Marco
Costa entrò nella sala riunioni del suo studio e si guardò intorno. Era
arredata con splendidi mobili d’antiquariato, esattamente il contrario del
minimalismo in pelle e cristallo dello studio Panti & Osella. Alberto
Osella si sarebbe probabilmente sentito a disagio in un ambiente che trasudava
ricchezza, anche se non era uno stupido e sicuramente si era ripreso dalla
telefonata a sorpresa del giorno prima. Non ha importanza, riflettè, lo
inchioderò al muro in pochi minuti.
Spostò
tutte le sedie, lasciandone solo tre intorno al grande tavolo di legno
pregiato, una su un lato e le altre due di fronte. Davanti alla sua sedia
sistemò una grande busta bianca e una cartellina di documenti. Si sbottonò la
giacca del completo di Ferragamo, prese la rivoltella dalla cassaforte e la
caricò. La chiuse in un cassetto e osservò la sala. La scena era perfetta.
Guardò
il Rolex che portava al polso: erano le nove e un minuto. Il telefono squillò.
“
Avvocato, sono arrivati gli avvocati Panti e Osella,” annunciò la segretaria.
“
Mazzacani e Barbieri sono pronti ?”
“ Sì,
avvocato.”
“ Dica
all’avvocato Osella che tra un attimo sarò da loro.” Appoggiò il ricevitore,
staccò il doppino e chiuse tutto in un cassetto. Uscì dalla sala e attraversò
il corridoio fino all’atrio dello studio, concentrandosi sulla respirazione. Il
suo studio si trovava nell’attico di un palazzo recentemente ristrutturato,
nella piazza vecchia di Verbania, in una posizione magnifica. Quando si era
trasferito lì, i suoi avversari avevano malignato che con gli alimenti da
versare all’ex moglie non sarebbe riuscito a pagarsi l’affitto. Appoggiati alla
parete c’erano due uomini. “ Siete pronti ?” chiese Costa. Entrambi annuirono.
“ Bene,” disse ancora lui, “ sapete
cosa fare.”
I tre
uomini si diressero insieme verso l’atrio. Alberto Osella e Cesare Panti si
alzarono dal divano, e Costa guardò Panti con disgusto malcelato. Il colorito
grigiastro, gli occhi infossati e la barba lunga, Cesare non accennò neanche un
saluto. Costa e Osella si strinsero la mano, poi Costa si rivolse ai due uomini
che l’accompagnavano: “ Accomodatevi qui. Tornerò da voi fra pochi minuti.”
Cesare
osservò i due uomini con una sensazione di disagio, che diventò più intensa
quando uno di loro, sistemandosi la giacca, lasciò intravedere un distintivo
infilato nella cintura.
“
Prego, andiamo in sala riunioni,” invitò Costa.
Li
fece accomodare e si sedette di fronte a loro.
Osella
si schiarì la voce: “ Per cominciare, Marco, voglio precisare che l’avvocato
Panti e io siamo qui per una questione di cortesia professionale, con
l’intenzione di raggiungere un accordo, e non per le minacce sottintese nella
telefonata di ieri mattina. L’avvocato Panti mi ha parlato dei fatti
avvenuti, ammette di essere stato un po’
brusco ed è disposto a indennizzare la signora Marini per le eventuali spese
mediche possa avere sostenuto. Nonostante questo, non riteniamo sia necessario
arrivare a soluzioni drastiche. Desidero che la nostra posizione sia molto
chiara prima di proseguire.”
Costa
accennò un sorriso, poi, come se Osella non avesse detto neanche una parola,
aprì la cartellina appoggiata davanti a lui e ne estrasse due documenti. Passò
copia di entrambi a Osella e un solo documento a Panti.
