venerdì 18 gennaio 2013

Capitolo 11


La settimana dopo Giulia fece un altro sogno. Si trovava davanti ad uno stabile elegante che non riconosceva. In lontananza, vedeva il tribunale di Milano con le sue squallide e disadorne facciate. Stava fissando una targa dorata. Sapeva che era l’indirizzo di uno studio legale, ma non riusciva a leggere nulla. I suoi occhi non mettevano a fuoco le lettere e i suoi piedi non obbedivano al comando di entrare nel portone. Era tutto molto confuso.
“ Ti senti bene ? ”
“ Cosa ? ”
Riemerse dalla nebbia dei ricordi con fatica e vide il volto di Cesare.
“ Stavo ripensando a un fatto del passato.”
“ Ti sei ricordata qualcosa ? ”
Giulia scosse la testa, chiedendosi che giorno fosse e quanti ne fossero passati da quando si era trovata bloccata davanti all’insegna di uno studio legale del quale non riusciva a leggere il nome.
“ Adesso devo andare in studio. Se hai bisogno di qualcosa, Rosa è in cucina.”
“ Che ore sono ? ”
“ Le sette e un quarto. Devo essere in ufficio alle otto.”
“ Le sette e un quarto del mattino ? ”
Cesare la baciò sui capelli. “ Sì, del mattino.”
“ Vorrei che non dovessi andartene,” piagnucolò lei, sentendosi subito disgustata di se stessa per il tono implorante della sua voce, “ non mi sento tranquilla quando non ci sei. Ho paura e mi sento sola.”
“ Giulia, non c’è niente di cui aver paura. Sei al sicuro a casa tua e stai cominciando a ricordare. Va tutto bene, cara.”
“ Sì, ma io non mi sento serena. Sono confusa e disorientata, e mi sento molto debole …”
“ Perché oggi non esci un po’? ” le suggerì Cesare, continuando a  prepararsi per andare al lavoro.   
“ Potresti chiedere a Rosa di accompagnarti a fare una passeggiata. ”
“ Non credo di avere molta voglia di camminare.”
“ Va bene, potresti farti portare in giro in macchina. Magari sul lungolago o sulla panoramica. Ti farebbe bene prendere un po’ d’aria.”
“ Non capisco perché sono sempre così stanca.”
“ Mi dispiace, tesoro. Adesso devo proprio andare. Non voglio far aspettare il cliente.”
“ Forse dovrei tornare dal dottor Zannini. Forse la mia testa ha davvero qualcosa che non va.”
“ Perché non ne discutiamo stasera quando torno ? Va bene ? ”
Le diede un altro bacio e si diresse alla porta.
“ Prima di andare chiedo a Rosa di portarti la colazione.”
“ Non ho voglia di mangiare.”
“ Ma devi mangiare. Vuoi stare meglio e guarire, non è vero ? ”
Guarire. Guarire. Quella parola le rimbalzava nel cervello come una pallina da ping pong mentre cercava con fatica di scendere dal letto per andare in bagno. Era difficile anche camminare diritta, e dovette concentrarsi per mettere un piede davanti all’altro. Quando finalmente arrivò in bagno non   si ricordava più cosa doveva fare.  “ Cosa mi succede ? ” si chiese osservando il suo viso nello specchio. Un filo di saliva le scendeva dall’angolo della bocca. Si pulì con disgusto. Tutta la sua faccia le sembrava strana, innaturale.
Cercò di raddrizzare le spalle e sentì una fitta fortissima alla schiena, un dolore di cui soffriva ormai da qualche giorno. Forse aveva davvero una malattia fisica che le aveva provocato l’amnesia e che poteva spiegare il malessere costante. Poteva essere un cancro ? Un tumore al cervello ? Ma se avesse sofferto di una malattia così grave, qualcuno degli esami ai quali era stata sottoposta al San Raffaele avrebbe presentato un valore anomalo. Non era possibile che non se ne fossero accorti.     E certamente non poteva essersi ammalata all’improvviso una volta tornata a casa. Si sciacquò il viso con l’acqua fredda, poi tornò a letto senza nemmeno asciugarsi e si avvolse nel lenzuolo.    
