venerdì 18 gennaio 2013

Capitolo 10


Quando si svegliò la testa le pulsava dolorosamente. Le sembrava che due mani le stringessero il cervello come artigli infuocati, spingendo con forza sulle terminazioni nervose. Le facevano male anche i muscoli del collo e delle spalle. Un’altra splendida giornata, pensò cercando di scendere dal letto. Si sentiva tutto il corpo pesantissimo, come se qualcosa la tenesse inchiodata al materasso.
Si guardò. No, nessun chiodo piantato nella carne. Si sollevò lentamente appoggiandosi ai gomiti. La testa le girava. Con un sospiro di sconforto combattè contro l’istinto di tornare a dormire.          In fondo, che senso aveva fare tutta quella fatica per iniziare un’altra giornata schifosa ? Si sentiva a pezzi, e certamente con il passare delle ore il suo umore sarebbe anche peggiorato. Tra poco sarebbe arrivata Rosa, le avrebbe portato la colazione e le pastiglie del mattino. Quindi si sarebbe riaddormentata e quando si fosse risvegliata avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per passare il tempo. Magari poteva tornare nel suo studio e sfogliare per l’ennesima volta i soliti album di fotografie. Ormai li conosceva a memoria, e anche se non ricordava nessuno avrebbe potuto riconoscere per la strada i sorridenti estranei ritratti con lei e Cesare. Eventualità peraltro molto improbabile, dal momento che non usciva mai di casa. Fissò la porta aspettando di vedere entrare Rosa, che ormai considerava una specie di carceriera. Non essere esagerata, si rimproverò con disgusto,  non è lei che ti obbliga a questa vita da detenuta. Sei tu che ti sei imprigionata con le tue mani.
Si osservò nello specchio del guardaroba.  E sei anche patetica. Indossi una camicia da notte degna di un pornofilm e la porti come se fosse un vecchio straccio.
Almeno non doveva preoccuparsi di ricevere qualche attenzione da Cesare, quel tipo di attenzione per la quale decisamente non si sentiva pronta. D’altra parte, sciatta e imbruttita com’era non avrebbe ispirato neanche un detenuto con vent’anni di astinenza sulle spalle. Si toccò il seno con le mani, poi lasciò scivolare le dita fino all’inguine. Niente, nessuna risposta dal suo corpo che le confermasse di essere ancora una donna con qualche desiderio. Si chiese che tipo di coppia erano stati lei e Cesare a letto. Facevano l’amore spesso ? E lui, che tipo di amante era, tenero o impetuoso ?
Sospirò ancora. Che senso aveva fantasticare di sesso se non era ancora pronta per affrontarlo ?   Ma era davvero sicura di non essere ancora pronta ? Aveva voglia di fare l’amore con uno sconosciuto solo perché era suo marito ?  Fissò ancora la sua immagine nello specchio. Allora ? chiese al viso riflesso. L’immagine rispose con un sorrisetto ambiguo. Sei una svergognata, si disse ridendo. Poi le venne in mente che il sabato mattino Rosa andava al mercato, quindi probabilmente in casa c’era solo Cesare. Volendo, sarebbe stata libera di dedicarsi a un tentativo di seduzione.  Ma era sicura di volerlo ?  E poi, che tipo di approccio avrebbe usato ? Ripensandoci, la cosa non le sembrava poi così semplice. Forse il suo continuo malessere dipendeva anche dalla mancanza dell’amore fisico. Probabilmente erano anni che non praticava un’astinenza sessuale così lunga. In fondo, che male poteva esserci nel dividere il letto con     Cesare ? In primo luogo era il suo legittimo marito, inoltre era un uomo molto affascinante. Facevano l’amore da sette anni, non si erano incontrati ieri per la prima volta !
Ma in realtà la verità era proprio questa. Non lo conosceva affatto.