“
Alberto, ” esordì, “ davanti a te ci sono due documenti. Uno dovrà essere
firmato da te in qualità di legale rappresentante del vostro studio e uno dal
tuo assistito. Riassumendo, nel suo documento Cesare Panti accetta l’immediata
separazione consensuale dalla moglie Giulia Marini. Non potrà mai più vederla
né avere alcun tipo di contatto con lei, telefonico o epistolare, per nessun
motivo. Quando sarà il momento del divorzio, me ne occuperò io per la mia
assistita. Acconsente che la signora prelevi tutti i suoi effetti personali a Villa
delle Magnolie, e non sarà presente nel momento in cui avverrà. Inoltre, si
impegna a versare immediatamente alla signora Marini la somma di due milioni di
euro, su un conto corrente indicato in calce al documento. Da parte sua, la
signora Marini rinuncia a sporgere denuncia contro Cesare Panti per i fatti di
tre sere fa e non avanzerà nessun’altra richiesta finanziaria.”
Poi
guardò Osella direttamente negli occhi: “ Nel tuo documento, Alberto, lo studio
Panti & Osella si impegna a versare alla signora Marini la somma di un
milione di euro, a mantenere in essere la polizza assicurativa di cui gode e a
pagare qualsiasi altra spesa medica e psichiatrica che non sia coperta
dall’assicurazione. Da parte sua, la signora Marini libera lo studio legale da
ogni responsabilità e si impegna a non rilasciare interviste e a non fornire
informazioni sull’accaduto agli organi di stampa.”
Alberto
Osella alzò la testa dal documento che aveva in mano.
“
Marco, ti dico subito che né l’avvocato Panti né il mio studio hanno intenzione
di sottoscrivere questo accordo assurdo. La signora Marini dovrebbe accettare
l’offerta del mio assistito di pagare le spese mediche, oppure può intentarci
causa, o può sporgere denuncia. E’ la sua parola contro quella del marito.
Questa è la nostra posizione.”
Costa
schiacciò un pulsante sotto la scrivania e con l’altra mano aprì la busta
bianca, ne estrasse una fotografia e la spinse verso Alberto Osella. “ Alberto,
tu conosci la signora Marini, vero ?”
“
Certamente. Da molti anni.” Prese la
foto. “ Sì, è lei.”
“
Diciamo che è la donna che hai conosciuto. Era così fino a circa tre giorni
fa.” Poi fece scivolare verso Osella un’altra decina di fotografie. “ Oggi
invece è così, anche se devo riconoscere che le prime cure mediche hanno molto
migliorato il suo aspetto.”
Alberto
Osella prese una delle foto e impallidì come un cadavere. Sembrava che dovesse
vomitare in quel momento. Non riuscì a dire una parola, mentre la mano che
teneva la foto cominciò a tremare in modo incontrollato. In quel momento, la
porta della sala si aprì e la segretaria di Costa entrò. “ Mi scusi, avvocato,
ma c’è una telefonata urgente per l’avvocato Osella.”
Osella
lasciò cadere la foto sul tavolo come se il contatto con quell’immagine gli
stesse ustionando la pelle, e visibilmente scosso si alzò. Guardò la segretaria
come se volesse ringraziarla per l’interruzione. “ Vengo subito,” le disse, “
grazie.” Poi si rivolse a Cesare come se
non l’avesse mai visto prima. Con voce incolore, gli disse: “ Devo consigliarti
di non dire una parola fino a quando non sarò tornato.” Uscì dalla sala ancora
pallido come un cencio.
Marco
Costa si rivolse a Cesare, che non aveva ancora aperto bocca. Gli occhi di
Cesare fissavano l’avversario carichi di odio e, pensò Costa, anche di follia.
“
Brutto bastardo,” sibilò, “ non penserai davvero che io firmi quell’accordo ?”
Si alzò in piedi.
“
Piuttosto ti ammazzo e poi vado a finire il lavoro con quella puttana ingrata.”
Costa
estrasse la pistola dal cassetto e la puntò verso Cesare. “ Rimani seduto,
brutto figlio di una cagna, o ti sparo in faccia per legittima difesa.”
Cesare
si immobilizzò, poi tornò a sedersi senza dire altro.