Il letto aveva l’odore di Cesare. Lo immaginò sdraiato accanto a lei, addormentato con il viso appoggiato alla sua schiena e le braccia che la tenevano contro il suo corpo. Adesso dividevano il letto, anche se si limitavano a dormire insieme. Non avevano più fatto l’amore dopo quel sabato mattina di passione …. quando era stato ?  La settimana  prima ? Quindici giorni fa ? Non se lo ricordava.  Non ne aveva più avuto voglia, era sempre troppo stanca. Cesare non le aveva più chiesto niente, si accontentava di dormire accanto a lei e di abbracciarla. Ma non era normale che quell’unica volta fosse stata l’ultima e che lei non riuscisse a ricordare quanto tempo era passato.
Cercò di girarsi nel letto provocando altre fitte di dolore. Respirò piano e profondamente, ma l’intensità degli spasmi non diminuì. Allora cercò di pensare ad altro, concentrandosi su pensieri più piacevoli, ripensando al sabato mattina in cui lei e Cesare avevano fatto l’amore… la voce di lui che le diceva cosa fare, la sua lingua calda tra le sue cosce, i muscoli forti della sua schiena che si tendevano sotto le sue dita quando era entrato dentro di lei. Aprì gli occhi sospirando e aspettandosi quasi di vedere il corpo nudo di Cesare in piedi davanti al letto. Ma quello che vide fu Rosa con il vassoio della colazione tra le mani.
“ L’avvocato mi ha detto che era sveglia.”
“ Non ho fame.”
“ L’avvocato ha detto che deve mangiare qualcosa. Coraggio, si tiri su e si sforzi.”
Il pensiero di mettersi seduta e di ingerire del cibo le faceva venire la nausea.
“ No, non voglio niente. Dormirò ancora un po’.”
“ L’avvocato ha detto che dopo la colazione dovrei accompagnarla a fare un giro in macchina.”
Giulia decise che resistere sarebbe stato inutile e troppo faticoso.
“ Va bene, andremo a fare un giro in macchina. Ma la colazione la porti via, non riuscirei a tenerla nello stomaco.” Giulia guardò la donna con aria speranzosa. “ Non crede che abbia preso un virus dell’influenza ? ” le chiese. In effetti, nessuno aveva preso in considerazione l’ipotesi di una malattia fisica. Si erano concentrati tutti sulla sua perdita di memoria, ma forse quella era la conseguenza di altro. Rosa le appoggiò una mano sulla fronte. “ Forse ha qualche linea di febbre” sentenziò, “ ma quando si passa tutto il giorno a letto non è così strano.”
Giulia si sentì subito in colpa, come se fosse stata sgridata.
“ Adesso mi alzo.”
“ Intanto prenda le sue pastiglie.”
La donna le porse le solite pillole bianche e un bicchiere d’acqua.
E’ come un mago che estrae conigli dai cappelli, pensò Giulia prendendo le pastiglie dalla mano di Rosa e guardandole esitante.
“ Avanti, le butti giù con un bel sorso d’acqua” la sollecitò Rosa. 
Dalla camera degli ospiti si sentì suonare il telefono. Cesare l’aveva fatto togliere dal comodino della camera da letto.
Rosa appoggiò il vassoio su una sedia. “ Torno subito” disse andando a rispondere.
“ Se è Cristina le voglio parlare” gridò Giulia, ma Rosa non rispose.
“Figuriamoci” disse a bassa voce osservandosi nello specchio del guardaroba. Cercò di appoggiare i piedi sul pavimento e nel muoversi le pastiglie rotolarono per terra. “Dannazione ! ” esclamò lasciandosi cadere sulle ginocchia per raccoglierle. Sollevando la testa verso lo specchio vide l’immagine di una donna nella posizione di un animale a quattro zampe. Si osservò sbigottita. Come aveva potuto ridursi in quello stato ?
