giovedì 21 febbraio 2013

Capitolo 27


Marco Costa entrò nella sala riunioni del suo studio e si guardò intorno. Era arredata con splendidi mobili d’antiquariato, esattamente il contrario del minimalismo in pelle e cristallo dello studio Panti & Osella. Alberto Osella si sarebbe probabilmente sentito a disagio in un ambiente che trasudava ricchezza, anche se non era uno stupido e sicuramente si era ripreso dalla telefonata a sorpresa del giorno prima. Non ha importanza, riflettè, lo inchioderò al muro in pochi minuti.
Spostò tutte le sedie, lasciandone solo tre intorno al grande tavolo di legno pregiato, una su un lato e le altre due di fronte. Davanti alla sua sedia sistemò una grande busta bianca e una cartellina di documenti. Si sbottonò la giacca del completo di Ferragamo, prese la rivoltella dalla cassaforte e la caricò. La chiuse in un cassetto e osservò la sala. La scena era perfetta.
Guardò il Rolex che portava al polso: erano le nove e un minuto. Il telefono squillò.
“ Avvocato, sono arrivati gli avvocati Panti e Osella,” annunciò la segretaria.
“ Mazzacani e Barbieri sono pronti ?”
“ Sì, avvocato.”
“ Dica all’avvocato Osella che tra un attimo sarò da loro.” Appoggiò il ricevitore, staccò il doppino e chiuse tutto in un cassetto. Uscì dalla sala e attraversò il corridoio fino all’atrio dello studio, concentrandosi sulla respirazione. Il suo studio si trovava nell’attico di un palazzo recentemente ristrutturato, nella piazza vecchia di Verbania, in una posizione magnifica. Quando si era trasferito lì, i suoi avversari avevano malignato che con gli alimenti da versare all’ex moglie non sarebbe riuscito a pagarsi l’affitto. Appoggiati alla parete c’erano due uomini. “ Siete pronti ?” chiese Costa. Entrambi annuirono. “ Bene,” disse ancora lui,       “ sapete cosa fare.”
I tre uomini si diressero insieme verso l’atrio. Alberto Osella e Cesare Panti si alzarono dal divano, e Costa guardò Panti con disgusto malcelato. Il colorito grigiastro, gli occhi infossati e la barba lunga, Cesare non accennò neanche un saluto. Costa e Osella si strinsero la mano, poi Costa si rivolse ai due uomini che l’accompagnavano: “ Accomodatevi qui. Tornerò da voi fra pochi minuti.”
Cesare osservò i due uomini con una sensazione di disagio, che diventò più intensa quando uno di loro, sistemandosi la giacca, lasciò intravedere un distintivo infilato nella cintura.
“ Prego, andiamo in sala riunioni,” invitò Costa.
Li fece accomodare e si sedette di fronte a loro.
Osella si schiarì la voce: “ Per cominciare, Marco, voglio precisare che l’avvocato Panti e io siamo qui per una questione di cortesia professionale, con l’intenzione di raggiungere un accordo, e non per le minacce sottintese nella telefonata di ieri mattina. L’avvocato Panti mi ha parlato dei fatti avvenuti,  ammette di essere stato un po’ brusco ed è disposto a indennizzare la signora Marini per le eventuali spese mediche possa avere sostenuto. Nonostante questo, non riteniamo sia necessario arrivare a soluzioni drastiche. Desidero che la nostra posizione sia molto chiara prima di proseguire.”
Costa accennò un sorriso, poi, come se Osella non avesse detto neanche una parola, aprì la cartellina appoggiata davanti a lui e ne estrasse due documenti. Passò copia di entrambi a Osella e un solo documento a Panti.
“ Alberto, ” esordì, “ davanti a te ci sono due documenti. Uno dovrà essere firmato da te in qualità di legale rappresentante del vostro studio e uno dal tuo assistito. Riassumendo, nel suo documento Cesare Panti accetta l’immediata separazione consensuale dalla moglie Giulia Marini. Non potrà mai più vederla né avere alcun tipo di contatto con lei, telefonico o epistolare, per nessun motivo. Quando sarà il momento del divorzio, me ne occuperò io per la mia assistita. Acconsente che la signora prelevi tutti i suoi effetti personali a Villa delle Magnolie, e non sarà presente nel momento in cui avverrà. Inoltre, si impegna a versare immediatamente alla signora Marini la somma di due milioni di euro, su un conto corrente indicato in calce al documento. Da parte sua, la signora Marini rinuncia a sporgere denuncia contro Cesare Panti per i fatti di tre sere fa e non avanzerà nessun’altra richiesta finanziaria.”