Beh, rispetto a quindici giorni prima qualche informazione l’aveva, ma al momento non avrebbe potuto dire altro che sembrava un marito perfetto. E se in fondo bastasse questo ? Era così fondamentale ricordarsi di lui ? Quante volte una donna esce a cena con un uomo dopo averlo conosciuto poche ore prima e finisce a letto con lui dopo il caffè ? E inoltre, lei si sentiva attratta da lui, le piaceva.  Nonostante la depressione, la stanchezza e il malessere, lo guardava e provava attrazione. Non di sette anni prima, quindi che male ci sarebbe stato nel continuare qualcosa che era già una parte più che importante della sua vita ? Era sicura che anche lui se lo aspettasse, anche se non aveva esercitato su di lei alcun tipo di pressione.  Forse, tornare tra le braccia di suo marito l’avrebbe aiutata a ritrovare la memoria. E se così non fosse stato, probabilmente l’avrebbe comunque fatta stare meglio. E poi, si ripetè ancora, non c’è assolutamente niente di male. Aprì il cassetto della biancheria intima ed estrasse un baby doll di pizzo nero traforato che, indossato, non avrebbe lasciato molto all’immaginazione. Non so, pensò osservando le trasparenze, forse questo potrebbe aiutare. Ma è davvero quello che vuoi ? chiese alla donna che la guardava dallo specchio, sei sicura di voler ricominciare ad essere una moglie ? Buttò l’indumento nell’armadio e richiuse l’anta con forza. Non so niente, non so cosa voglio e non voglio pensare. Ho un martello pneumatico nella testa e voglio solo dormire. “Dannazione !” esclamò, “perché mi sento sempre così male ? ”      Era sicura che dipendesse dalle pastiglie che prendeva. Cesare le aveva detto che erano solo blandi ansiolitici, ma evidentemente non andavano bene per lei. Forse nel passato non aveva mai preso farmaci, o magari preferiva curarsi con la medicina omeopatica. Sicuramente tutta quella stanchezza, l’angoscia e lo stato di confusione e di paura dipendevano dalle pastiglie. Ma ogni volta che provava a parlarne con Cesare lui le ripeteva che il dottor Zannini le aveva prescritte specificamente, precisando che la cura doveva durare almeno un paio di mesi. Ma era stato davvero il neurologo a prescriverle quei farmaci ? Ah, bene, pensò, ma cosa ti salta in mente ? Quali pensieri assurdi stai partorendo ? Quindi, secondo te, il dottor Zannini non ha prescritto niente e Cesare ti sta imbottendo di schifezze per cosa ? E perché dovrebbe volere una moglie che sembra uno zombie e che vaga per la casa in stato confusionale ? Bel pensiero, complimenti, soprattutto se ripensi al fatto che cinque minuti fa ti saresti infilata nel suo letto ! Devo essere veramente sull’orlo della pazzia … e comunque è talmente ridicolo! Ti basterebbe fare una telefonata a Zannini e chiedere quello che vuoi sapere.
E allora falla. Fai questa telefonata.
La donna nello specchio la fissava con aria interrogativa.
Non è difficile, continuò a pensare, sei ancora in grado di prendere in mano un telefono e di comporre un numero. Istintivamente, si girò verso l’apparecchio appoggiato sul comodino. E se Cesare fosse entrato proprio adesso ? Se si fosse accorto che lei era sveglia e avesse deciso di venire a darle il buongiorno ?  Aprì lentamente la porta della camera da letto e sbirciò nel corridoio. Silenzio. La porta del bagno era aperta e non c’era nessuno. Entrò nella stanza degli ospiti. Il letto era già rifatto e dalla finestra aperta sentì entrare la voce di Cesare. Si avvicinò stando attenta a non farsi scorgere dall’esterno. Cesare era in giardino, in tenuta sportiva, e faceva colazione parlando al cellulare. Tornò nella sua camera vergognandosi un po’. Come poteva dubitare di suo marito ? Spiarlo dalla finestra ! Cosa aveva mai fatto per spingerla a pensare che la stesse deliberatamente drogando ? L’aveva ritrovata, riportata a casa e fatto tutto quello che poteva perché lei fosse serena. Si era preso cura di lei. L’aveva aiutata e accudita. E si era preoccupato che lei prendesse sempre le sue pastiglie. Guardò ancora il telefono. Allungò la mano e si portò il ricevitore all’orecchio. Era muto. La spina era staccata e appoggiata sul pavimento sotto il comodino. Probabilmente Cesare non voleva che il suono del telefono la disturbasse mentre riposava. Si preoccupava per lei, e lei lo stava ringraziando dubitando delle sue intenzioni. La testa le girava ancora, quindi si abbassò molto lentamente per inserire la spina nella presa.
E ora ? , chiese a se stessa.  Ora ti procuri il numero dell’ospedale e chiedi del dottor Zannini, si rispose mentalmente. Seduta sul letto, compose il 1240.
“ 1240-buongiorno-sono-astrid-posso-aiutarla ? ”
“ Sì, buongiorno, avrei bisogno un numero di Milano.”
“ Quale abbonato ? ”
“ Ospedale San Raffaele, grazie.”