Pensa, Giulia, pensa. Quando vagavi per le vie di Stresa ti sentivi bene. Sul treno e alla Rinascente stavi bene, e stavi bene anche al comando dei carabinieri e in ospedale. Non lo sei più stata quando hai cominciato a prendere queste maledette pastiglie. E’ da quando prendi queste medicine che dovrebbero essere un blando ansiolitico e farti stare meglio che non riesci più ad alzarti dal letto, non mangi nulla, sei sempre stanca e sbavi in quel modo disgustoso. Osservò per qualche istante le due pillole che aveva recuperato dal pavimento. Poi si alzò, aprì il cassetto della biancheria e le infilò velocemente in un paio di collant. Tornò al letto e si obbligò a bere l’acqua dal bicchiere che Rosa le aveva portato.
“ Era il negozio di alimentari. Il commesso della signora Borroni aveva bisogno di ricontrollare la lista per la consegna di oggi,” spiegò la donna rientrando nella camera di Giulia.
“ Abbiamo in programma qualcosa di speciale ? ”
 “ Questo dovrà chiederlo a suo marito. Ora è meglio se si prepara, così potremo uscire e prendere un po’ d’aria” concluse la donna cominciando a rifare il letto.
Giulia decise di non continuare la discussione. Con Rosa era quasi impossibile avere l’ultima parola, e comunque l’idea di evadere dalla monotonia della sua casa non le dispiaceva affatto. Non era stata lei a lamentarsi con Cesare di non poter mai andare in nessuno posto ? Quando le era passata anche la voglia di uscire ? E perché ? Che cosa le aveva fatto cambiare idea ?
Aprì il cassetto della biancheria perdendo tempo alla ricerca di un paio di mutandine da indossare, mentre il suo sguardo si fermava su un paio di collant appallottolate e spinte sotto le altre.
Rosa guidava con prudenza, suonando il clacson prima di ogni curva della strada panoramica che dalla villa scendeva al centro di Stresa. Giulia rinunciò da subito ad ogni tentativo di conversazione e si concentrò sul paesaggio, ammirando dall’alto lo splendido panorama delle isole del Golfo Borromeo. Si sentiva più lucida e più attenta del solito. Dipendeva dal fatto che non aveva preso le medicine o semplicemente era una questione di stato d’animo ? In fondo, da un po’ di tempo la sua vita era solo una questione di stati d’animo. Anzi, più che stati, movimenti. Come dire, un cervello alla deriva da settimane. Sorrise inconsapevolmente.
“ Si sta divertendo ? ” chiese Rosa.
“ Stavo solo riflettendo sull’assurdità di questa situazione. Se non fosse così incredibile, sarebbe ridicola.”
” Per l’avvocato è molto pesante.”
Bene, pensò Giulia, io invece mi diverto. Credo che l’avvocato potrebbe anche andare a farsi fottere. Dovette farsi violenza per urlare questi pensieri in silenzio. Un filo di saliva cominciò a scenderle dall’angolo della bocca. Giulia lo asciugò con la manica della camicia. Con discrezione, Rosa estrasse dalla tasca una confezione di fazzolettini di carta e gliela posò in grembo.
“ Grazie,” disse Giulia cominciando a piangere. Com’era possibile cambiare umore così all’improvviso? Pochi istanti prima stava sorridendo divertita e adesso singhiozzava. Forse mi comporto da bambina perché è così che mi trattano, pensò guardando un gruppo di ragazzini che attraversavano la strada sotto lo sguardo attento di un vigile.
Rosa imboccò il viale del lungolago in direzione di Belgirate. Giulia guardava le vetrine dei negozi alla sua destra. “ Ferma ! ” gridò all’improvviso e Rosa schiacciò istintivamente il pedale del freno.