“ Tu,
schifoso topo di fogna, “ proseguì Costa,
“ firmerai quel pezzo di carta prima di uscire da qui. Sai chi sono gli
uomini seduti qui fuori ? Sono poliziotti, e stanno aspettando che io li
chiami. Sarai arrestato con l’accusa di tentato omicidio e stupro aggravato. Ti
metteranno le manette e ti faranno sfilare in piazza, dove ti aspettano un bel
po’ di fotografi e giornalisti. Ti porteranno in carcere, e tu sai cosa pensano
i detenuti degli stupratori. Ti faranno un gran bel culo, in ogni senso. Non
vedo l’ora. Tu firmerai, razza di bastardo, o io ti rovino, hai capito
bene ?”
Cesare
rimase in silenzio. Costa abbassò la pistola sotto il tavolo, e la puntò verso
le gambe dell’uomo.
Rimasero
così fino a quando Alberto Osella rientrò. Solo allora Costa rimise l’arma nel
cassetto.
Osella
si sedette evitando di guardare le foto ancora appoggiate davanti a lui. “
Marco, ” disse, “ anch’io credo che sia necessario raggiungere un accordo
soddisfacente per entrambe le parti, ma le richieste della … ” La segretaria di
Costa entrò nuovamente: “ Mi scusi, avvocato, ma il telefono sembra
impazzito. Stanno chiamando i giornalisti di cronaca nera di tutte le testate
locali, e sulla sua linea privata c’è il capo redattore di Repubblica.
Dice che è molto urgente.”
“
Grazie, Barbara, ” rispose Costa, “ tienilo qualche minuto in attesa. E, per
favore, vuoi chiedere a Sandra di venire qui con il timbro dello studio e altri
due testimoni ?”
La
ragazza uscì, e Costa si rivolse a Osella. “ Vedi, Alberto, credo che ora la
vostra posizione sia più definita
rispetto a quando siete arrivati. Io credo che tu sia un buon avvocato e un
uomo intelligente, e sono certo che prenderai la decisione migliore.” Appoggiò
due penne sopra i documenti. L’assistente di Costa entrò in quel momento con il
timbro e con altri due avvocati dello studio.
“
Questo non è ammissibile,” protestò Osella, “ mi stai minacciando …” Si
interruppe quando vide Cesare prendere la penna e firmare. Anche i testimoni
firmarono e il documento fu immediatamente timbrato. “ Ma cosa sta succedendo
?” urlò, “ Cesare, cosa cazzo stai combinando ?”
“
Alberto,” lo interruppe Costa, “ io e il signor Panti abbiamo raggiunto
un accordo. Manca solo la tua firma.” Alberto Osella sembrava invecchiato di
dieci anni in pochi minuti. Si piegò su se stesso, prese la penna e firmò.
Marco
Costa si alzò e raccolse i documenti. “ Grazie, Alberto. Il denaro dovrà essere
versato entro quarantotto ore, come previsto nell’accordo. Appena la ricevuta
del bonifico sarà sulla mia scrivania, farò firmare le vostre copie alla
signora Marini. Probabilmente dovremo aspettare che sia operata, ma non credo
che per te sia un problema, vero ?”
“ Va
bene,” mormorò Osella.
“
Barbara, sia gentile,” chiese Costa alla segretaria, “ accompagni i signori all’uscita
di servizio. Credo che preferiscano evitare di passare in piazza. E riferisca
ai giornalisti che per un paio di giorni non sarò disponibile, grazie.”
Li
seguì fino all’uscita e poi andò a cercare i due uomini. Estrasse alcune
banconote da cinquecento euro da un fermasoldi: “ Grazie, ragazzi, alla
prossima.”
Tornò
in sala riunioni e si sedette, solo.
Pensò
a tutti i soldi che avrebbe incassato e a tutti gli anni in cui avrebbe pagato
l’affitto dell’attico.
Poi pensò
alla sera in cui aveva ballato con Giulia e gli si strinse il cuore.