Ci fu una breve pausa mentre le dita dell’operatrice ticchettavano sulla tastiera del computer.
“ Il numero è 02.26.431. Se desidera posso metterla in contatto direttamente.”
“ Sì …grazie.”
“ Resti in linea e grazie per aver utilizzato il nostro servizio.”
Per qualche istante Giulia rimase in attesa ascoltando una musica che non riconobbe.
“ Ospedale San Raffaele, buongiorno,” rispose un uomo all’altro capo del filo.
“ Ah, buongiorno, vorrei parlare con il dottor Zannini, per favore.”
“ Rimanga in linea e buona giornata.”
“ Reparto Psichiatria,” annunciò un’altra voce.
“ Il dottor Zannini, per favore.”
“ Chi devo annunciare ?”
“ Marini. Giulia Marini.”
“ Un attimo, per favore.”
“ Pronto ? ” rispose finalmente la voce del medico.
“ Sono Giulia Marini. Si ricorda di me ? ”
“ Certo che mi ricordo. Giulia ! Come sta ? ”  Sembrava quasi contento di sentirla.
“ Mi scusi se la disturbo …. ”
“ Non mi disturba affatto. Mi fa piacere sentirla. Come si      sente ? ”
“ Veramente, non molto bene.”
“ Ho sentito suo marito proprio qualche giorno fa, mi diceva che non è ancora andata da uno psichiatra.”
“ E’ vero, ma ho fissato l’appuntamento. Non sapevo che avesse parlato con mio marito.”
“ Beh.. io ho un certo interesse professionale per il suo caso e suo marito è molto preoccupato per la situazione. Spero non sia un problema se ci teniamo in contatto. Cosa posso fare per lei ? ”
“ La chiamavo per le pastiglie che mi ha prescritto…”
“ Sì ? ”
“ Mi chiedevo se poteva spiegarmi esattamente a cosa servono …”
Ci fu un attimo di silenzio sulla linea.
“ Sì … mi sembra di averle prescritto dello Xanax … ma un attimo solo che verifico ..”
Giulia rimase in attesa. Quindi, il dottor Zannini le aveva prescritto davvero dei farmaci. E Cesare stava facendo esattamente quello che il medico aveva ritenuto necessario.
“ Sì, è lo Xanax,” ribadì il dottor Zannini, “ si tratta di alprazolam, una sostanza che fa parte delle benzodiazepine. In parole molto semplici, si tratta di un ansiolitico che agisce soprattutto a livello del sistema nervoso centrale.”
“ Ma lei pensa che ne abbia bisogno ? ”
“ Beh, in genere questo tipo di farmaco ha effetti positivi nei casi di amnesia isterica.”
Ancora qualche istante di silenzio.
“ Giulia, ascolti… lei si trova in una condizione molto particolare, e questo peggiora lo stress. Ha perso la memoria, non ricorda nulla della sua vita e non riconosce neanche suo marito. E’ ovvio che vive in una condizione di estrema ansia. Questo potrebbe ostacolare o ritardare il recupero della memoria. Lo Xanax le serve per gestire questa forte ansia e quindi permettere ai suoi ricordi di cominciare a riemergere.”
“ Però mi sembra di stare peggio. Sono sempre molto stanca e depressa …”
“ Nelle sue attuali condizioni non c’è niente di anormale. Per questo è importante che prenda lo Xanax. Per quanto riguarda la stanchezza fisica, è evidente che lei ha molto bisogno di riposare. Non si faccia una violenza inutile e assecondi le esigenze del suo organismo.”
“ Quindi il mio malessere non dipende dalle medicine ?”
“ Lo escludo nel modo più assoluto. In alcuni soggetti lo Xanax può indurre sonnolenza, ma è un effetto collaterale di breve durata.”
“ Mi deve scusare, dottore, a volte mi sento quasi disperata … ”
Sentì i passi di Cesare nel corridoio.  
“ La devo lasciare,” concluse in fretta, “ mi scusi se le ho rubato del tempo.”
Riattaccò la cornetta, ma Cesare era già sulla porta e la guardava con aria perplessa.
“ Con chi stavi parlando ? ” chiese.
“ Con il dottor Zannini” rispose Giulia chiedendosi cosa le fosse saltato in mente di telefonare al medico. Veramente aveva creduto che suo marito le somministrasse medicine non necessarie ? E perché l’avrebbe fatto ? Era gentile e affettuoso e aveva fatto di tutto per metterla a suo agio.