“ Ma cosa succede ? Cosa le salta in mente ? ”
“ E’ la Promolago ! ” Giulia balzò giù dalla macchina e corse davanti alle vetrine dell’agenzia immobiliare.
“ Giulia, torni in macchina.”
Giulia la ignorò. In ogni caso, non avrebbe potuto muoversi neanche volendo. I suoi piedi erano artigliati all’asfalto come un amo alla bocca di un pesce. Stava tremando violentemente. Ad una velocità spaventosa, qualcosa le stava arrivando addosso come un’onda gigantesca, e non poteva fare niente per fermarla. Restò immobile dov’era, paralizzata per la sorpresa più che per lo spavento, mentre i ricordi facevano irruzione nella sua mente con una forza inarrestabile.

Era una luminosa giornata d’estate. L’aria profumava di gelsomino. Per Giulia, che vedeva ogni cosa con gli occhi dell’amore, Stresa era il paradiso in terra.
Stava ancora cercando di convincersi che fosse tutto reale. La settimana dopo avrebbe compiuto trent’anni, e lei avrebbe festeggiato il suo compleanno in quella meravigliosa cittadina, giusto per loro due. Si dedicò alla ricerca della casa con il cuore che le scoppiava di felicità. Visitò tutte le agenzie immobiliari della zona e dopo qualche giorno di intense ricerche, l’agenzia Promolago le trovò la villa dei suoi sogni : Villa delle Magnolie, in una posizione incantevole, con vista sulle isole del Golfo Borromeo, circondata da uno splendido parco. Anche Cesare se ne innamorò subito.           Si occupò lui delle pratiche per l’acquisto. Disse a Giulia di non sprecare il suo tempo con noiose pratiche notarili. Se ne sarebbe preoccupato il suo studio. Lei doveva dedicarsi a renderla un perfetto nido d’amore.
Ricordava ogni dettaglio del giorno delle sue nozze. L’arrivo in chiesa, la musica, i volti che la guardavano mentre camminava verso l’altare al braccio del suo editore e migliore amico, Luca.
Era stata una giornata perfetta, piena di allegria, baci e auguri di felicità. Naturalmente, c’erano tutti gli amici di Cesare e i collaboratori dello studio. Per lei, oltre a Luca, c’erano Tiziana con il fidanzato e  alcune ex colleghe della casa editrice.
E, naturalmente, c’era la madre di Cesare, l’unica parente degli sposi presente alla cerimonia.
E’ strano, aveva pensato Giulia, che quella signora anziana, con i capelli grigi e un abito nero fuori moda fosse stata la causa dell’unica nota stonata del giorno delle sue nozze. Non si era felicitata e non l’aveva mai baciata. Le sembrava che gli occhi della donna si riempissero di paura ogni volta che guardava il figlio. Presa dalla sua felicità, non le aveva dato troppo peso.
Ma le era rimasto impresso per molto tempo nella memoria.

“ Che cosa succede ? ” chiese Rosa dietro di lei.
“ Come ? ”
La fortissima sensazione che l’aveva travolta svanì lasciandole residui di ricordi. Si girò e sul viso di Rosa lesse un’espressione sbigottita e un po’ spaventata.
“ Lei pensa che io sia impazzita ? ” le chiese bruscamente.
La donna arretrò di un passo.
“ Credo che per lei sia un momento molto difficile.”
“ Non è una risposta alla domanda che le ho fatto.”
“ Non saprei cos’altro rispondere.”  Rosa parlava senza guardarla in faccia. “ Ora venga, Giulia, salga in macchina. E’ meglio tornare a casa.”
