Il
dottor Iacono si risvegliò all’improvviso. Qualcuno aveva spalancato la porta
lasciando entrare una folata d’aria fredda in quella notte di fine ottobre,
scuotendolo dal suo sonnellino. Rialzò la testa dalla scrivania, cercando di
liberarsi dello stetoscopio avvolto intorno al collo. Quando vide la persona
che aveva aperto la porta si irrigidì.
Una
donna era ferma sulla soglia, e indossava solo dei jeans e una camicia
lacerata. La mano destra era sollevata e stringeva il gomito contro le coste.
Sembrava che il seno destro fosse più grande del sinistro, che era nudo. I
capelli biondi erano scompigliati, ma il viso era addirittura devastato e
irriconoscibile. Non sembrava neanche un essere umano. Gli occhi erano gonfi e
quasi chiusi, il naso schiacciato, le guance e la fronte ricoperte di sangue.
Fece due passi all’interno e poi rimase immobile, senza dire una parola.
Il
medico si alzò di scatto e velocemente andò verso la donna, afferrando con una
mano una lettiga. “ Stia
tranquilla, va tutto bene,” le disse prendendole delicatamente il gomito
sinistro e avvicinandola alla lettiga. Mentre guidava la donna urlò: “
Infermiera !”. Una donna robusta con un libro in mano si affacciò alla porta,
lasciò cadere il libro e corse verso la lettiga.
“ La
sala uno,” disse il medico spingendo la lettiga nel corridoio. Appena arrivati
in sala visite, prese il polso della donna. “ Il polso è debole. Misuriamo la
pressione. E chiamate traumatologia, immediatamente.”
“
Pressione centodieci, la minima sessanta,” disse l’infermiera, “ da
traumatologia sta arrivando il dottor Fornara.”
“ Le
dobbiamo togliere i vestiti,” disse alla donna,
“ è in grado di muoversi ?”
“ No,”
bisbigliò la donna senza muovere le labbra tumefatte.
“
Forbici,” ordinò il medico all’infermiera, “ tagliamo.”
Mentre
l’infermiera cominciava a lavorare con le forbici, un altro medico entrò nella
sala. Guardò la donna sulla lettiga e rimase un attimo impietrito. Poi si
avvicinò velocemente al collega. “ Cosa abbiamo ?” chiese.
“
Ematoma esteso al seno destro, che è gonfio quasi il doppio del sinistro.
Tumefazioni ed escoriazioni multiple all’addome. Dolore al torace.”
“ I
polmoni ?”
“ Mi
sembrano illesi. Riesce ad alzare il braccio destro ?”
“
No….,” bisbigliò lei, “…. male.”
Il
dottor Fornara guardò il collega e l’infermiera. “ Facciamo immediatamente una radiografia
del torace,” ordinò, “ del cranio e delle ossa facciali. Emocromo completo,
gruppo sanguigno e test di agglutinazione crociata. Prelevate sei unità di
sangue. Infermiera, le inserisca una flebo con mille cc di fisiologica
normale.”
La
donna continuava a restare immobile, sdraiata sulla lettiga.
Il
dottor Iacono si chinò verso di lei. “ Signora, va tutto bene. Ci occuperemo di
lei. Ho bisogno di alcuni dati. Può dirmi come si chiama ?”
La
donna non rispose.
“
Signora, qual’ è il suo nome ?”
Ancora
nessuna risposta.
“ E’
cosciente ?” chiese Fornara a Iacono avvicinandosi alla donna. Poi le aprì
delicatamente la bocca e le tastò l’arcata superiore dei denti. “ E’ mobile. La
mascella si muove,” disse.
Avvicinò
la bocca all’orecchio della donna. “ Mi sente ?”
“ Sì,”
bisbigliò lei.
“ E’
stata picchiata ?”
“ Sì.”
“ E’
stata violentata ?”
La
donna non rispose.
“ Chi
l’ha picchiata ?”
Silenzio.
“ Con
cosa è stata picchiata ?”
“
Pugni,” rispose debolmente lei.
“ Chi
è stato ?” chiese ancora il medico.
Lei
non rispose.
Il
dottor Fornara si rivolse all’infermiera. “ Chiami la polizia.”