Si preoccupava per lei.
Forse era questo che non funzionava, forse lei non sopportava che qualcuno le volesse bene. Quindi, essendo allergica ai matrimoni felici, aveva     deciso di estraniarsi dalla realtà, diventare temporaneamente pazza e inventarsi persecuzioni ai propri danni. Certo, sembrava tutto molto sensato. In effetti, vagare per la via principale di Stresa senza ricordare il proprio nome che senso aveva ? Ritrovarsi trentamila euro in una tasca della     giacca ? E la camicia insanguinata ? Il corpo pieno di lividi ? Avere paura della propria domestica e sospettare dei gesti affettuosi del proprio marito ?  Tutto questo che senso aveva ? Cosa significava ? Perché un leggero ansiolitico la faceva sentire uno straccio ? Che fosse davvero malata, seriamente malata ?
Guardò Cesare in faccia e capì che era perplesso quanto lei. Sicuramente si stava chiedendo perché sua moglie telefonava di nascosto al neurologo.
“ Perché la presa del telefono era staccata ? ” chiese lei pensando che la miglior difesa fosse l’attacco,   “ e perché Rosa mi impedisce di comunicare con l’esterno ? ”
“ Giulia, cosa stai dicendo ? Perché mai Rosa dovrebbe volerti impedire di parlare con     qualcuno ? ” chiese Cesare, evidentemente turbato dal suo strano comportamento anche se cercava di mantenere un atteggiamento calmo. “ Sinceramente non capisco perché tu ti stia agitando così per niente.”
“ Per niente ? Ah, pensi che sia niente ? ” rispose Giulia in tono irritato, “ magari avrei voglia di telefonare a Cristina ! O di provare a ridare un senso alla mia vita ! Forse non ne posso più di essere rinchiusa per tutto il tempo e di essere controllata da una carceriera …”
“ Una carceriera ? Ma chi, Rosa ? Andiamo, Giulia, ma cosa diavolo stai dicendo ? Che cosa ti ha    fatto ? ”
Non mi ha fatto niente !” urlò Giulia ormai priva di controllo, senza più riuscire a trattenere la frustrazione che la divorava. “ Niente, non mi ha fatto niente ! E’ perfetta. Un perfetto robot radiocomandato. Mi controlla come se fossi in libertà vigilata. Sa esattamente quante volte al giorno vado in bagno. Mi ha staccato il telefono e non mi lascia rispondere. Dice a tutti che non ci sono e che non sa quando tornerò. Perché non mi permette di parlare con nessuno ? ”
“ E a cosa ti servirebbe parlare al telefono con qualcuno ? Che cosa potresti dirgli ? Vuoi che tutti sappiano in che stato sei ridotta ? ”
“ Con Cristina potrei parlare ! ”
Cesare si lasciò cadere sconsolato sul bordo del letto.
“ Perdonami Giulia, è colpa mia. Ho detto io a Rosa di non passarti le telefonate. Ma l’ho fatto solo per non metterti in imbarazzo, per non crearti altre difficoltà. Pensavo che per te sarebbe stato meglio se i nostri amici non avessero saputo quello che ti è successo. Ero sicuro che avresti preferito così … conoscendoti. Ma ora mi rendo conto di avere sbagliato. E ti prego di scusarmi. Ero in buona fede, volevo solo proteggerti ” concluse sospirando piano, con le braccia aperte in segno di impotenza. Giulia si avvicinò al letto e si sedette accanto a lui. Non era più arrabbiata, la sua frustrazione si era dissolta come fumo nell’aria.
“ No, Cesare, sono io che ti devo chiedere scusa. E’ chiaro che in questo momento tu sai meglio di me come mi sarei comportata … ”  Pregò in silenzio che lui accettasse la sua richiesta di perdono.
Cesare le sorrise e lei si sentì rincuorata.
“ Se ti fa piacere telefonare a Cristina fallo quando vuoi. E se vuoi andare a trovarla, devi solo chiedere. Anzi, se ne hai voglia inviteremo qui a cena tutti i nostri amici.”
Giulia ci pensò per un momento. In effetti, il pensiero di incontrare persone in quel momento estranee e di dover conversare con loro tutta la sera la metteva in agitazione. Su questo Cesare non aveva torto. Invece l’idea di poter vedere Cristina e parlare con lei la riempiva di gioia. “ Sarò felicissima di vedere Cristina. Per gli altri amici … hai ragione tu. Che cosa potrei dirgli ? E’ ancora troppo presto … no, non è ancora il momento,” rispose. “ Perdonami, Cesare,” ripetè, “ sono molto confusa …”
“ E’ per questo che hai telefonato a Zannini ? ”
“ Non lo so. Non so perché l’ho chiamato. Avevo bisogno di parlare con qualcuno..”