“ No, non voglio tornare a casa” rispose lei con aria risoluta. Era ancora persa nel ricordo che riemergendo improvviso l’aveva bloccata in mezzo a quel marciapiede. Che significato aveva ?  Che cosa stava cercando di comunicarle la sua mente ? E questi ricordi sono in qualche modo selezionati, scelti dal mio inconscio con un obiettivo preciso ? Ho ricordato un evento felice del mio passato, ma quando arriveremo al momento in cui cammino per la strada ricoperta di sangue e con le tasche piene di soldi ? Cos’ è successo tra questi due momenti ?
“ Mi accompagni a Verbania. Devo vedere mio marito.”
“ Lo vedrà stasera a casa.”
“ No. Voglio vederlo adesso.”
Rosa cercava di spingerla verso la macchina.
“ Signora, l’avvocato starà certamente ricevendo dei clienti. Forse è andato in tribunale. Non può pensare di incontrarlo nel suo studio in qualsiasi momento senza avvisarlo.”
“ Invece è quello che sto per fare.”
“ Non è per nulla una buona idea.”
“ Non ha importanza. Mi accompagni da mio marito o troverò un altro modo per arrivarci. Subito.” ordinò Giulia. Poi salì in macchina con aria decisa.
“ Mi sembra una pazzia.” commentò Rosa infilando la chiave nell’accensione.
Giulia le rispose con un sorriso sarcastico: “ La pazzia è il meglio che posso offrire al momento.”

“ Scusi, dove sta andando ? Oh ! Signora Giulia ! Non l’avevo riconosciuta …”
La giovane e graziosa segretaria la fissava con un’espressione sbalordita anche troppo evidente.    Ho un aspetto così disastroso ? si chiese Giulia, lanciando un’occhiata al vetro del quadro appeso nella sala d’aspetto.
“ Lelia, ” le disse leggendo il nome della ragazza sul badge appuntato alla camicetta e cercando di dare l’impressione di ricordarsi di lei, “ ho bisogno di vedere mio marito.”
“ E’ urgente ? E’ in riunione con alcuni clienti. La stava aspettando ? In caso contrario dovrà attendere che si liberi.”
“ Giulia, l’avevo avvisata che non si poteva fare un’improvvisata.” intervenne Rosa in tono severo.
Ancora Rosa ! Ma non poteva andare a farsi un  giro ?,  pensò Giulia irritata.
“ Non sapeva che sarei venuta, ma se lo avvisa mi riceverà subito. Gli dica che è urgente.”
La segretaria bussò timidamente alla porta ed entrò nella sala riunioni.
“ Non dovevamo venire. L’avvocato si arrabbierà con me.” borbottò Rosa.
“ Oh, ma la pianti.” rispose Giulia sgarbatamente massaggiandosi la fronte, sentendosi lucida per la prima volta da molti giorni.
Cesare uscì dalla porta della sala seguito dalla segretaria. “ Giulia ? ” la chiamò con espressione preoccupata, “ è successo qualcosa ? ”
Rosa intervenne subito. “ Avvocato, non ha voluto sentire ragioni. E’ voluta venire a tutti i costi.”
“ Non c’è problema. Ha fatto bene ad accompagnarla. E’ tutto a posto ? ”
“ Cesare, ho bisogno di parlarti.”
“ Certo. Andiamo nel mio ufficio. Rosa, si faccia portare qualcosa da bere da Lelia. Vieni, cara.” Guidò Giulia lungo il corridoio tenendola per un gomito e la fece accomodare nel suo studio.        Lei notò che era molto simile a quello che aveva a casa, con un grande tavolo di cristallo, poltrone in pelle nera e imponenti scaffalature piene di pesanti manuali di giurisprudenza.
“ Voglio vedere il dottor Zannini.” dichiarò lei mentre Cesare stava ancora chiudendo la porta.
“ Eravamo d’accordo che avresti cominciato una terapia psichiatrica.” rispose lui.
“ Sì, ma ci vorranno settimane prima che lo psichiatra possa ricevermi. Io voglio vedere un medico adesso.”