“ No
…” disse la donna, “ no…” ripetè ancora.
“
Dobbiamo avvisare le autorità. Bisogna trovare il responsabile.”
“ No,”
disse ancora lei, “ … macchina. La mia ….
macchina.”
“ Vada
a vedere fuori,” ordinò Fornara all’infermiera.
Poi la
sottopose ad un esame vaginale, riscontrando escoriazioni. Raccolse su un
vetrino alcune tracce di sperma.
L’infermiera
rientrò nella sala: “ Qui fuori c’era una Punto con il motore acceso. L’ho
parcheggiata. Ho preso le chiavi e segnato il numero di targa. All’interno
c’era un libretto di circolazione. È una macchina a noleggio.”
Il
dottor Iacono si avvicinò alla lettiga con un apparecchio a raggi X. Inserì la
spina, poi il dottor Fornara esaminò il torace. “ I polmoni sono a posto, ma ci
sono quattro coste rotte.” Poi passò ad esaminare il cranio. “ Non mi piace,”
mormorò, “ chiamate un chirurgo
plastico. Infermiera, chi c’è in reparto stanotte ?”
“ La
dottoressa Marchesan.”
“ No,”
disse la donna stesa sulla lettiga.
“ La
Marchesan è molto brava,” le rispose il medico.
“
Carlo Marri,” sussurrò lei.
“ Sì.
So chi è. Anche lui è un ottimo chirurgo plastico. Lei lo conosce ?”
“ Sì.”
“ Non
posso riferirgli il suo nome ?”
La
donna non rispose.
I due
medici si guardarono per un attimo, poi il dottor Fornara andò alla scrivania,
consultò una rubrica telefonica e compose un numero.
“
Pronto ?” rispose una voce assonnata dopo una decina di squilli.
“
Dottor Marri ? Sono il dottor Fornara dell’Ospedale di Domodossola. La sto
chiamando dal Pronto Soccorso. C’è qui una donna che dovrebbe vedere.”
“ Ma
.. io non presto servizio in ospedale. Perché mi state chiamando ?”
“ La
donna ha chiesto di lei. Dice di conoscerla.”
“ Chi
è ? Come si chiama ?”
“ Non
vuole dirlo.”
“
Quali sono le sue condizioni ?”
“ E’
stata picchiata a sangue e violentata; ha gli occhi chiusi e molto gonfi;
tumefazioni e lacerazioni su palpebre e guance; il naso è schiacciato. Le
abbiamo fatto un esame radiografico dal quale risulta che i seni mascellari
sono pieni di sangue. La mascella è mobile. Penso che si tratti di una triplice
frattura di Le Fort.”
“ Con
cosa è stata picchiata ?”
“ Con
i pugni.”
“
Allora non può essere una triplice di Le Fort.”
“ E’
meglio se viene a vedere.”
“ Sarò
lì tra mezz’ora.”
Carlo
Marri abitava a Premosello. Ventidue minuti dopo la telefonata stava
parcheggiando davanti al Pronto Soccorso di Domodossola. Mentre guidava, si era
sforzato di capire chi potesse essere la paziente. Il suo studio era nel centro storico di
Stresa, nella zona più rinomata del lago Maggiore. Tutte le sue pazienti erano
donne molto benestanti e di una certa età che si rivolgevano a lui per
interventi di chirurgia estetica alla ricerca del fascino e della giovinezza.
Nessuna delle sue pazienti aveva l’abitudine di rivolgersi ad un pronto
soccorso. Ogni tanto veniva consultato da cliniche private o centri
specializzati esteri. Chi poteva essere la donna che aveva chiesto di lui ?
Scese
dalla macchina ed entrò. Il dottor Fornara lo stava aspettando nell’atrio. Si
strinsero la mano.
“ Chi
è la donna ?” chiese ancora.
“ Non
vuole dire come si chiama.”
“ E’
stata sedata ?”
“ No,
aspettavamo che lei arrivasse.”
Carlo
Marri entrò in sala visite e guardò la donna stesa sulla lettiga. Per un
attimo, rimase pietrificato. Non la riconobbe, ma era sicuro che neanche sua
madre avrebbe potuto farlo. In venticinque anni di carriera non aveva mai visto
niente di simile. Si avvicinò a quel volto massacrato e sussurrò: “ Sono il dottor Marri. Non abbia
paura, mi prenderò cura di lei.”