Lui le prese le mani e le strinse affettuosamente   tra le sue. “Giulia, pensi di non poter parlare con me ? ” Lei si accorse che Cesare era emozionato. Gli tremava un po’ la voce. “ So che in questo momento non puoi ricordarlo, ma tu sei la persona più importante della mia vita.  Ti amo tanto, e farei qualsiasi cosa per te. Ti prego, parla con me. Chiedi quello che vuoi e se c’è qualcosa che ti fa soffrire prova a venire da me. Se Rosa non ti piace, troverò qualcun altro. Se vuoi andare da Cristina o in qualsiasi altro posto, ti ci porterò, e se preferisci andare da sola ti farò accompagnare. Qualsiasi cosa, Giulia. Tutto quello che desideri.”
Lei rimase a guardarlo in silenzio. “ O forse il problema sono io …” continuò Cesare,   “ … sono io, Giulia ? Perché se è così, se è la mia presenza a metterti a disagio o a darti fastidio, devi solo dirlo e io vado via, anche subito. Guarda, ci metto pochi minuti. Preparo una borsa e vado in albergo. Se ti può aiutare, sono disposto anche ad andarmene. ”
“ No, non voglio che tu vada via. Il problema sono io.”
“ Giulia, io voglio solo che tu stia bene. Qualsiasi cosa possa essere positiva per te e per noi due. ” Cesare ora stava piangendo. “ Ti amo così tanto. Non so perché ci troviamo a vivere in questo incubo, ma sono disposto a qualunque cosa per non perderti.”
Anche Giulia ora stava piangendo. “ Ti prego, non andartene ! Voglio restare con te. Ti prego, ti prego, non mi lasciare …”  Si abbracciarono continuando a piangere insieme. Poi smisero, i loro occhi si cercarono, le bocche si trovarono e si baciarono e fu bellissimo, anzi, stupendo. Giulia sentì per la prima volta di essere tornata a casa e di appartenere a quell’uomo.
“ Giulia, sei così bella,” sussurrò Cesare, continuando a baciarla, trovando i suoi seni con le mani, sollevandole la camicia da notte e accarezzandole le cosce. All’improvviso si staccò da lei. “ Ti prego, scusami. Non avrei dovuto.”
“ Perché ? ” chiese Giulia immaginando la risposta.
“ Sei confusa, non puoi essere sicura ….”
“ No, sono sicura.”
Cesare la guardò intensamente per qualche istante, come se volesse entrare nei suoi pensieri.
“ Ti prego, Cesare, facciamo l’amore. Ti prego.”
Lui continuava a guardarla, le mani staccate dal corpo di lei.
“ E’ quello che voglio” aggiunse lei stendendosi sul letto.
“ Aspetta. Ti voglio guardare. Solleva la camicia.”
Giulia lo guardò, un po’ meravigliata per la sua richiesta. Stava quasi tremando da quanto lo desiderava. E vide la stessa passione negli occhi di lui.
“ Fallo anche tu. Anch’io voglio guardarti.”
Lui rispose sfilandosi il pullover e rivelando un torace forte e muscoloso, attraversato da una lunga cicatrice, dalla spalla sinistra al fianco destro. Con rapidità si tolse prima le scarpe, poi i pantaloni e infine i boxer. Aveva cosce ben scolpite. Si rialzò e rimase in piedi davanti a lei. Giulia lo guardava ammirata. Aveva un corpo magnifico. Lo guardò tra le gambe, dove tra i peli neri e lucidi spuntava il suo membro in erezione, puntato verso di lei, e allungò una mano mossa dal desiderio di toccarlo.
“ Non ancora,” sussurrò Cesare. Si mise alle spalle di lei e con abilità le sfilò la camicia da notte. Giulia rise per l’improvviso senso di liberazione e rimase ferma mentre lui le toglieva piano le mutandine. “ Rimani ferma, davanti alla luce,” disse lui guardandola con la testa inclinata e gli occhi che brillavano per l’eccitazione. Giulia gli sorrise, sopraffatta dall’ammirazione che Cesare le dimostrava. Lui tornò alle sue spalle e cominciò ad accarezzarle la schiena con una mano, mentre con le dita dell’altra giocava con i suoi capelli. Quando tornò davanti a lei, la guardò con intensità mentre Giulia rimaneva ferma, nuda ed esposta al suo sguardo, poi si inginocchiò, le accarezzò dolcemente i lividi ormai sbiaditi e la baciò tra le cosce. Giulia sussultò leggermente, e poi ancora di più quando Cesare le aprì le labbra con le dita e cominciò ad accarezzarla con la lingua.