Poi guardò Osella direttamente negli occhi: “ Nel tuo documento, Alberto, lo studio Panti & Osella si impegna a versare alla signora Marini la somma di un milione di euro, a mantenere in essere la polizza assicurativa di cui gode e a pagare qualsiasi altra spesa medica e psichiatrica che non sia coperta dall’assicurazione. Da parte sua, la signora Marini libera lo studio legale da ogni responsabilità e si impegna a non rilasciare interviste e a non fornire informazioni sull’accaduto agli organi di stampa.”
Alberto Osella alzò la testa dal documento che aveva in mano.
“ Marco, ti dico subito che né l’avvocato Panti né il mio studio hanno intenzione di sottoscrivere questo accordo assurdo. La signora Marini dovrebbe accettare l’offerta del mio assistito di pagare le spese mediche, oppure può intentarci causa, o può sporgere denuncia. E’ la sua parola contro quella del marito. Questa è la nostra posizione.”
Costa schiacciò un pulsante sotto la scrivania e con l’altra mano aprì la busta bianca, ne estrasse una fotografia e la spinse verso Alberto Osella. “ Alberto, tu conosci la signora Marini, vero ?”
“ Certamente. Da molti anni.”  Prese la foto. “ Sì, è lei.”
“ Diciamo che è la donna che hai conosciuto. Era così fino a circa tre giorni fa.” Poi fece scivolare verso Osella un’altra decina di fotografie. “ Oggi invece è così, anche se devo riconoscere che le prime cure mediche hanno molto migliorato il suo aspetto.”
Alberto Osella prese una delle foto e impallidì come un cadavere. Sembrava che dovesse vomitare in quel momento. Non riuscì a dire una parola, mentre la mano che teneva la foto cominciò a tremare in modo incontrollato. In quel momento, la porta della sala si aprì e la segretaria di Costa entrò. “ Mi scusi, avvocato, ma c’è una telefonata urgente per l’avvocato Osella.”
Osella lasciò cadere la foto sul tavolo come se il contatto con quell’immagine gli stesse ustionando la pelle, e visibilmente scosso si alzò. Guardò la segretaria come se volesse ringraziarla per l’interruzione. “ Vengo subito,” le disse, “ grazie.” Poi si rivolse a  Cesare come se non l’avesse mai visto prima. Con voce incolore, gli disse: “ Devo consigliarti di non dire una parola fino a quando non sarò tornato.” Uscì dalla sala ancora pallido come un cencio.
Marco Costa si rivolse a Cesare, che non aveva ancora aperto bocca. Gli occhi di Cesare fissavano l’avversario carichi di odio e, pensò Costa, anche di follia.
“ Brutto bastardo,” sibilò, “ non penserai davvero che io firmi quell’accordo ?” Si alzò in piedi.         
“ Piuttosto ti ammazzo e poi vado a finire il lavoro con quella puttana ingrata.”
Costa estrasse la pistola dal cassetto e la puntò verso Cesare. “ Rimani seduto, brutto figlio di una cagna, o ti sparo in faccia per legittima difesa.”
Cesare si immobilizzò, poi tornò a sedersi senza dire altro.
“ Tu, schifoso topo di fogna, “ proseguì Costa,        “ firmerai quel pezzo di carta prima di uscire da qui. Sai chi sono gli uomini seduti qui fuori ? Sono poliziotti, e stanno aspettando che io li chiami. Sarai arrestato con l’accusa di tentato omicidio e stupro aggravato. Ti metteranno le manette e ti faranno sfilare in piazza, dove ti aspettano un bel po’ di fotografi e giornalisti. Ti porteranno in carcere, e tu sai cosa pensano i detenuti degli stupratori. Ti faranno un gran bel culo, in ogni senso. Non vedo l’ora. Tu firmerai, razza di bastardo, o io ti rovino, hai capito bene ?”
Cesare rimase in silenzio. Costa abbassò la pistola sotto il tavolo, e la puntò verso le gambe dell’uomo.
Rimasero così fino a quando Alberto Osella rientrò. Solo allora Costa rimise l’arma nel cassetto.
Osella si sedette evitando di guardare le foto ancora appoggiate davanti a lui. “ Marco, ” disse, “ anch’io credo che sia necessario raggiungere un accordo soddisfacente per entrambe le parti, ma le richieste della … ” La segretaria di Costa entrò nuovamente:   “ Mi scusi, avvocato, ma il telefono sembra impazzito. Stanno chiamando i giornalisti di cronaca nera di tutte le testate locali, e sulla sua linea privata c’è il capo redattore di Repubblica. Dice che è molto urgente.”
“ Grazie, Barbara, ” rispose Costa, “ tienilo qualche minuto in attesa. E, per favore, vuoi chiedere a Sandra di venire qui con il timbro dello studio e altri due testimoni ?”