“ Lo vedrai,” concesse Cesare, “ ma non adesso. Eravamo d’accordo che ti saresti riposata per un po’ e in ogni caso il dottor Zannini non è il professionista ideale per il tuo caso, è solo un neurologo e per di più riceve a Milano. Non è proprio il caso che tu vada avanti e indietro inutilmente. E, ultima cosa, non avevamo deciso che saresti rimasta tranquilla fino a quando non ti fosse tornata la memoria ? ”
“ Ma sta succedendo ! ” Gli raccontò eccitata l’episodio di quel mattino davanti alle vetrine della Promolago.
“ Giulia,” disse Cesare piano, scegliendo le parole con cura, “ ascoltami con attenzione e non mi fraintendere. Quello che è successo stamattina è molto bello, ma è solo l’inizio. C’è ancora molta strada da fare. Hai fatto un paio di sogni, ti sei ricordata di un momento felice della tua vita che risale ad anni passati, ma niente che riguardi la tua vita attuale e le persone che hai frequentato fino a poche settimane fa. Credo che accelerare il recupero in modo innaturale sia controproducente.”
“ Ma se solo potessi parlare di questi miei ricordi con Zannini ….”
“ Cosa ? Pensi che la memoria ti tornerebbe come per magia ? ”
Lei mosse la testa affermativamente. Ma era davvero così ?
“ E’ molto difficile che accada,” le spiegò Cesare,  “ se la memoria doveva tornarti all’improvviso sarebbe già successo. Ormai è passato troppo tempo, e i tuoi ricordi sono solo frammenti, e per di più molto vaghi. Non voglio dire che la memoria non ti tornerà completamente, soltanto che ci vorrà del tempo prima che tutto torni come prima.”
“ Ma se ci volessero mesi ? ” Solo l’idea la riempiva d’angoscia.
“ Aspetteremo insieme. Non devi avere paura.”
“ E la mia carriera ?  Il mio lavoro ? ”
“ Credi di essere in grado di lavorare nelle tue attuali condizioni ? ”
Giulia sospirò profondamente.
“ Stamattina mi sento meglio. Credo che dipenda dal fatto che non ho preso le pastiglie.”
“ Non le hai prese ? Perché ? Rosa non te le ha portate ? ”
“ Sì, sì, me le ha date, ma mi sono cadute e … le ho buttate nel water.”  La bugia uscì dalle sue labbra quasi involontariamente. Perché non riusciva ad essere completamente sincera con suo marito ?
“ Buttate nel water ? Ma Giulia,  ti sembra un comportamento normale ? ”
“ Mi fanno stare peggio ! ”
Cesare si stava innervosendo. Cominciò a camminare avanti e indietro per l’ufficio con le mani dietro la schiena.
“ Senti, quando sono tornata a casa ero completamente smemorata ma fisicamente mi sentivo bene ! Ho cominciato a stare male quando ho preso le pastiglie, non c’è altra spiegazione. Può essere che il mio organismo sia intollerante, non so cosa pensare. In ogni caso, stamattina non le ho prese e mi sento meglio. Per favore, non arrabbiarti.”
Cesare si sedette accanto a lei e le prese le mani.     “ Giulia, tesoro mio, non sono arrabbiato. Sono preoccupato e angosciato quanto te. Voglio che tu stia bene, voglio che tutto torni come prima. Credi che io non soffra per questa situazione ? ”
“ Lo so. Vorrei tanto che la nostra vita tornasse serena e felice.”
“ Allora devi curarti. Fidati dei medici, ne sanno più di me e di te. Prendi le tue pastiglie.”
“ E se provassi a non prenderle solo per un po’ ? Se poi non starò meglio, ricomincerò la cura. Cosa ne pensi ? ”
“ Penso che butteremmo via del tempo. E non mi va di perdere neanche un minuto.”
Giulia non aveva più argomenti. Che differenza potevano fare pochi giorni ?