Marco
Costa arrivò all’ospedale di Domodossola con una valigetta ventiquattrore, una
piccola borsa termica e un mazzo di gigli. Giulia era seduta a letto, e beveva
un succo di frutta con una cannuccia.
L’avvocato
le prese il bicchiere e lo appoggiò sul comodino.
“ Il
succo di frutta non ti fa bene,” le disse estraendo una bottiglia di Dom
Perignon e due flûtes di cristallo dalla borsa termica. Versò lo champagne nei
bicchieri e ne porse uno a Giulia.
Lei lo
prese e disse: “ Marco, ho pensato a quello che ti ho detto, e credo che le mie
richieste potrebbero essere ridimensionate. Naturalmente, sulla separazione e
sul fatto che non voglio vedere Cesare mai più non si discute. Ma per quanto
riguarda gli effetti personali e i soldi ne possiamo parlare. Non sono sicura
di volere indietro i gioielli, sicuramente non sono oggetti che indosserò e non
sono legati a ricordi piacevoli. Per quanto riguarda i soldi, considera che ho
appena pubblicato un libro e ho già un altro lavoro, quindi avrò bisogno di una
cifra che copra solo le necessità immediate.”
Lui le
posò i fiori in grembo. “ Di affari parleremo dopo.”
“
Grazie, sono bellissimi.”
“
Volevo venire a trovarti prima, ma il dottor Marri mi ha chiesto di aspettare
qualche giorno dopo l’operazione. Come stai ?” Le osservò il viso da vicino. Si
vedevano solo gli occhi ed era ancora completamente avvolta dalle bende.
Probabilmente avevano dovuto rasarle la testa.
“ Mi
sento abbastanza bene. Carlo ha detto che l’operazione è andata benissimo,
quindi pensa di dimettermi tra pochi giorni.”
“ A
proposito di questo, ti ho portato qualcosa di utile.” Prese un mazzo di chiavi
dalla valigetta. “Queste aprono un
piccolo appartamento completamente ammobiliato a Milano, in corso Magenta,
proprio di fianco al Cenacolo. E’ di un amico che starà via qualche mese,
quindi puoi rimanere lì senza problemi per tutto il tempo che ti servirà. La
mia segretaria Barbara ti porterà oggi pomeriggio i vestiti che hai chiesto e
qualche accessorio da donna, come mi ha specificato guardandomi con un’aria di
sufficienza.”
“ E’
stata molto gentile.”
“ Per
quanto riguarda la macchina, non l’ho ancora riconsegnata. Credo che ti servirà
fino a quando non avrai deciso cosa fare. La restituiremo più avanti.”
“ Va
bene, in effetti mi sarà utile.”
“ Ora,
parliamo della separazione. La condizione per una consensuale immediata è che
tu ti impegni a non rilasciare interviste o a parlare con gli organi di stampa
della vicenda.”
“ Non
ci penso neanche. Voglio solo lasciarmi tutto alle spalle.”
“ C’è
un’altra cosa. Non potremo procedere con una denuncia nei confronti di tuo
marito. In cambio, non lo vedrai né lo sentirai mai più.”
“ Mi
sembra accettabile.”
“
Quanti soldi pensavi di chiedere ?”
“ Beh,
come ti dicevo prima, avrei bisogno di qualcosa per l’immediato e per
sistemarmi per qualche tempo …. diciamo
intorno ai ventimila euro ? O credi che sia troppo ?”
Lui
estrasse alcuni documenti dalla ventiquattrore. “ Mi sono permesso di aprirti
un conto corrente per gestire questa transazione. La cifra che ho chiesto è già
stata versata. Quindi, togliendo la mia parcella che, per casi come questi,
ammonta ad un terzo della somma concordata, tu in questo momento possiedi
esattamente due milioni di euro.”
Giulia
rimase allibita. “ Che … cosa ?!?”