“
Grazie, Carlo,” mormorò la donna.
Carlo
Marri era un professionista abbastanza formale, e solo poche pazienti che
facevano parte del suo gruppo di amici gli davano del tu usando il suo nome di
battesimo. Con una sensazione di gelo nella schiena, all’improvviso ebbe paura
di conoscere l’identità di quella donna. Le sollevò la mano destra per sentirle
il polso. Lei gemette.
“ Mi
dispiace, so che ha delle coste rotte. Ora sistemeremo tutto.” Le osservò la
mano sinistra. Non portava la fede nuziale, ma alla base del dito ne era
rimasta traccia, quindi probabilmente l’aveva tolta da poco. Le sollevò piano
le palpebre gonfie. Gli occhi erano verdi, le pupille contratte.
“
L’esame neurologico ?” chiese al dottor Fornara.
“
Nella norma. Pensa che sia il caso di chiamare un neurologo ?”
“
Direi di no. Almeno per il momento.”
Infilò
un paio di guanti chirurgici e aprì la bocca della donna, poi strinse l’arcata
dentaria superiore tra due dita e la mosse delicatamente. Tutta la faccia della
donna si spostò. La struttura facciale era stata separata dal cranio. Il medico
cercò di mantenere il sangue freddo e si sforzò di parlare in tono calmo. “ Sì,
è una triplice frattura di Le Fort. La devo suturare immediatamente.”
Iniettò
della xilocaina nelle guance e nelle palpebre della donna, poi con molta
attenzione si dedicò alle lacerazioni. Quando ebbe finito, cercò di essere
rassicurante. “ Per adesso abbiamo finito. E sono sicuro che tornerà
bellissima.”
La
donna cercò di sorridere. “ Avrò anche perso la memoria, ma la leggenda sul
potere magico delle tue mani non l’ho dimenticata.”
Carlo
Marri rimase a bocca aperta. Ma non trovò nulla da dire. Ora sapeva chi era
quella donna.
Guardò
l’infermiera. “ Per favore, due milligrammi di morfina endovena,” ordinò.
“
Aspetta,” disse la donna.
Lui si
chinò. “ Dimmi.”
“
Voglio vedere Marco Costa. Solo lui. Non voglio vedere nessun’altro. Ti prego,
non dire a nessuno chi sono.”
“
Marco Costa ? Sei sicura ? Posso chiamare qualcuno di fuori, qualcuno che non
conosca tuo marito …”
“
Costa,” insistè lei, “ solo lui.”
“ Va
bene. Non ti preoccupare. Farò tutto quello che posso per aiutarti.” Fece segno
all’infermiera di avvicinarsi con la flebo.
“
Adesso dormi,” le mormorò, “ tornerò domattina.”
Carlo
Marri si rivolse agli altri due medici. “ Mettetele del ghiaccio sul viso
e sul seno. Le coste vanno fissate al prima possibile e va trasferita in
rianimazione. Non bisogna somministrarle niente per via orale. Al prima
possibile è necessario farle una TAC. Domani mattina verrò a visitarla e
fisserò la data dell’operazione.”
“ Il
nome della signora ?” chiese il dottor Fornara.
“ Per
adesso, registratela a mio nome. Qualsiasi eventuale spesa è a mio carico.
Domani mattina sistemeremo anche questo problema. Posso contare su di lei ?”
“ Farò
il possibile. Ma domani mattina dovrò avvisare la polizia, non posso rimandare
oltre. ”
“ Sì,
va bene. Grazie.”
Intanto
l’infermiera aveva applicato le borse del ghiaccio e stava spingendo la lettiga
fuori dalla sala.
“
Rivediamo le radiografie,” disse Fornara a Iacono.
Iacono
riaccese il diafanoscopio. “ Certo che è stata fortunata. E’ un miracolo che
non ci siano fratture del cranio,” osservò Iacono.
“ Già.
E io non avevo mai visto una triplice di Le Fort causata da pugni,” aggiunse
Fornara.
“
Neanch’io. E non ho mai visto una donna picchiata con questa ferocia.”
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