giovedì 7 febbraio 2013

Capitolo 25


Il dottor Iacono si risvegliò all’improvviso. Qualcuno aveva spalancato la porta lasciando entrare una folata d’aria fredda in quella notte di fine ottobre, scuotendolo dal suo sonnellino. Rialzò la testa dalla scrivania, cercando di liberarsi dello stetoscopio avvolto intorno al collo. Quando vide la persona che aveva aperto la porta si irrigidì.
Una donna era ferma sulla soglia, e indossava solo dei jeans e una camicia lacerata. La mano destra era sollevata e stringeva il gomito contro le coste. Sembrava che il seno destro fosse più grande del sinistro, che era nudo. I capelli biondi erano scompigliati, ma il viso era addirittura devastato e irriconoscibile. Non sembrava neanche un essere umano. Gli occhi erano gonfi e quasi chiusi, il naso schiacciato, le guance e la fronte ricoperte di sangue. Fece due passi all’interno e poi rimase immobile, senza dire una parola.
Il medico si alzò di scatto e velocemente andò verso la donna, afferrando con una mano una lettiga.        “ Stia tranquilla, va tutto bene,” le disse prendendole delicatamente il gomito sinistro e avvicinandola alla lettiga. Mentre guidava la donna urlò: “ Infermiera !”. Una donna robusta con un libro in mano si affacciò alla porta, lasciò cadere il libro e corse verso la lettiga.
“ La sala uno,” disse il medico spingendo la lettiga nel corridoio. Appena arrivati in sala visite, prese il polso della donna. “ Il polso è debole. Misuriamo la pressione. E chiamate traumatologia, immediatamente.”
“ Pressione centodieci, la minima sessanta,” disse l’infermiera, “ da traumatologia sta arrivando il dottor Fornara.” 
“ Le dobbiamo togliere i vestiti,” disse alla donna,  “ è in grado di muoversi ?”
“ No,” bisbigliò la donna senza muovere le labbra tumefatte.
“ Forbici,” ordinò il medico all’infermiera,              “ tagliamo.”
Mentre l’infermiera cominciava a lavorare con le forbici, un altro medico entrò nella sala. Guardò la donna sulla lettiga e rimase un attimo impietrito. Poi si avvicinò velocemente al collega. “ Cosa abbiamo ?” chiese.
“ Ematoma esteso al seno destro, che è gonfio quasi il doppio del sinistro. Tumefazioni ed escoriazioni multiple all’addome. Dolore al torace.”
“ I polmoni ?”
“ Mi sembrano illesi. Riesce ad alzare il braccio destro ?”
“ No….,” bisbigliò lei, “….  male.”
Il dottor Fornara guardò il collega e l’infermiera.     “ Facciamo immediatamente una radiografia del torace,” ordinò, “ del cranio e delle ossa facciali. Emocromo completo, gruppo sanguigno e test di agglutinazione crociata. Prelevate sei unità di sangue. Infermiera, le inserisca una flebo con mille cc di fisiologica normale.”
La donna continuava a restare immobile, sdraiata sulla lettiga.
Il dottor Iacono si chinò verso di lei. “ Signora, va tutto bene. Ci occuperemo di lei. Ho bisogno di alcuni dati. Può dirmi come si chiama ?”
La donna non rispose.
“ Signora, qual’ è il suo nome ?”
Ancora nessuna risposta.
“ E’ cosciente ?” chiese Fornara a Iacono avvicinandosi alla donna. Poi le aprì delicatamente la bocca e le tastò l’arcata superiore dei denti. “ E’ mobile. La mascella si muove,” disse.
Avvicinò la bocca all’orecchio della donna. “ Mi sente ?”
“ Sì,” bisbigliò lei.
“ E’ stata picchiata ?”
“ Sì.”
“ E’ stata violentata ?”
La donna non rispose.
“ Chi l’ha picchiata ?”
Silenzio.
“ Con cosa è stata picchiata ?”
“ Pugni,” rispose debolmente lei.
“ Chi è stato ?” chiese ancora il medico.
Lei non rispose.
Il dottor Fornara si rivolse all’infermiera. “ Chiami la polizia.”