Giulia era persa tra il piacere e l’imbarazzo. Cercò di allontanarsi, ma lui la tenne ferma appoggiandole le mani sui fianchi.
 “ Fermati,” lo pregò lei, ma lui la sollevò e la schiacciò contro la parete. “Fermati…” sussurrò ancora lei, stravolta dalla sensazione di piacere. Quando Giulia smise di supplicare e cominciò a gemere, lui sollevò il viso e con un sorrisetto compiaciuto e vizioso le disse piano: “ Adesso possiamo andare a letto”. Giulia aveva sperato che lui continuasse a leccarla, invece la baciò profondamente in bocca, e lei sentì il calore della carne premuta contro la carne, dalla testa al seno, dal sesso alle gambe e fino alle dita dei piedi, e tremò sotto di lui. Giulia non voleva essere solo oggetto di attenzioni, ma cominciò a lottare per poter fare lo stesso per lui e dargli piacere. Impazziva dalla voglia di fare lo stesso per lui. Lui non la penetrò subito. La fece aspettare, chiedere, implorare. Quandò finalmente entrò dentro di lei, Giulia si aggrappò al suo corpo con le braccia e le gambe così strette da sentire male. Lui rise dolcemente per la passione con la quale Giulia lo teneva avvinto, ma in lui non c’era distacco. Nei suoi occhi c’era la stessa passione selvaggia di lei. Erano persi l’uno nell’altra. Cesare la cavalcò alternando delicatezza e brutalità, e durante gli ultimi momenti, mentre si muoveva lentamente dentro di lei, con gli occhi socchiusi e il respiro lento, Giulia cercò di incitarlo, di spingerlo dentro di sé più in fretta, ma lui la tenne ferma immobilizzandole le braccia sopra la testa e le sussurrò ancora di avere pazienza. La portò un’altra volta a implorarlo, e quando Giulia non potè resistere oltre, Cesare si staccò da lei. Con forza la tenne sdraiata sulla schiena mentre ancora giocava con le dita e con la lingua sul triangolo bagnato tra le sue gambe. Se Giulia pensava di avere già raggiunto il massimo del piacere e della passione Cesare le dimostrò che esistevano altre sensazioni, che crescono piano come la brace quando si trasforma in fiamma, e che cancellano il confine tra se stessi e il resto del mondo. Nonostante il distacco dalla realtà, Giulia percepiva l’unione con Cesare. Nel pieno dell’estasi di lei, lui le era montato sopra nuovamente, penetrandola con forza, e continuando a cavalcarla fino a quando Giulia non urlò insieme a lui. Per qualche minuto rimasero sdraiati senza parlare. Giulia era senza voce, esausta, i capelli sudati appiccicati alle braccia e ai seni. Dopo un po’ lui si voltò verso di lei e glieli accarezzò, liberandole le guance e la fronte. “ E’ stato stupendo. Sei sempre l’esperienza più incredibile che un uomo possa desiderare,”  le sussurrò Cesare. Cominciò ad alzarsi per prenderle un bicchiere d’acqua. Giulia pensò che lui era davvero un amante fantastico. Lo voleva ancora, e perché non se ne andasse gli avvolse entrambe le braccia intorno alle cosce. Cesare scoppiò a ridere, colto di sorpresa dal gesto inaspettato di lei. Giulia rimase avvinghiata alle sue gambe e scivolò giù dal letto cadendo sul pavimento. Lui si arrese, lasciandosi andare sopra di lei, e restarono sul pavimento a ridacchiare come due ragazzini.
“ Come ti sei fatto quella cicatrice ? Sembra recente.” chiese Giulia quando tornarono a letto.
“ Un cliente. O meglio, il cliente di un mio collega che non ha gradito la mia difesa. Sai che non amo occuparmi di casi di omicidio, ma non potevo negare un favore. Così, ho accettato di occuparmi della questione. L’hanno condannato a vent’anni. E lui mi ha ritenuto responsabile. Ma non parliamone più, non è un’esperienza che ricordo con piacere. Torna qui …”

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