“
Vedi, ero sicuro che molti dei guadagni di tuo marito non fossero esattamente
leciti, sicuramente non dichiarati, e il fatto che questa somma ti è stata
bonificata da una banca con sede in Svizzera me lo conferma. Inoltre ho
ritenuto che lo studio fosse in qualche modo corresponsabile. Alberto Osella
non poteva non sapere molte delle cose che sono successe negli ultimi sette
anni. Avrebbe dovuto fare qualcosa per fermare quel pazzo.”
“
Credo di volere altro champagne … sono sotto shock. Due milioni di euro ….”
“ Non
ti ridaranno gli ultimi anni, ma sicuramente renderanno i prossimi molto
confortevoli.”
“ Non
so da che parte iniziare a ringraziarti…”
“ Beh,
hai fatto di me un avvocato molto ricco,” rise Costa, “ in ogni caso, ti
suggerisco di contattare il mio studio per discutere di investimenti. Uno dei
miei associati è un mago nel campo dei titoli. Affidati a lui senza timori, ti
farà ottenere il massimo di interessi dal tuo capitale.”
Rimasero
qualche minuto in silenzio bevendo lo champagne. Poi Costa raccolse il coraggio
a due mani: “ Giulia, cosa farai ? Te ne andrai davvero ?”
“ Sì.
Ho bisogno di guarire … in molti sensi.”
“ Ti
rivedrò ?”
“
Penso proprio di sì. Se non ricordo male, abbiamo una cena in sospeso… ma non
cucinata da me ! Solo, in questo momento non so quando sarà .. ”
“ Non
importa. Aspetterò. ” Costa si alzò e le prese la mano. “ Arrivederci, Giulia.
Abbi cura di te.”
La
settimana dopo Giulia Marini uscì dall’ospedale e scomparve. Qualche settimana
più tardi i suoi pochi amici, uno per uno, ricevettero da lei una telefonata.
La conversazione fu più o meno la stessa con tutti.
“
Quando ci rivedremo ?”
“
Ancora non lo so, ma mi terrò in contatto.”
“
Starai via per molto ?”
“ Farò
un lungo viaggio. Ho molte cose da fare.”
“
Mandaci una cartolina.”
“ Vi
manderò una copia del prossimo libro.”
“ Non
vedo l’ora di riceverlo. E di riabbracciarti.”
“
Succederà, prima o poi, vedrai.”
“ Abbi
cura di te. Ti voglio bene.”
“
Arrivederci.”
Giulia
guardò gli ultimi raggi di sole che tingevano di arancio le dune del Namib.
Seduta sul fuoristrada, le mani sul volante, sentì tutta la magia dell’Africa
sulla pelle. Una piccola zampa si appoggiò delicatamente sulla sua spalla. Era
Elvis, il cucciolo di babbuino adottato dai bambini della scuola di Sossusvlei.
Non gli piaceva il buio, e voleva tornare a casa a giocare. Giulia lo prese in
braccio e lo coccolò per qualche minuto. Poi diede un ultimo sguardo al
tramonto, accese il motore e si diresse verso il suo piccolo alloggio. Doveva
ancora dare da mangiare a Elvis e preparare la lezione del giorno dopo. Avrebbe
insegnato alle bambine a fare il pane. Prima di andare a dormire avrebbe
lavorato un po’ sulle ultime foto scattate a Epupa Falls, si sarebbe preparata
un vassoio con dello stufato e un bicchiere di vino rosso che avrebbe gustato
davanti al fuoco, e infine avrebbe passato un po’ di tempo seduta al buio,
ascoltando il silenzio sotto le stelle del cielo africano. Dormiva poche ore, e
all’alba sarebbe già stata pronta a ricominciare un’altra giornata. Non voleva
più perdere un minuto. La vita era meravigliosa. Lei lo sapeva bene, aveva
rischiato di perderla. Ora, ogni secondo era prezioso, come il dono di una
seconda possibilità. Si asciugò una lacrima di felicità e strinse forte il
piccolo Elvis.
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