poi si inginocchiò, le accarezzò dolcemente i lividi
ormai sbiaditi e la baciò tra le cosce. Giulia sussultò leggermente, e poi
ancora di più quando Cesare le aprì le labbra con le dita e cominciò ad
accarezzarla con la lingua.
Giulia era persa tra il piacere e
l’imbarazzo. Cercò di allontanarsi, ma lui la tenne ferma appoggiandole le mani
sui fianchi.
“ Fermati,” lo pregò lei, ma lui la sollevò e
la schiacciò contro la parete. “Fermati…” sussurrò ancora lei, stravolta dalla
sensazione di piacere. Quando Giulia smise di supplicare e cominciò a gemere,
lui sollevò il viso e con un sorrisetto compiaciuto e vizioso le disse piano: “
Adesso possiamo andare a letto”. Giulia aveva sperato che lui continuasse a
leccarla, invece la baciò profondamente in bocca, e lei sentì il calore della
carne premuta contro la carne, dalla testa al seno, dal sesso alle gambe e fino
alle dita dei piedi, e tremò sotto di lui. Giulia non voleva essere solo
oggetto di attenzioni, ma cominciò a lottare per poter fare lo stesso per lui e
dargli piacere. Impazziva dalla voglia di fare lo stesso per lui. Lui
non la penetrò subito. La fece aspettare, chiedere, implorare. Quandò
finalmente entrò dentro di lei, Giulia si aggrappò al suo corpo con le braccia
e le gambe così strette da sentire male. Lui rise dolcemente per la passione
con la quale Giulia lo teneva avvinto, ma in lui non c’era distacco. Nei suoi
occhi c’era la stessa passione selvaggia di lei. Erano persi l’uno nell’altra.
Cesare la cavalcò alternando delicatezza e brutalità, e durante gli ultimi
momenti, mentre si muoveva lentamente dentro di lei, con gli occhi socchiusi e
il respiro lento, Giulia cercò di incitarlo, di spingerlo dentro di sé più in
fretta, ma lui la tenne ferma immobilizzandole le braccia sopra la testa e le
sussurrò ancora di avere pazienza. La portò un’altra volta a implorarlo, e
quando Giulia non potè resistere oltre, Cesare si staccò da lei. Con forza la
tenne sdraiata sulla schiena mentre ancora giocava con le dita e con la lingua
sul triangolo bagnato tra le sue gambe. Se Giulia pensava di avere già
raggiunto il massimo del piacere e della passione Cesare le dimostrò che
esistevano altre sensazioni, che crescono piano come la brace quando si
trasforma in fiamma, e che cancellano il confine tra se stessi e il resto del
mondo. Nonostante il distacco dalla realtà, Giulia percepiva l’unione con
Cesare. Nel pieno dell’estasi di lei, lui le era montato sopra nuovamente, penetrandola
con forza, e continuando a cavalcarla fino a quando Giulia non urlò insieme a
lui. Per qualche minuto rimasero sdraiati senza parlare. Giulia era senza voce,
esausta, i capelli sudati appiccicati alle braccia e ai seni. Dopo un po’ lui
si voltò verso di lei e glieli accarezzò, liberandole le guance e la fronte. “
E’ stato stupendo. Sei sempre l’esperienza più incredibile che un uomo possa
desiderare,” le sussurrò Cesare.
Cominciò ad alzarsi per prenderle un bicchiere d’acqua. Giulia pensò che lui
era davvero un amante fantastico. Lo voleva ancora, e perché non se ne andasse
gli avvolse entrambe le braccia intorno alle cosce. Cesare scoppiò a ridere,
colto di sorpresa dal gesto inaspettato di lei. Giulia rimase avvinghiata alle
sue gambe e scivolò giù dal letto cadendo sul pavimento. Lui si arrese,
lasciandosi andare sopra di lei, e restarono sul pavimento a ridacchiare come
due ragazzini.
“ Come ti sei fatto quella
cicatrice ? Sembra recente.” chiese Giulia quando tornarono a letto.
“ Un cliente. O meglio, il
cliente di un mio collega che non ha gradito la mia difesa. Sai che non amo
occuparmi di casi di omicidio, ma non potevo negare un favore. Così, ho
accettato di occuparmi della questione. L’hanno condannato a vent’anni. E lui
mi ha ritenuto responsabile. Ma non parliamone più, non è un’esperienza che
ricordo con piacere. Torna qui …”
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