“ No …” disse la donna, “ no…” ripetè ancora.
“ Dobbiamo avvisare le autorità. Bisogna trovare il responsabile.”
“ No,” disse ancora lei, “ … macchina. La mia ….  macchina.”
“ Vada a vedere fuori,” ordinò Fornara all’infermiera.
Poi la sottopose ad un esame vaginale, riscontrando escoriazioni. Raccolse su un vetrino alcune tracce di sperma.
L’infermiera rientrò nella sala: “ Qui fuori c’era una Punto con il motore acceso. L’ho parcheggiata. Ho preso le chiavi e segnato il numero di targa. All’interno c’era un libretto di circolazione. È una macchina a noleggio.”
Il dottor Iacono si avvicinò alla lettiga con un apparecchio a raggi X. Inserì la spina, poi il dottor Fornara esaminò il torace. “ I polmoni sono a posto, ma ci sono quattro coste rotte.” Poi passò ad esaminare il cranio. “ Non mi piace,” mormorò,      “ chiamate un chirurgo plastico. Infermiera, chi c’è in reparto stanotte ?”
“ La dottoressa Marchesan.”
“ No,” disse la donna stesa sulla lettiga.
“ La Marchesan è molto brava,” le rispose il medico.
“ Carlo Marri,” sussurrò lei.
“ Sì. So chi è. Anche lui è un ottimo chirurgo plastico. Lei lo conosce ?”
“ Sì.”
“ Non posso riferirgli il suo nome ?”
La donna non rispose.
I due medici si guardarono per un attimo, poi il dottor Fornara andò alla scrivania, consultò una rubrica telefonica e compose un numero.
“ Pronto ?” rispose una voce assonnata dopo una decina di squilli.
“ Dottor Marri ? Sono il dottor Fornara dell’Ospedale di Domodossola. La sto chiamando dal Pronto Soccorso. C’è qui una donna che dovrebbe vedere.”
“ Ma .. io non presto servizio in ospedale. Perché mi state chiamando ?”
“ La donna ha chiesto di lei. Dice di conoscerla.”
“ Chi è ? Come si chiama ?”
“ Non vuole dirlo.”
“ Quali sono le sue condizioni ?”
“ E’ stata picchiata a sangue e violentata; ha gli occhi chiusi e molto gonfi; tumefazioni e lacerazioni su palpebre e guance; il naso è schiacciato. Le abbiamo fatto un esame radiografico dal quale risulta che i seni mascellari sono pieni di sangue. La mascella è mobile. Penso che si tratti di una triplice frattura di Le Fort.”
“ Con cosa è stata picchiata ?”
“ Con i pugni.”
“ Allora non può essere una triplice di Le Fort.”
“ E’ meglio se viene a vedere.”
“ Sarò lì tra mezz’ora.”

Carlo Marri abitava a Premosello. Ventidue minuti dopo la telefonata stava parcheggiando davanti al Pronto Soccorso di Domodossola. Mentre guidava, si era sforzato di capire chi potesse essere la paziente.  Il suo studio era nel centro storico di Stresa, nella zona più rinomata del lago Maggiore. Tutte le sue pazienti erano donne molto benestanti e di una certa età che si rivolgevano a lui per interventi di chirurgia estetica alla ricerca del fascino e della giovinezza. Nessuna delle sue pazienti aveva l’abitudine di rivolgersi ad un pronto soccorso. Ogni tanto veniva consultato da cliniche private o centri specializzati esteri. Chi poteva essere la donna che aveva chiesto di lui ?
Scese dalla macchina ed entrò. Il dottor Fornara lo stava aspettando nell’atrio. Si strinsero la mano.
“ Chi è la donna ?” chiese ancora.
“ Non vuole dire come si chiama.”
“ E’ stata sedata ?”
“ No, aspettavamo che lei arrivasse.”
Carlo Marri entrò in sala visite e guardò la donna stesa sulla lettiga. Per un attimo, rimase pietrificato. Non la riconobbe, ma era sicuro che neanche sua madre avrebbe potuto farlo. In venticinque anni di carriera non aveva mai visto niente di simile. Si avvicinò a quel volto massacrato e  sussurrò:           “ Sono il dottor Marri. Non abbia paura, mi prenderò cura di lei.”