La ragazza uscì, e Costa si rivolse a Osella. “ Vedi, Alberto, credo che ora la vostra posizione sia più  definita rispetto a quando siete arrivati. Io credo che tu sia un buon avvocato e un uomo intelligente, e sono certo che prenderai la decisione migliore.” Appoggiò due penne sopra i documenti. L’assistente di Costa entrò in quel momento con il timbro e con altri due avvocati dello studio.
“ Questo non è ammissibile,” protestò Osella, “ mi stai minacciando …” Si interruppe quando vide Cesare prendere la penna e firmare. Anche i testimoni firmarono e il documento fu immediatamente timbrato. “ Ma cosa sta succedendo ?” urlò, “ Cesare, cosa cazzo stai combinando ?”
“ Alberto,” lo interruppe Costa, “ io e il signor Panti abbiamo raggiunto un accordo. Manca solo la tua firma.” Alberto Osella sembrava invecchiato di dieci anni in pochi minuti. Si piegò su se stesso, prese la penna e firmò.
Marco Costa si alzò e raccolse i documenti. “ Grazie, Alberto. Il denaro dovrà essere versato entro quarantotto ore, come previsto nell’accordo. Appena la ricevuta del bonifico sarà sulla mia scrivania, farò firmare le vostre copie alla signora Marini. Probabilmente dovremo aspettare che sia operata, ma non credo che per te sia un problema,   vero ?”
“ Va bene,” mormorò Osella.
“ Barbara, sia gentile,” chiese Costa alla segretaria,                      “ accompagni i signori all’uscita di servizio. Credo che preferiscano evitare di passare in piazza. E riferisca ai giornalisti che per un paio di giorni non sarò disponibile, grazie.”
Li seguì fino all’uscita e poi andò a cercare i due uomini. Estrasse alcune banconote da cinquecento euro da un fermasoldi: “ Grazie, ragazzi, alla prossima.”
Tornò in sala riunioni e si sedette, solo.
Pensò a tutti i soldi che avrebbe incassato e a tutti gli anni in cui avrebbe pagato l’affitto dell’attico.
Poi pensò alla sera in cui aveva ballato con Giulia e gli si strinse il cuore.

Marco Costa arrivò all’ospedale di Domodossola con una valigetta ventiquattrore, una piccola borsa termica e un mazzo di gigli. Giulia era seduta a letto, e beveva un succo di frutta con una cannuccia.
L’avvocato le prese il bicchiere e lo appoggiò sul comodino.
“ Il succo di frutta non ti fa bene,” le disse estraendo una bottiglia di Dom Perignon e due flûtes di cristallo dalla borsa termica. Versò lo champagne nei bicchieri e ne porse uno a Giulia.
Lei lo prese e disse: “ Marco, ho pensato a quello che ti ho detto, e credo che le mie richieste potrebbero essere ridimensionate. Naturalmente, sulla separazione e sul fatto che non voglio vedere Cesare mai più non si discute. Ma per quanto riguarda gli effetti personali e i soldi ne possiamo parlare. Non sono sicura di volere indietro i gioielli, sicuramente non sono oggetti che indosserò e non sono legati a ricordi piacevoli. Per quanto riguarda i soldi, considera che ho appena pubblicato un libro e ho già un altro lavoro, quindi avrò bisogno di una cifra che copra solo le necessità immediate.”
Lui le posò i fiori in grembo. “ Di affari parleremo dopo.”
“ Grazie, sono bellissimi.”
“ Volevo venire a trovarti prima, ma il dottor Marri mi ha chiesto di aspettare qualche giorno dopo l’operazione. Come stai ?” Le osservò il viso da vicino. Si vedevano solo gli occhi ed era ancora completamente avvolta dalle bende. Probabilmente avevano dovuto rasarle la testa.
“ Mi sento abbastanza bene. Carlo ha detto che l’operazione è andata benissimo, quindi pensa di dimettermi tra pochi giorni.”
“ A proposito di questo, ti ho portato qualcosa di utile.” Prese un mazzo di chiavi dalla valigetta.        “Queste aprono un piccolo appartamento completamente ammobiliato a Milano, in corso Magenta, proprio di fianco al Cenacolo. E’ di un amico che starà via qualche mese, quindi puoi rimanere lì senza problemi per tutto il tempo che ti servirà. La mia segretaria Barbara ti porterà oggi pomeriggio i vestiti che hai chiesto e qualche accessorio da donna, come mi ha specificato guardandomi con un’aria di sufficienza.”
“ E’ stata molto gentile.”
“ Per quanto riguarda la macchina, non l’ho ancora riconsegnata. Credo che ti servirà fino a quando non avrai deciso cosa fare. La restituiremo più avanti.”
“ Va bene, in effetti mi sarà utile.”
“ Ora, parliamo della separazione. La condizione per una consensuale immediata è che tu ti impegni a non rilasciare interviste o a parlare con gli organi di stampa della vicenda.”
“ Non ci penso neanche. Voglio solo lasciarmi tutto alle spalle.”