“ Senti, Giulia. Non facciamone un dramma. Se sei convinta che le pastiglie ti facciano stare peggio, va bene. Ne parlerò con il dottor Zannini e gli chiederò di prescriverti qualcos’altro. Gli chiederò anche cosa pensa dell’ipnosi, va bene ? ”
Qualcuno bussò alla porta in quel momento.
“ Sì ? ” disse Cesare.
Lelia entrò nello studio. “ L’avvocato Costa e il suo cliente mi hanno chiesto di dirle che hanno un altro impegno fra quaranta minuti. Se è necessario, per la transazione preferiscono tornare un altro giorno.”
“ No, non è necessario.” Cesare si alzò dalla sedia sistemandosi la cravatta.“ Chiuderemo la trattativa adesso. Per te va bene, Giulia ? ”
Lei si alzò di scatto. “ Devo andarmene ? ”
“ No, anzi, se hai voglia di aspettarmi per un po’ ti porto a pranzo alla Locanda della Luna e poi ti riaccompagno a casa io. Così chiacchieriamo ancora un po’.”
La fece accomodare in sala d’aspetto.
“ Rosa, lei può andare. E grazie per aver accompagnato qui mia moglie. Lelia, sia gentile, le tenga compagnia fino a quando non mi sarò liberato.”
Diede un bacio a Giulia e tornò in sala riunioni.
“ Vuole qualcosa da leggere ? ”
“ No, la ringrazio.”
Giulia osservò la ragazza tornare dietro alla scrivania e guardare il monitor del computer.
“ Si accomodi dove preferisce.”
Lei scelse una poltrona di fianco a una finestra che dava su un cortile rallegrato da aiuole fiorite.
“ Non è necessario che si occupi di me. Sono sicura che avrà molto lavoro da sbrigare. ”
“ Beh, in effetti sembra che il tempo non basti mai … l’avvocato mi ha detto che ultimamente non è stata molto bene, volevo dirle che mi dispiace e spero che ora stia meglio ..”
Chissà cosa aveva raccontato Cesare a quella ragazza e a tutti gli altri.
“ Mi sento meglio, grazie.”
“ Un virus influenzale, mi diceva l’avvocato.”
“ Sì, qualcosa del genere. Non hanno ancora capito bene di cosa si tratta.”
“ Ho sentito di altre persone che hanno avuto la febbre molto alta.”
“ Devo avere un pessimo aspetto.”
“ No, però si vede che è stata malata. E’ normale. La trovo un po’ dimagrita.”
Il telefono squillò e Lelia rispose.“ Studio Legale Panti e Osella, buongiorno. No, mi dispiace. L’avvocato Panti è in riunione e l’avvocato Osella in tribunale. Posso farla richiamare nel pomeriggio. Bene, grazie. Arrivederci.” Appena ebbe riattaccato il telefonò suonò nuovamente. Lelia guardò Giulia sorridendo. “ E’ un orario frenetico.”
Giulia si concentrò sull’arredamento della sala d’aspetto. Chissà se Cesare era stato aggredito proprio lì.
“ Studio Legale Panti .. oh sì, avvocato, aspettavamo la sua telefonata. La metto subito in contatto con l’interno.”
Giulia aspettò che la ragazza terminasse quello che stava facendo.
“ L’incidente è successo qui ? ”
“ L’incidente ? ”
“ Sì, l’aggressione a mio marito.”
“ Non capisco di cosa stia parlando…”
La porta della sala riunioni si aprì e Cesare ne uscì accompagnato da altri tre uomini. Uno di loro la guardò incuriosito e le strizzò l’occhio come se la conoscesse. Lei non rispose al saluto.
Si congedarono e Cesare tornò da lei. “ Andiamo a pranzo ? ”
Giulia gli sorrise meccanicamente pensando alla lunga cicatrice sul suo petto e ai punti chirurgici con i quali era stata suturata la ferita. Forse, oltre alla memoria stava perdendo anche la ragione. 

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