“ Grazie, Carlo,” mormorò la donna.
Carlo Marri era un professionista abbastanza formale, e solo poche pazienti che facevano parte del suo gruppo di amici gli davano del tu usando il suo nome di battesimo. Con una sensazione di gelo nella schiena, all’improvviso ebbe paura di conoscere l’identità di quella donna. Le sollevò la mano destra per sentirle il polso. Lei gemette.
“ Mi dispiace, so che ha delle coste rotte. Ora sistemeremo tutto.” Le osservò la mano sinistra. Non portava la fede nuziale, ma alla base del dito ne era rimasta traccia, quindi probabilmente l’aveva tolta da poco. Le sollevò piano le palpebre gonfie. Gli occhi erano verdi, le pupille contratte.
“ L’esame neurologico ?” chiese al dottor Fornara.
“ Nella norma. Pensa che sia il caso di chiamare un neurologo ?”
“ Direi di no. Almeno per il momento.”
Infilò un paio di guanti chirurgici e aprì la bocca della donna, poi strinse l’arcata dentaria superiore tra due dita e la mosse delicatamente. Tutta la faccia della donna si spostò. La struttura facciale era stata separata dal cranio. Il medico cercò di mantenere il sangue freddo e si sforzò di parlare in tono calmo. “ Sì, è una triplice frattura di Le Fort. La devo suturare immediatamente.”
Iniettò della xilocaina nelle guance e nelle palpebre della donna, poi con molta attenzione si dedicò alle lacerazioni. Quando ebbe finito, cercò di essere rassicurante. “ Per adesso abbiamo finito. E sono sicuro che tornerà bellissima.”
La donna cercò di sorridere. “ Avrò anche perso la memoria, ma la leggenda sul potere magico delle tue mani non l’ho dimenticata.”
Carlo Marri rimase a bocca aperta. Ma non trovò nulla da dire. Ora sapeva chi era quella donna.
Guardò l’infermiera. “ Per favore, due milligrammi di morfina endovena,” ordinò.
“ Aspetta,” disse la donna.
Lui si chinò. “ Dimmi.”
“ Voglio vedere Marco Costa. Solo lui. Non voglio vedere nessun’altro. Ti prego, non dire a nessuno chi sono.”
“ Marco Costa ? Sei sicura ? Posso chiamare qualcuno di fuori, qualcuno che non conosca tuo marito …”
“ Costa,” insistè lei, “ solo lui.”
“ Va bene. Non ti preoccupare. Farò tutto quello che posso per aiutarti.” Fece segno all’infermiera di avvicinarsi con la flebo.
“ Adesso dormi,” le mormorò, “ tornerò domattina.”
Carlo Marri si rivolse agli altri due medici.              “ Mettetele del ghiaccio sul viso e sul seno. Le coste vanno fissate al prima possibile e va trasferita in rianimazione. Non bisogna somministrarle niente per via orale. Al prima possibile è necessario farle una TAC. Domani mattina verrò a visitarla e fisserò la data dell’operazione.”
“ Il nome della signora ?” chiese il dottor Fornara.
“ Per adesso, registratela a mio nome. Qualsiasi eventuale spesa è a mio carico. Domani mattina sistemeremo anche questo problema. Posso contare su di lei ?”
“ Farò il possibile. Ma domani mattina dovrò avvisare la polizia, non posso rimandare oltre. ”
“ Sì, va bene. Grazie.”
Intanto l’infermiera aveva applicato le borse del ghiaccio e stava spingendo la lettiga fuori dalla sala.
“ Rivediamo le radiografie,” disse Fornara a Iacono.
Iacono riaccese il diafanoscopio. “ Certo che è stata fortunata. E’ un miracolo che non ci siano fratture del cranio,” osservò Iacono.
“ Già. E io non avevo mai visto una triplice di Le Fort causata da pugni,” aggiunse Fornara.
“ Neanch’io. E non ho mai visto una donna picchiata con questa ferocia.”

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