“ C’è un’altra cosa. Non potremo procedere con una denuncia nei confronti di tuo marito. In cambio, non lo vedrai né lo sentirai mai più.”
“ Mi sembra accettabile.”
“ Quanti soldi pensavi di chiedere ?”
“ Beh, come ti dicevo prima, avrei bisogno di qualcosa per l’immediato e per sistemarmi per qualche tempo ….  diciamo intorno ai ventimila euro ? O credi che sia troppo ?”
Lui estrasse alcuni documenti dalla ventiquattrore. “ Mi sono permesso di aprirti un conto corrente per gestire questa transazione. La cifra che ho chiesto è già stata versata. Quindi, togliendo la mia parcella che, per casi come questi, ammonta ad un terzo della somma concordata, tu in questo momento possiedi esattamente due milioni di euro.”
Giulia rimase allibita. “ Che … cosa ?!?”
“ Vedi, ero sicuro che molti dei guadagni di tuo marito non fossero esattamente leciti, sicuramente non dichiarati, e il fatto che questa somma ti è stata bonificata da una banca con sede in Svizzera me lo conferma. Inoltre ho ritenuto che lo studio fosse in qualche modo corresponsabile. Alberto Osella non poteva non sapere molte delle cose che sono successe negli ultimi sette anni. Avrebbe dovuto fare qualcosa per fermare quel pazzo.”
“ Credo di volere altro champagne … sono sotto shock. Due milioni di euro ….”
“ Non ti ridaranno gli ultimi anni, ma sicuramente renderanno i prossimi molto confortevoli.”
“ Non so da che parte iniziare a ringraziarti…”
“ Beh, hai fatto di me un avvocato molto ricco,” rise Costa, “ in ogni caso, ti suggerisco di contattare il mio studio per discutere di investimenti. Uno dei miei associati è un mago nel campo dei titoli. Affidati a lui senza timori, ti farà ottenere il massimo di interessi dal tuo capitale.”
Rimasero qualche minuto in silenzio bevendo lo champagne. Poi Costa raccolse il coraggio a due mani: “ Giulia, cosa farai ? Te ne andrai davvero ?”
“ Sì. Ho bisogno di guarire … in molti sensi.”
“ Ti rivedrò ?”
“ Penso proprio di sì. Se non ricordo male, abbiamo una cena in sospeso… ma non cucinata da me ! Solo, in questo momento non so quando sarà .. ”
“ Non importa. Aspetterò. ” Costa si alzò e le prese la mano. “ Arrivederci, Giulia. Abbi cura di te.”

La settimana dopo Giulia Marini uscì dall’ospedale e scomparve. Qualche settimana più tardi i suoi pochi amici, uno per uno, ricevettero da lei una telefonata. La conversazione fu più o meno la stessa con tutti.
“ Quando ci rivedremo ?”
“ Ancora non lo so, ma mi terrò in contatto.”
“ Starai via per molto ?”
“ Farò un lungo viaggio. Ho molte cose da fare.”
“ Mandaci una cartolina.”
“ Vi manderò una copia del prossimo libro.”
“ Non vedo l’ora di riceverlo. E di riabbracciarti.”
“ Succederà, prima o poi, vedrai.”
“ Abbi cura di te. Ti voglio bene.”
“ Arrivederci.”

Giulia guardò gli ultimi raggi di sole che tingevano di arancio le dune del Namib. Seduta sul fuoristrada, le mani sul volante, sentì tutta la magia dell’Africa sulla pelle. Una piccola zampa si appoggiò delicatamente sulla sua spalla. Era Elvis, il cucciolo di babbuino adottato dai bambini della scuola di Sossusvlei. Non gli piaceva il buio, e voleva tornare a casa a giocare. Giulia lo prese in braccio e lo coccolò per qualche minuto. Poi diede un ultimo sguardo al tramonto, accese il motore e si diresse verso il suo piccolo alloggio. Doveva ancora dare da mangiare a Elvis e preparare la lezione del giorno dopo. Avrebbe insegnato alle bambine a fare il pane. Prima di andare a dormire avrebbe lavorato un po’ sulle ultime foto scattate a Epupa Falls, si sarebbe preparata un vassoio con dello stufato e un bicchiere di vino rosso che avrebbe gustato davanti al fuoco, e infine avrebbe passato un po’ di tempo seduta al buio, ascoltando il silenzio sotto le stelle del cielo africano. Dormiva poche ore, e all’alba sarebbe già stata pronta a ricominciare un’altra giornata. Non voleva più perdere un minuto. La vita era meravigliosa. Lei lo sapeva bene, aveva rischiato di perderla. Ora, ogni secondo era prezioso, come il dono di una seconda possibilità. Si asciugò una lacrima di felicità e strinse forte il piccolo Elvis.

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